Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Partito popolare, socialisti e fascisti non doveva essere la capitale d'Italia, cercava di aumentare le ricchezze della Santa Sede approfittando del fatto che Roma si sviluppava come capi– tale d'Italia. La crisi edilizia sopravvenuta dopo il 1887 gli divorò quasi ·-tutto il patrimonio mobiliare di san Pietro. Inoltre la politica di ralliement iniziata da lu~ in Francia, inaridf la generosità dei cattolici francesi, in grandissima maggioranza monarchici. 8 Pio X visse alla giornata, vendendo anche gli oggetti di valore che i fedeli gli offrivano, per sopperire alle spese piu necessarie. Durante la guerra i contributi dell'obolo· di san Pietro diminuirono ancora, non solo perché tutti i belligeranti europei erano impoveriti, ma anche perché in Francia nessuno era contento della politica di Benedetto XV e del cardinal Gasparri. D'altra parte le spese aumentarono, per le opere eccezionali di assistenza, che Bénedetto XV affrontò in favore dei prigionieri militari e civili. Le congregazioni religiose francesi, che avevano i loro beni in titoli russi, rimasero a mani -xuote per la rivoluzione bolscevica. Quelle dei paesi austro-ungarici e le italiane, che avevano quasi tutti i loro capitali in titoli di rendita austriaca, terminata la guerra si trovarono rovinate, perché anche i titoli austriaci caddero a zero. Il Vaticano e i vescovi che avevano sug– gerito questi investimenti, e che continuarono a consigliarli perfino durante la guerra, avendo piu fiducia nella vittoria degli Imperi centrali che nella rendita italiana, si trovarono a dover salvare dalla miseria e dallo sfacelo centinaia di enti religiosi, che prima invece sovvenivano largamente l'obolo di san Pietro e le altre congregazioni romane. La crisi monetaria tedesca del dopoguerra ridusse a nulla le sovvenzioni dei cattolici tedeschi. Il Va– ticano nel dopoguerra visse sui contributi dell'America meridionale e special– mente settentrionale. 9 Ma le entrate non coprivano mai tutte le spese. Benedetto XV si trovò costretto talvolta a mettere a profitto la generosità dei suoi visitatori danarosi. Ad aumentare le preoccupazioni, nell'estate del 1920 il Parlamento ita– liano approvò una legge che obbligava i possessori di titoli di rendita ita– liani, pubblici o privati, a registrarli sotto il proprio nome, affinché non potessero sottrarsi alle imposte personali progressive. Questo sistema funziona senza difficoltà in Inghilterra e negli Stati Uniti. In Italia i banchieri non ne volevano sapere a nessun costo, e ottennero che ne fosse sospesa l'appli– cazione. Il Vaticano e le congregazioni religiose erano spaventati da quella legge, non meno dei banchieri. Se fossero stati costretti a rendere nomina– tivi i titoli da loro posseduti, avrebbero dovuto intestarli a persone di fi– ducia, che di regola dovevano essere persone attempate: in conseguenza l'imposta di successione, assai alta, avrebbe dovuto essere pagata molto spesso, e avrebbe in pochi anni divorato l'intero capitale.1° s J. DE NARFON, Léon XIII intime, Paris, Juven, 1899, pp. 148 sgg. L'autore si riferisce a cose sapute dal cardinale Mocenni, tesoriere della Santa Sede dalla morte di Pio IX alla morte di Leone XIII. 9 C. Lo1sEAu, Politique romaine et sentiment français, cit., pp. 38-39. 10 L. EINAUDI, La gue"a e il sistema tributario italiano, Bari, Laterza, 1927, p. 368; G. E. CURATOLO, La questione romana da Cavour a Mussolini, cit., p. 176. 249 bhoteca Gino Bianco

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