Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Stato e Chiesa in Italia da Pio IX a Pio XI ticlericale, ma che era stato acquistato recentemente da una società indu– striale siderurgica, era diretto da un nazionalista 5 e non aveva piu nulla di democratico,6 nel numero del 30 maggio sostenne che l'Italia dovesse ave– re anch'essa una rappresentanza diplomatica ufficiale presso la Santa Sede. Il giorno dopo, 31 maggio, l'Idea nazionale, organo dei nazionalisti, in– tervenne a rincalzare la tesi del Messaggero. Invece il Giornale d'Italia, di– retto da un intimo 7 dell'on. Salandra e dell'on. Sonnino, negò il 1 giugno che fosse necessario avere una rappresentanza diplomatica presso il Vaticano, come lo aveva negato fin dal 26 maggio la Stampa di Torino, diretta da un intimo 8 del presidente del Consiglio, Giolitti. Il 2 giugno l'Idea nazio– nale ritornò alla carica, affermando che il Vaticano era favorevole ad un'in– tesa. Nello stesso giorno il Tempo, giornale d'affari, di cui era proprieta– rio un giolittiano, ma era direttore un nazionalista, 9 scopriva le batterie, met– tendosi a discutere la questione romana: Occorre quindi, perché questa vecchia e ingombrante questione romana giunga ad una conveniente soluzione, che la politica italiana si persuada non essere una menomazione dei diritti dello Stato abbandonare al pieno possesso del pontificato la zona di territorio che è necessaria, perché esso appaia, al cospetto di tutto il mondo credente, perfettamente al sicuro da ogni interferenza e da ogni soggezione verso una particolare nazionalità. Il giornale non osava parlare di "sovranità" nel territorio necessario, ma parlava solamente di "pieno possesso." Il 3 giugno, l'Osservatore roma– no si affrettava ad assicurare i suoi lettori che il Messaggero, l'Idea nazio– nale e il Tempo "interpretavano un sentimento popolare"; ma annunzia– va solennemente che non potevano esistere relazioni diplomatiche tra il Vaticano e l'Italia se non fosse stata eliminata la questione pregiudizia– le, cioè la questione romana. Il tono dell'articolo era straordinariamente mo– derato. Il Giornale d'Italia, 4 giugno, notava che l'organo ufficioso del Va– ticano non ripeteva piu che "fra Cristo e Belial non vi era punto di con– tatto"; non dichiarava "impossibile" un'intesa; la diceva solamente "in– tempestiva." Il 5 giugno, il Messaggero annunziò che il Vaticano si sareb– be accontentato se il governo italiano avesse riconosciuto la sovranità del pontefice sul "territorio entro le mura dei Palazzi apostolici, e niente di piu." L'Osservatore romano riprodusse, 19 giugno, la parte piu caratteristica dell'articolo del Messaggero, senza alcuna rettifica o protesta, ma prendendo occasione dalle discussioni di quei giorni per conchiudere: "La questione romana esiste; è interesse dell'Italia risolverla." La verità era che dietro a quest'armeggio di giornali romani c'era un 5 Virginio Gayda. Il giornale era stato acquistato nel 1915 dai fratelli Ferrone, proprietari dell'Ansaldo. [N.d.C.] 6 E. DEVOGHEL, La question romaine, cit., p. 26, commette un grossolano anacronismo scrivendo: "Questo giornale popolare, estremamente diffuso a Roma, fungeva allora come organo dei partiti democratici." L'anacronismo fa credere al lettore che le idee del giornale fossero le idee dei partiti democratici. 232 7 Alberto Bergamini. [N.d.C.] 8 Alfredo Frassati. [N.d.C.] 9 Filippo Naldi. [N.d.C.] BibliotecaGino Bianco

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