Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Stato e Chiesa in Italia da Pio IX a Pio Xl chismo nelle scuole elementari; ma il ministro dell'Istruzione era in quel momento il senatore Gentile, un filosofo hegeliano. Il suo cervello è un filtro alla rovescia: le idee entrano chiare ed escono oscure; se voi gli fate una domanda e lui vi risponde, il resultato della risposta è che voi non capite piu neanche la vostra domanda. Perciò voi non siete mai sicuro di afferrare e di riprodurre con esattezza il suo pensiero. In fatto di religio– ne, sembra che egli pensi che la religione, o mitologia, è una fase neces-, saria, la prima in ordine di tempo, nello sviluppo psicologico dell'uomo; il bambino vive in un mondo mitico, è incapace di ragionare astrattamen– te, e chi vuole educarlo deve adattarsi alle sue esigenze mentali; ma via via che cresce negli anni, la sua ragione si sviluppa, e per conseguenza il mito non gli basta piu: allora bisogna dirgli la verità. Perciò le scuole elementa– ri, che sono destinate ai bambini, debbono avere come fondamento di tutta l'istruzione ed educazione una mitologia, la quale in un ·paese di tradizio– ni cattoliche, come l'Italia, non può essere data che dalla religione cattoli– ca; nelle scuole secondarie, invece, la mitologia deve a poco a poco cedere il passo alla filosofia; nelle università la filosofia domina sovrana. Il po– polo, che non va al di là delle scuole elementari, resta sempre bambino: la mitologia deve bastargli; alla filosofia arrivano solamente le classi supe– riori. È una nuova esoterica formulazione della vecchia teoria di Voltaire, che la religione è fatta per gli imbecilli e per le canaglie. Pio XI e il cardi– nal Gasparri non potevano accettare senza riserve il dono dell'insegnamento religioso offerto loro su un piatto hegelismo di questo genere. Mussolini non era filosofo hegeliano. Guardava le cose da un punto di vista assai piu semplice e pratico: prometteva i suoi favori, ma doman– dava che questi fossero pagati con proporzionati servigi. Il servizio, a cui in quel momento teneva di piu, era che il Vaticano lo sbarazzasse di don Sturzo e del partito popolare. Egli era disposto a concedere al Vaticano tutto quel che poteva desiderare; dunque il partito popolare non aveva piu ragione di esistere come propugnatore di interessi religiosi. Lungi dal facili– tare gli accordi, era esso il vero ostacolo ad ogni intesa. Spettava al Vaticano di eliminarlo. Uno dei membri del Gran consiglio fascista, l'on. Farinacci, esprimeva il pensiero dell'intero partito nella seguente scultorea sentenza: Io che sono un ateo riconosco la necessità della politica perseguita dall'on. Musso– lini, perché con essa il Governo fascista ha svuotato il Partito Popolare del suo conte– nuto cattolico! Pio XI non solo non poteva accettare l'alleanza offerta in questa forma, né casta né cauta, ma non poteva neanche condannare don Sturzo e il partito popolare senza commettere un arbitrio troppo scandaloso, dato che la loro ortodossia era assolutamente impeccabile. Non gli era lecito volere la morte di don Sturzo; poteva solo fare il possibile perché don Sturzo si convertisse a Mussolini e vivesse. Ma come cambiare la testa a quel prete 1 "L'osservatore romano," 14 e 17 marzo 1923. 282 BibliotecaGino Bianco

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