Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Appendice seconda Come Leon~ XIII avrebbe risoluto la questione romana I governanti italiani non erano disposti a restituire a Leone XIII né la provincia né la città di Roma, e nemmeno la piccola enclave in Roma, di cui si sarebbe contentato il vescovo Bonomelli. "A Roma ci siamo e ci resteremo, 11 fu il motto che i giornali governativi attribuirono nel gennaio 1871 al primo re dell'Italia politicamente unificata, Vittorio Emanuele. E il secondo re, Umberto, associandosi il 20 settembre 1886 alla cerimonia, con cui si celebrava ogni anno l'occupazione di Roma, affermò che la capitale d'Italia era "conquista intangibile." Le due formule entrarono subito nel linguaggio politico corrente. Esse esprimevano un pensiero, che era comune a tutti i partiti nazionali italiani, fossero conservatori, fossero democratici. I nazionali conservatori sarebbero stati ben lieti di arrivare ad un mo– dus vivendi col Vaticano. Se la Chiesa e lo Stato non fossero stati divi– si in Italia dalla questione romana, i voti dei cattolici avrebbero fatto bloc– co nelle elezioni politiche con quelli dei nazionali conservatori contro il mo– vimento democratico e socialista. 1 Negli altri paesi, per esempio in Francia, in Belgio e in Austria, i cat– tolici si battevano in prima linea contro la democrazia e il socialismo. In Italia il non expedit li teneva estranei alla lotta. Della divisione fra cat– tolici e nazionali conservatori si prevalevano le forze di sinistra per eserci– tare nel Parlamento e sul governo un'influenza che era sproporzionata alla loro forza reale. Ma Leone XIII, pretendendo la restituzione di Roma, met– teva alla formazione di una coalizione cattolico-conservatrice un prezzo as– solutamente inaccettabile. Meglio valeva subire gli inconvenienti della de– mocrazia, in attesa che il Vaticano, perduta ogni speranza di restaurazioni 1 RUGGERO BoNGHI, uno dei piu autorevoli personaggi del partito nazionale conservatore, scriveva nella "Nuova antologia," 1° giugno 1887 [nell'articolo La conciliazione, cit.]: "Non credo, che oggi nessuna persona di senno ritenga le influenze proprie di una religione piuttosto dannose che benefiche; anzi dubito che molti, persino di quelli che le hanno in disprezzo o mostrano, le vorrebbero, sulle classi soprattutto meno agiate, piu forti che oggi non sono [ ... ]. La loro mancanza o il loro affievolimento è fomite di uno spirito di ribellione, che già le rende irrequiete, e le renderà forse violente piu tardi [ ... ]. La religione, se non altro, tempera il rin– crescimento della disuguaglianza, perché a suo modo la spiega; e la cristiana, certo, ne tempera anche il dolore, perché afferma che principale dovere di quelli che la professano, sia attendere a lenire, abbreviare e persino sopprimere colla carità la distanza che il diritto e il fato della nascita pone tra gli uomini." 306 BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=