Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Come Leone Xlii avrebbe risoluto la questione romana ( Una restaurazione della sovranità territoriale del papa su Roma era divenu– ta impossibile; e se anche fosse stata possibile, avrebbe arrecato al ponte– fice infinite molestie. Con quali mezzi avrebbe potuto il papa governare la popolazione laica di un territorio piu o meno esteso? Come capo infal– libile della Chiesa cattolica, egli non poteva accettare nessun limite alla ·. sua autorità; mentre, come sovrano politico di una popolazione laica, avrebbe dovuto riconoscere ai sudditi quei diritti politici a cui, nella socie– tà moderna, nessun individuo potrebbe mai rinunciare se non costrettovi dalla forza. E se gli fosse accaduto di usare la forza per costringere i suddi– ti all'obbedienza, quale sarebbe stata la situazione morale del papa nel mon– do? La legge delle guarentigie non poteva essere accettata dal papa, né per il contenuto né per la forma; ma poteva essere riveduta e corretta, non appena il Vaticano avesse abbandonato la sua tattica di cieca intransigenza.} La questione romanà metteva i cattolici al bando dalla vita naziona– le italiana, sia che essi stessi si rifiutassero di parteciparvi obbedendo al non expedit, sia che i partiti nazionali li tenessero in quarantena come ne– mici dell'unità politica. Gli stessi nazionali conservatori, con tutto il loro desiderio ~i non inacerbire la piaga, non sempre riuscivano a dominare la loro irritazione. Quando uno di essi, che passava come uno dei piu prudenti e conciliativi, Ruggero Bonghi, si lasciava sfuggire che il Vaticano era il "can– cro dell'Italia," era ben difficile aspettarsi da essi una risoluta difesa della Chiesa cattolica contro gli assalti e le rappresaglie dei partiti anticlericali. ( Questa lacerazione fra la fede religiosa e il sentimento nazionale era dannosa alla Chiesa non meno che allo Stato. La questione romana spin– geva verso l'anticlericalismo molti italiani, che sarebbero invece stati larghi di rispetto alla Santa Sede e al clero. Il Vaticano obbligava i cattolici ita– liani a ritirarsi dal mondo~ ma chi si ritira dal mondo, abitua il mondo a fare a meno di lui, e una volta presa l'abitudine, diventa difficile farla abban– donare. Il Vaticano sacrificava gli interessi reali della Chiesa al miraggio di una restaurazione territoriale impossibile.} Leone XIII non si lasciò mai convincere da queste argomentazioni. Per comprenderne la vanità bastava, secondo lui, ritornare ai prindpi della dottrina cattolica, quali lui stesso li aveva definiti ancora una volta nelle encicliche Immortale Dei, 1 novembre 1885, e Libertas, 20 giugno 1888. La libertà non è la licenza. Un governo bene ordinato deve ammettere la li– bertà della verità e del bene, non quella dell'errore e del male. La libertà del pensiero e della stampa, nella sua sconfinata ampiezza L.. ], è fonte e principio di molti mali. 17 È superfluo dire che questa libertà, se non sia debitamente temperata, e trapassi i limiti e la misura, non può essere un diritto L..l Le cose vere ed oneste hanno diritto, salve le regole della prudenza, di essere liberamente propagate e divenire il piu ch'è possibile comune retaggio: ma gli errori, peste della mente, i vizi, contagio dei cuori e dei costumi, è giusto che dalla pubblica autorità sieno diligentemente repressi, 11 Enciclica Immortale Dei: Le encicliche sociali dei papi, cit., p. 79. [N.d.C.] 311 bi oteca Gino Bianco

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