Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

La questione romana dopo la guerra Quali avrebbero potuto essere mai queste condizioni "piu miti ancora"? La risposta era data nell'opuscolo LA questione italo-pontt/j.cia, pubblicato con lo pseudonimo "Costantinus" (Pisa, tip. Mariotti, 1919), 15 le cui bozze di stampa furono rivedute e corrette nel Vaticano da Benedetto XV e da G.asparri. 16 Costantinus riconosceva che "cinquanta, cento, mille, centomila ·· sudditi piu o meno ubbidienti e ossequienti, date le esigenze moderne dei sudditi di ogni Stato, possono essere per la Santa Sede motivo di debolezza politica, anziché di forza." Perciò proponeva che la transazione avvenisse "sulle basi dell'uti possidetis," visto che anche "una semplice nave e un palazzo d'ambasciata sono con~iderati come lembi di territorio nazionale." Era quanto dire che il Vaticano si sarebbe contentato di vedere riconosciuta la propria sovranità solamente su quei palazzi vaticani, di cui godeva il possesso dal 1870 in poi. In altre parole, le condizioni di fatto non avrebbero subito nessuna modificazione essenziale. Il Vaticano avrebbe continuato a formare nella città di Roma una piccola enclave, nella quale le autorità italiane non avrebbero esercitato nessuna giurisdizione in avvenire, come non l'avevano mai esercitàta nel passato. Ma sarebbe cambiata la situazione giuridica. Il' papa non avrebbe piu dimorato in un terri_torio, che secondo la legge delle guarentigie era rimasto territorio italiano e del quale il governo italiano lasciava al papa il solo "godimento." Nel nuovo regime, il governo italiano avrebbe riconosciuto esplicitamente il papa come vero e proprio sovrano di quel territorio, mentre il papa, a sua volta, avrebbe riconosciuto Io statu quo territoriale creato dagli avvenimenti del 1859-70. Né nell'opuscolo del padre Casacca, né in quello di Costantinus com– pariva l'idea che il governo italiano dovesse pagare alla Santa Sede l_:lna indennità. Non compariva neanche l'idea che la soluzione della questione romana dovesse essere subordinata alla conclusione di un concordato. Pa– dre Casacca si limitava a prevedere che, sistemata la questione romana, sarebbero sparite la maggior parte delle difficoltà, che la Chiesa incontrava in Italia nell'esercizio della sua missione, e usava quest'argomento per dimo– strare l'utilità di quella sistemazione. Una qualche idea che la soluzione della questione romana dovesse essere collegata con un sistema di piu soddi– sfacenti relazioni fra Stato e Chiesa, si poteva forse intravedere nell'opu– scolo di Costantinus, dove questi insinuava che non era assolutamente ne– cessario sistemare la questione romana con "un vero e proprio trattato di " ffi . " d . d. d " "d pace, ma poteva essere su c1ente un mo us vtven t a tempus, a rinnovare, o rendersi definitivo, ad esempio dopo dieci anni" (p. 31). È probabile che Costantinus pensasse che i dieci anni del modus vivendi avrebbero dovuto essere utilizzati dalla Santa Sede per negoziare un con– cordato soddisfacente. Ma anche se questa è l'interpretazione da dare al pensiero dello scrittore, è evidente che per lui, come per il padre Casacca, 15 11 progetto del trattato è riprodotto nel voi. dei discorsi di B. MussOLINI, Gli ac- cordi del Laterano, cit., pp. 157-60. . . 16 Debbo questa informazione a persona degna di fede, che nel 1919 era m grado dt conoscere quanto avveniva nel Vaticano. 227 oteca Gtno Bianco

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