Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Stato e Chiesa in Italia da Pio IX a Pio Xl simili condizioni. Piuttosto che partecipare al voto, avrebbero dovuto dimet– tersi; ma la maggior parte avevano p~rduto ogni rispetto di se stessi, per quanto poco ne avessero mai avuto; i pochi uomini che non mancavano di una colonna vertebrale, dovevano combattere nello stesso tempo contro le minacce dei nemici e contro la vigliaccheria degli amici. I deputati socia– listi e comunisti vedevano avvicinarsi con terrore il giorno della votazione; essi non potevano né votare a favore, né astenersi; erano condannati a votare contro. Se anche i deputati del partito popolare avessero votato contro, quale massacro avrebbero fatto i fascisti sia degli uni che degli altri? I socialisti e i comunisti scongiuravano i deputati del partito popolare di astenersi. Non vi era altra via per salvare la pelle.) ( Dei 105 deputati che erano rimasti iscritti al partito popolare dopo la crisi dell'aprile precedente, 25 si nascosero. Gli altri, in numero di 80, nell'ultima riunione di gruppo precedente lo scrutinio, si divisero in tre fazioni: 9 avrebbero voluto votare per il governo; 39 sostenevano che biso– gnava votare contro; 32 proponevano l'astensione. I nove partigiani del fa– scismo, vedendosi impotenti a far prevalere la loro proposta, si associarono ai 32 astensionisti per far prevalere l'astensione (per 41 voti contro 39). Ma al momento del voto alla Camera, violando la parola data ai colleghi, votarono in favore del governo; uno dei 39 intransigenti si ribellò contro la maggioranza e votò contro. Dei 182 deputati che si dicevano antifascisti, 33 non osarono partecipare al voto; 7 dichiararono di astenersi. Il progetto di legge passò con 236 voti favorevoli, 139 contrari e 77 astensioni. 22 ) ( "Per questa volta l'abbiamo scampata bella," dicevano nei corridoi della Camera i deputati socialisti e comunisti alla fine dello scrutinio. D'al– tra parte, tutta la loro politica non consisteva che a "scamparla bella.") ( Ma Pio XI e il cardinal Gasparri non erano contenti: benché essi avessero costretto don Sturzo a dimettersi per evitare nuove vessazioni contro le organizzazioni cattoliche, vi erano state nuove persecuzioni, proprio nei giorni seguenti le dimissioni del segretario del partito popolare. Si erano lasciati abbindolare. Mussolini fu informato che al Vaticano vi era aria di tempesta e corse ai ripari. Il 16 luglio inviò a Firenze un telegramma che fu riportato da tutta la stampa: ) Non possono essere fascisti ma equivoci elementi vecchio anticlericalismo, quelli che hanno devastato le sedi cattoliche. Ho ordinato la loro identificazione, nonché l'arresto immediato. 23 ( Lo stesso giorno veniva indirizzato a1 prefetti di Firenze e di Pisa il seguente telegramma cifrato: ) 22 <'."L'agente del governo fascista in Inghilterra L. VILLARI,nel suo libro The Awakening of Italy, cit., p. 247, stende un velo discreto sui metodi con i quali la riforma elettorale fu imposta alla Camera. Alludendo ai deputati del partito popolare, egli scrive: "Il partito non era piu cosi compatto come una volta, e il governo continuava a godere del sostegno del Vaticano, il che costituiva evidentemente un appoggio del massimo valore. 11 '). 23 "Il popolo d'Italia," 17 luglio 192.3. 296 BibliotecaGino Bianco

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