Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Stato e Chiesa in Italia da Pio IX a Pio Xl latino e ritirarono l'ordine del giorno. Se anche il congresso nazionale di un partito formato da cattolici si rifiutava di affrontare il problema, come pretendere che se ne occupassero gli altri partiti? Per smuovere· la generale indifferenza, il Vaticano mobilitò due scrittori ufficiosi. Il frate agostiniano padre Nazzareno Casacca pubblicò nel 1919 un opuscolo: Il papa e l'Italia. 13 In esso il padre Casacca respingeva esplicita– mente le pretese di quei "zelanti cattolici in buona fede, che per tanti anni reclamarono, come conditio sine qua non, il ritorno materialmente identico allo statu quo ante. m• L'idea che il governo italiano potesse sloggiare da Roma era da mettere da parte: "Sono ormai tanti anni che il Re sta a Roma, ed il Papa non gli ha mai intimato esplicitamente di andarsene." Anche l'idea di internazionalizzare la legge delle guarentigie era da respingere, e questo per due ragioni: 1) perché il dissidio fra il papa e l'Italia doveva essere composto senza "un intervento straniero qualsiasi," affinché la soluzio– ne non irritasse la suscettibilità nazionale del popolo italiano; 2) perché la leg– ge delle guarentigie non poteva essere accettata dal papa, in quanto non era stata concordata fra il papa e il governo italiano e non riconosceva la sovranità del papa su nessun territorio. Per risolvere il problema, occorreva seguire una diversa via. Il governo italiano doveva anzitutto "riconoscere nel papa una sovranità ultranazionale ed il conseguente diritto di indipenden– za assoluta di lui da qualsiasi trono della terra," compresa l'Italia; e doveva ammettere che questa indipendenza sovrana non sarebbe stata tale se non fosse stata accompagnata da un territorio: "è assurdo che la questione romana si risolva senza territorio." Stabiliti quei due prindpi, il problema di definire i confini del territorio pontificio non avrebbe presentato serie difficoltà. Chi avrebbe dovuto determinare quei confini in modo tassativo e con– creto, era il papa, quando il governo dello stato lo avesse interpellato. Ma padre Casacca assicurava che "le esigenze del papa sarebbero certamente miti"; era una maligna insinuazione che il papa pretendesse "il disgrega– mento e lo smembramento delle provincie italiane, con la conseguente diminuzione territoriale e politica della nazione." Sarebbe bastato al papa un territorio "sia pur minuscolo," per esempio quella parte di Roma che va da Castel Sant'Angelo ai giardini Vaticani. Ma il papa si sarebbe proba– bilmente contentato di condizioni "piu miti ancora." 13 Bologna, Cappelli. L'8 ottobre 1920, il professor Bonaiuti, recensendo sul "Resto del carlino" [cfr. n. 1 a p. 69] l'opuscolo del padre Casacca, uscito allora in una seconda edizione, affermava che "il carattere ufficioso [di esso] non poteva essere revocato in dubbio," e che esso presentava "i concetti prevalenti nelle sfere vaticane." Quest'affermazione non fu smentita da nessuno. Lo stesso padre Casacca, pubblicando nel 1921 la terza edizione del suo lavoro (Il papa e l'Italia: la fine del dissidio, terza edizione ampliata e migliorata, Roma, ~uf: fetti, 1921, pp. 93), riprodusse integralmente, senza nessuna rettifica, le parole del Bona1~t1 (p. 9). E per giunta dedicò questa terza edizione a un cardinale. Era impossibile alle autorità del Vaticano accumulare, con maggiore amabilità, gli indizi che il padr~ Casacca parla~a, non di testa propria, ma per conto loro. Il padre Casacca apparteneva al circolo degh am1c1 per– sonali di Benedetto XV. 14 N. CASACCA, Il papa e l'Italia, _3a ed. cit., p. 54. I passi citati piu avanti sono alle pp. 92, 53, 81, 37-38. [N.d.C.] 226 BibliotecaGino Bianco

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