Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

La discussione del 1921 dimostrato una verità negativa: "Non essere cioè il potere temporale né necessario, né sufficiente, né utile alla indipendenza spirituale del Romano ··Pontefice." Rimaneva sempre da risolvere il problema nel suo lato positivo: "che cosa [...] sostituire al potere temporale nella funzione storica, che questo ebbe ad esercitare a beneficio del Papato. 112 Se un prete scriveva in quel modo, senza essere sconfessato dalla au– torità ecclesiastica, che cosa non dovevano credersi permesso i laici? Due deputati del partito popolarè - eletti, si badi bene, nella circoscrizione di Roma - intervennero alla cerimonia ufficiale della commemorazione. La Civiltà cattolica trovò che questo era Ùn andar troppo avanti: Fu deplorabile - scrisse nel. quaderno del 2 ottobre 1920, p. 83 - che a tali feste partecipassero, per futili pretesti, e fiacco opportunismo, se non per mossa di vecchio liberalismo, alcuni "popolari," quali rappresentanti dei cattolici di Roma, in verità loro traditori. La Direzione del partito popolare non si occupò dell'incidente. Pa– dre Casacca trovò che questa indifferenza era piuttosto esagerata. Nella ter– za edizione del suo scritto sulla questione romana, Il papa e l'Italia: la fine del dissidio, uscita nel 1921, scrisse: Il dovere di occuparsi della soluzione di essa [la questione romana] astringe pnm1e– ramente tutti i cittadini d'Italia [.. .J; astringe i cattolici di tutto il mondo [.. .J; astringe specialmente tutti i cattolici d'Italia [.. .J; ed astringe massimamente il clero, di cui gran parte per la sua inerzia non merita encomio; come non meritano encomio certi giornali, che si dicono cattolici [.. .J, mentre nessuna difesa mai dei diritti del Papa, nessuno spirito apostolico si osserva nelle loro colonne. È dunque ingiusto e disonorevole il sot– trarsi a questo dovere, allegando di appartenere a un partito politico che lo proibisce; nei cui congressi invero, quello di Bologna del 1919, e quello di Napoli del 1920, nell'impotenza di tacitare il nobile ed insistente appello di chi chiedeva l'adesione del Partito stesso a promuovere le trattative per la soluzione della questione romana, fu risposto con fastidio e disgusto ed in modo volgare, che gli affari piu urgenti del Partito erano ben altri I Se cosi fosse, ognuno avrebbe il dovere di gridare: Alla larga da tale partitol 3 Per dimostrare che la questione romana era ancora sentita in Italia dopo la guerra, gli scrittori cattolici o a tendenze cattoliche ricordano una discussione che ebbe luogo nella stampa italiana e nella Camera dei depu– tati nel giugno del 1921. 4 Nel maggio 1921, la Francia riprese ufficialmente i rapporti diplomatici con la Santa Sede, rotti nel 1904. Questo fatto dette occasione, come era naturale, a molti commenti nei giornali italiani. Uno di questi, il Mes– saggero di Roma, che in altri tempi era stato organo della democrazia an- 2 A. BERNAREGGI, Il papato e il problema nazionale italiano, in "Vita e pensiero," Mi– lano, a. VI, vol. X (20 settembre 1920), p. 532. 3 N. CASACCA, Il papa e l'Italia: la fine del dissidio, cit., pp. 76-77. 4 C. Lo1sEAu, Politique romaine et sentiment français, cit., pp. 137 sgg; J. CARRERE, Le pape, cit., pp. 269 sgg.; E. DEVOGHEL, La question romaine, cit., pp. 4, 26 sgg.; F. PIANTELLI, Come si è giunti al concordato, in "Vita e pensiero," aprile 1929, pp. 206 sgg.; E. VERCESI, Il Vaticano, l'Italia e la guerra, pp. 245 sgg.; E. MARTIRE, La conciliazione, cit., pp. 113 sgg. 231 BibliotecaGino Bianco

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