Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Capitolo diciassettesimo La, questioneromana dopo la guerra Nel programma del partito popolare non si trovava nessuna traccia della questione romana, salvo che alcuno avesse voluto scoprire un'allu– sione ad essa nel paragrafo che rivendicava "la libertà della Chiesa per l'e– splicazione della sua alta missione spirituale nel mondo." Ma per fare que– sta scoperta ci voleva un certo sforzo di buona volontà. Il fatto era che il partito popolare evitava di proporre esplicitamente ed immediatamente il problema: cadeva cioè nell'" errore" condannato già dal cardinal Rampolla nella lettera del 21 ottobre 1901 (vedi p. 144). È vero che quel silenzio era una necessità: un partito che avesse vo– luto inalberare come sua bandiera la questione romana, avrebbe provocato, nell'atmosfera appassionata del dopoguerra, chissà quali violente reazioni anticlericali e non avrebbe avuto nessun seguito. Per i tempi che correvano, la Santa Sede doveva contentarsi del silenzio. D'altra parte il partito popo– lare negava di essere un partito cattolico; perciò non comprometteva i di– ritti imprescrittibili della Santa Sede col suo silenzio sulla questione romana. Etichetta politica e non religiosa del partito, autonomia del partito dai ve– scovi e dal Vaticano, e silenzio sulla questione romana, erano i tre termini indissolubili della "combinazione," grazie alla quale il partito popolare poteva domandare i voti ai cattolici, senza discutere della questione romana e senza provocare una condanna dalla Santa Sede. Prima della guerra, Pio X, per evitare che la indifferenza dei cattolici italiani verso la questione romana risultasse ufficialmente, li aveva obbligati a non formare un partito politico; dopo la guerra, Benedetto XV, non potendo piu impedire loro di formare un partito politico, dové contentarsi che il loro partito non si chiamasse cattolico. I malcontenti però non mancavano. La Civiltà cattolica, nel fascicolo del 15 febbraio 1919, deplorò che il programma del nuovo partito non facesse alcun "cenno esplicito della piena libertà, sovranità e indipendenza del Papa, nel suo altissimo ministero." Nel marzo successivo, i democratici e gli anticlericali del Consiglio comunale di Roma proposero che il cinquan– tesimo anniversario del 20 settembre, ricorrente l'anno successivo, fosse cele– brato con solennità speciale: speravano di provocare la rottura fra cattolici 222 Biblioteca Gino Bianco

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