Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Stato e Chiesa in Italia da Pio IX a Pio Xl che il governo fascista aveva già concesse, e quelle, anche maggiori, che faceva sperare al sentimento religioso dei cattolici; ma obiettavano che un governo non deve essere giudicato dalle sole manifestazioni di buona volontà religiosa. Anche i briganti - quando c'erano dei briganti nei boschi d'Italia - andavano tappezzati di medaglie, immagini e scapolari, eppure erano briganti! Come potevano i deputati, che si ispiravano ai prindpi cristiani, allearsi in Roma con un partito, i cui seguaci manomettevano nelle proyin– ce tutte le leggi umane e divine? Collaborare col governo di Mussolini era portare lo scompiglio morale nell'interno del partito popolare, mentre i fascisti lo martellavano con la violenza materiale dal di fuori. Se nella Camera i deputati si fossero assunta la responsabilità di quanto il nuovo governo lasciava impunemente avvenire nelle province, la gioventu e il "po- polo minuto," che formavano il nerbo del partito, sarebbero passati in massa • sotto le bandiere socialiste. Potevano i cattolici desiderare un tale resultato? I deputati profascisti volevano vedere solamente le soddisfazioni con– cesse al sentimento religioso (di quelle concesse al Banco di Roma non par– lavano). Che cosa, invece, aveva ottenuto il partito popolare in quattro an– ni di tattica democratica e di evoluzioni parlamentari? Nulla o quasi nulla. Rifiutandosi di collaborare col partito fascista, il partito popolare avrebbe tra– dito la religione. Piuttosto che consentire a tanto misfatto, i deputati profa– scisti, invasi da mistico zelo, minacciavano di uscire dal partito e di provo– carvi una scissione mortale. Né gli antifascisti né i profascisti formavano la maggioranza del grup– po parlamentare: la maggioranza era di persone paurose e senza idee chiare, che avrebbero voluto disdire l'alleanza parlamentare col governo fascista per dar soddisfazione alla massa dei loro elettori, ma non osavano assumersi la responsabilità di un simile atto. Alle spalle dei deputati c'era la massa del partito. Prima che avesse luogo la "marcia su Roma," la direzione centrale aveva indetto il congresso nazionale del partito. Dopo la "marcia su Roma," i conservatori si dettero a domandare che il congresso non si tenesse piu; i democratici, invece, insistevano che non fosse rimandato. Dal novembre al gennaio, in tutte le se– zioni del partito, i conservatori e i democratici lottarono vivamente intorno a questo problema. Gli agenti del Vaticano secondavano gli elementi con– servatori. Ma i democratici prevalsero dovunque. Il congresso fu convocato a Torino per i giorni 12-14 aprile 1923. Due settimane prima della data di convocazione del congresso, i democratici cristiani fecero comparire in Roma il quotidiano Il popolo: era il primo giornale del partito non sog– getto alla influenza finanziaria del Banco di Roma, mentre tutti gli altri giornali "aderenti" al partito erano in effetti già legati all'ufficio stampa del governo. Proprio il giorno in cui il congresso si aprf, il marchese Cornaggia pubblicò un manifesto firmato da lui e da altri 55 personaggi, fra i quali 1 principe, 2 marchesi, 3 baroni, 20 conti: con tutti gli animali dei loro blasoni c'era da mettere insieme un bestiario completo. In questo manifesto 284 BibliotecaGino Bianco

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