Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Prefazione naccia incombente della clericalizzazione dello stato, che si sarebbe risolta anche a danno delle classi lavoratrici, a Salvemini non sarebbe mai venuto in mente di posporre la "revisione del concordato II alla "piu piccola delle riforme agrarie." Pochi mesi prima della morte lasciò scritto: "È di moda oggi fra i praticanti anche di sinistra affermare che il nostro paese non sente il problema delle relazioni fra Stato e Chiesa. La, verità è che questo problema non lo sentono o fanno finta di non sentirlo i politicanti suddetti, ma tra le nuove leve che sono venute avanti in questi ultimi dieci anni il problema è sentito assai· profondamente," perché nella gioventu è univer– sale il bisogno di "mettere fine agli equivoci e agli opportunùmi. 1116 Tornato in Italia nell'autunno 1949, si sent[ in "piena controriforma. 1177 Se il partito popolare era stato un "equivoco," la sua reincarnazi·one, che ora governava il paese, era ancora piu equivoca, perché sotto l'etichetta "democratica cristi·ana 11 mascherava una politica fondamentalmente con– servatrice, che tradiva le aspirazioni del "popolo minuto" da essa orga– nizzato.78 E dietro i·l partito premevano, sempre piu invadenti, i clericali fanatici alla guida della Chi·esa e dell'Azione cattoHca, i quali miravano "a trasformare il peccato in reato, dando al di"ritto canonico il valore di diritto civile. " 79 "Il sùtema di idee dei clericali si può ridurre alle proposizioni seguenti: 1) chi non è cleri·cale non è cattolico; 2) chi non è cattolico non è ~ristiano; 3) chi non è cristiano è un immorale. 11 Quindi ammettono soltanto "la libertà di fare il bene, 11 quello che essi stessi stabiliscono essere il "bene. 11 E pretendono dalle autorità civili "la libertà dall'errore," ne– gando "la libertà dell'errore a chi non la pensa com~ Pio XII" nelle ma– teri·e che quest'ultimo "rivendi.ca al suo magistero. 11 Per certi cardinali, "lo stato italiano è lai·co solo nel senso che è governato da uomini che por– tano i pantaloni e non le sottane,· ma i lai·ci debbono obbedire ai cenni di quelli che portano le sottane. 11 Nel giugno 1952, dopo la cosiddetta "operazione Sturzo, 1180 patroci– nata dal Vaticano e dall'Azione cattolica, che fece temere una sconfessione della stessa Democrazia cristiana da parte del papa, Salvemini riprese am- 76 Cfr. p. 496 di questo volume. 77 Prefazione a Il programma scolastico dei clericali (1951), in Scritti sulla scuola, cit., p. 881. 78 Cfr. n. 1 a p. 211 di questo volume. 79 Ibidem, p. 445. Le citazioni successive sono tratte dalle pp. 487, 443, 480. 80 A proposito della quale Salvemini scriveva a Ernesto Rossi, da Firenze, il 6 maggio 1952: "L'affare don Sturzo è di una gravità eccezionale. E dobbiamo picchiargli ben bene sulla testa. Per quanto io so, la obbedienza canonica può obbligare un prete a non fare quel che farebbe se fosse laico, non a fare, quel che ripugna alla sua coscienza: per esempio a violare sessualmente una figlia del papa. Don Sturzo non si è rifiutato di obbedire a un ordine che ritenesse oltrepassare i limiti della obbedienza canonica: dunque è pienamente responsabile per aver obbedito. Qui è la gravità dell'affare.,, Verso il fondatore del partito popolare Salvemini aveva sempre mantenuto, al di sopra di ogni divisione ideologica, una profonda stima, testimo– niata fra l'altro dal Saluto a don Sturzo (1951) ripubblicato in questo volume. Ma non gli perdonò piu quell"' affare.,, Il 22 marzo 1957, ricordando il suo vecchio libro su Stato e Chiesa, scriveva ancora a Rossi, da Sorrento: "Il capitolo sulle dimissioni di don Sturzo ricordo che era interessantissimo, e a pubblicarlo oggi don Sturzo non sarebbe affatto contento, motivo per cui è proprio il momento di dargli questo dispiacere." (Entrambe le lettere sono in Ar– chivio Salvemini). X.XXV BibliotecaGino Bianco

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