Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

La questionè romana dopo la guerra I due interlocutori convennero che per questa parte il problema non era di impossibile soluzione e meritava di essere ridiscusso. Un altro punto sul quale Orlando accettò senz'altro la tesi di Benedetto XV e del cardinal Gasparri, fu che fosse "assolutamente necessario che il territorio pontificio fosse garantito anche dalle altre Nazioni, altrimenti il Papa rimarrebbe alla balfa del Governo italiano. mo Il mezzo piu semplice ed efficace per raggiun– gere lo scopo era quello di far entrare il papa nella Società delle nazioni: ·questa avrebbe garantito il territorio dello Stato della Chiesa come garan– tiva quello di tutti gli altri stati aderenti. Il resoconto che mons. Cerretti stese della sua conversazione con l' on. Orlando non fa nessun cenno né di una indennità, che il governo italiano avrebbe dovuto versare. alla Santa Sede, né di un concordato che avrebbe dovuto mettere su nuove basi le relazioni fra Stato e Chiesa. Pos– siamo, dunque, credere all'on. Orlando quando dice che lo schema del car– dinal Gasparri non parlava affatto di rapporti finanziari da regolare, e che né nel documento scritto né nella discussione orale fu mai presentata la riforma della legislazione ecclesiastica italiana come conditio sine qua non per la sistemazione della questione romana: "Si accennava solo generica– mente ad un concordato." Dopo la crisi parlamentare che portò alle dimissioni dell'on. Orlando (giugno 1919), il cardinal Gasparri riprese le trattative col nuovo primo mi– nistro, on. Nitti. 11 Fra il 1860 e il 1870 erano i primi ministri italiani che domandavano a Pio IX di negoziare una "combinazione": dal 1919 in poi era il Vaticano che ad ogni cambiamento di ministero ritornava a proporre la "combinazione." Quanto mutamento in cinquant'anni! L'on. Nitti era favorevole all'idea di una conciliazione sulle basi già accettate dall'on. Orlando. Ma l'opinione pubblica non era in nessun modo preparata ad ammettere che la questione romana potesse esser risolta e che valesse la pena di risolverla. Nel primo congresso nazionale del partito popolare, che fu tenuta1 2 nel giugno 1919, due congressisti, il conte Vincenzo Reggio d'Aci ·e il conte Filippo Sassoli de' Bianchi, cercarono di portare la discussione sul "grave dissidio esistente fra Stato e Chiesa in Italia." Se il Partito Popolare - disse il conte Reggio d'Aci - vuole lo Stato cristiano, deve volere che questo dissidio cessi. Non sta a lui dire come: vi è per questo la Suprema Autorità, ma bisogna portare fra le masse la coscienza della necessità di sciogliere questo conflitto. Vorrebbe che nell'ordine del giorno fosse inserita l'esistenza della questione romana e il desiderio che sia risolta. · L'Osservatore romano, 17 giugno 1919, mette a questo punto del resoconto del congresso: "Rumori, interruzioni." I due conti capirono il 10 Appunti cit. di mons. Cerretti. 11 Intervista dell'on. Nitti col "Quotidien," Paris, 22 febbraio 1929, e col "Daily Chronicle," London, 27 febbraio 1929. 12 A Bologna. [N.d.C.] 225 18 81b 10 eca GiQo Bianco

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