Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Stato e Chiesa in Italia da Pio IX a Pio Xl Oggi i rapporti fra lo Stato e la Santa Sede sono entrati in una nuova fase, che può ben chiamarsi risolutiva, e che prelude a quell'armonica risoluzione che è auspicata da tutti i buoni cittadini e dai migliori e piu illuminati cattolici. 22 Dopo che la piena dell'entusiasmo si fu sfogata, l'Osservatore romano (14 marzo 1923), annunziò che il Vaticano aveva bensf ammesso che aves– se luogo la visita, ma "purché si trattasse di visita privata"; perciò il car– dinal vicario non aveva nessun dovere di restituirla "in forma ufficiale": "una visita di cortesia non [poteva] certo in alcun modo indicare un cam– biamento qualsiasi non pur nella posizione giuridica, ma nemmeno nell'at– teggiamento della Santa Sede." Il giornale ufficioso del Vaticano conclu– deva con un'osservazione ricca di squisito umorismo: I giornali, esagerando o interpretando a loro capriccio parole e fatti, sperano di persuadere la pubblica opinione che la questione romana non è oramai piu che uno storico ricordo, e non si accorgono che ottengono il risultato contrario, poiché, obbli– gando cosi la Santa Sede a ripetute rettifiche e smentite, riescono a tener la questione sempre piu viva nella coscienza dei fedeli. Alla "visita di cortesia," il cardinal vicario rispose due giorni dopo con una "visita di... scortesia": cioè passò dalla sede del commissario regio proprio in un'ora in cui sapeva di non trovarvelo, e senza uscire di carroz– za, mandò un suo segretario a lasciare una carta da visita all'ufficio dell'as– sente. Nessun uomo di governo in Italia, dal 1870 al 1923, aveva fatto mai una gaffe piu grossolana. Nessuno aveva mai rischiato una manifesta– zione di buona volontà senza avere la certezza che a siffatta iniziativa avrebbe corrisposto una iniziativa equivalente da parte del Vaticano: era solo dopo che la procedura delle manifestazioni era stata diligentemente esaminata e chiaramente concordata, che la "combinazione" vedeva ufficial– mente la luce. In molti casi le concessioni ai fatti compiuti il Vaticano le aveva fatte perché costrettovi da necessità superiori al suo volere: il gover– no italiano non le aveva mai né negoziate ufficiosamente né retribuite uffi– cialmente. Mussolini, invece, si buttò avanti alla cieca, facendo la sua avance senza essersi prima accertato dell'accoglienza che gli sarebbe tocca– ta. C'era H la questione romana; lui doveva sciogliere tutte le questioni; dunque, avanti alla bersagliera, all'assalto della questione romana! Un poeta burlesco italiano del secolo XVI, Francesco Berni, racconta di un ser Florimante, il quale possedeva una mula che andava al centro della terra a scavare i sassi, e poi li prendeva a calci. Mussolini, nel trattare la questione romana, imitò la mula di ser Florimante. Dal 12 marzo 1923 in poi, i diplomatici del Vaticano potevano essere certi di aver trovato, final– mente, il loro uomo. 22 "L'impero," 13 marzo 1923. 280 BibliotecaGino Bianco

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