Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Il partito popolare italiano condannata da Pio X, è evidente. Il partito popolare era una reincarnazione della vecchia democrazia cristiana. 3 Il segretario generale del nuovo partito, Luigi Sturzo, era un sacerdote che aveva militato vent'anni prima nella demo– crazia cristiana. Quando questa fu condannata da Pio X, egli si sottomise agli ordini dei suoi superiori. Mutati i tempi, riprendeva ora il lavoro con .lede immutata. Molti altri democratici cristiani, che dal tempo di Pio X in poi erano rimasti senza voce, confusi nelle organizzazioni cattoliche, sen– tirono che era ritornata la loro ora: si associarono alla nuova generazione maturata dalla guerra, e insieme con essa dettero la grande maggioranza del personale dirigente ai gruppi locali. Naturalmente, quindici anni non erano passati invano. La democrazia di Leone XIII si preoccupava piu che altro della questione operaia, disinte– ressandosi quasi del tutto dei problemi specificamente politici (forma di go– verno, organizzazione del governo centrale e locale, politica internazionale, ecc.). Il partito popolare affrontava in pieno anche i problemi politici: era la democrazia cristiana diventata adulta. Esso dava all'idea di libertà politica un rilievo, che invano si cercherebbe sia nella democrazia di Leone XIII, sia nel movimento consèrvatore di Pio X. I cattolici italiani - democratici o conservatori che fossero - si erano finora limitati a ·rivendicare i diritti dei cittadi'ni cattolt'ci, in quanto formanti la Chiesa cattolica, la quale ha diritto a speciali diritti nella società, perché sola depositaria della verità. Il partito popolare, invece, rivendicava per i cattolici le stesse libertà a cui avevano diritto tutti i cittadi'ni, e si proponeva di farle riconoscere accettando nelle lotte politiche il metodo della libertà. Don Sturzo e i suoi amici erano convinti che, in un regime di libertà e di democrazia, la Chiesa cat– tolica, non protetta da nessun privilegio, appoggiandosi alla sola forza delle proprie idee, ricorrendo ai soli argomenti della persuasione e dell'esempio, avrebbe potuto conquistare l'anima del popolo italiano. Anch'essi volevano la conciliazione fra la Santa Sede e l'Italia. Ma i vecchi cattolici nazionali concepivano la conciliazione come un affare da trattare e da concludere fra 3 G. DE Rossi, Il partito popolare italiano dalle origini al congresso di Napoli, Roma, Ferrari, 1920, pp. 14, 18. [In Il partito popolare nel 1919-20, I, cit.: "Il funzionario che diri– geva l'ufficio stampa del partito popolare (il De Rossi), affermò nel 1920 che il partito popolare era una reincarnazione della antica democrazia cristiana di Leone XIII. L'affermazione non era vera che fino ad un certo punto. Senza dubbio una democrazia cristiana era nata in Italia, nell'ultimo decennio del secolo XIX, sotto Leone XIII. Ma lo stesso Leone XIII aveva co– minciato a strozzarla nel 1902, e Pio X l'aveva strozzata del tutto fra il 1904 e il 1906. Sta di fatto, peraltro, che il segretario generale del nuovo partito aveva militato vent'anni prima nella democrazia cristiana," ecc. E nella seconda puntata del saggio: "Il partito popolare non osò denominarsi 'democratico cristiano.' Rimanevano ancora in vigore le condanne della de– mocrazia cristiana provenienti da Leone XIII e Pio X. Le parole 'partito popolare' potevano significare che il partito intendeva solamente esercitare quella 'benefica azione cristiana a favore del popolo,' della quale Leone XIII, nella enciclica Graves de communi, aveva affermato la liceità e necessità, ad esclusione di ogni azione autenticamente democratica. Ma potevano anche significare che il partito intendeva lavorare per un 'governo popolare,' nonostante la condanna pronunciata da Leone XIII contro quei cattolici che preferissero il 'governo popolare' alle altre forme di governo. Nella rivista 'La terre Wallonne' di Charleroi (novembre 1936, pp. 83-84), don Sturzo ha scritto: 'Avendo Leone XIII, nell'enciclica Graves de Communi, tolto ogni signi– ficato politico all'espressione democrazia cristiana, i cattolici italiani preferiscono il nome di popolari.' Un'altra ragione per la scelta del nuovo nome, fu certamente quella che il nuovo partito voleva raccogliere nelle sue file tutti i cattolici (e conservatori e democratici) e la parola popolare non escludeva i conservatori, come avreb~ {atto la denomin11zione democrazia cristiana. Ancora un equivoco!" (N.d.C.)] 213 BibliotecaGino Bianco

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