Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Italia e Vaticano durante la guerra tro questa decisione (26 agosto 1916). Spettò proprio all'on. Meda, nella sua qualità di ministro delle Finanze, di prendere possesso del palazzo, il 31 ottobre 1916, due mesi dopo la protesta del papa. 10 Sulla fine del 1916, il servizio di controspionaggio italiano ebbe le .prove che un alto prelato, un bavarese addetto alla famiglia pontificia, specialmente protetto da Benedetto XV, monsignor Gerlach, era implicato nell'affondamento doloso di due navi da guerra italiane. Il governo italiano non lo arrestò, perché era protetto dalla legge delle guarentigie. Ma nella notte dal 6 al 7 gennaio 1917, il prelato bavarese, scortato da agenti ita– liani, lasciò l'Italia per la Sviziera. Quando fu al sicuro al di là della fron– tiera, il tribunale militare di Roma lo condannò a morte con una sentenza in cui non c'era nessuna allusione alla circostanza che egli era un funzio– nario del Vaticano. 11 Questi erano i metodi selvaggi, con cui un governo sen– za scrupoli negava la libertà al "prigioniero del Vaticano." Chi voglia guardare i fatti senza preconcetti fanatici, deve riconoscere che durante la guerra il papa non ebbe mai un ragionevole motivo per pro– testare che il governo it~liano limitasse la sua libertà. Ma il papa si trovò in una curibsa situazione: non poteva dolersi di non es~ere realmente libe– ro perché gli mancava qualunque ragione su cui fondare le sue proteste; ma non poteva ammettere di essere realmente libero, perché con questa ammis– sione avrebbe svalutato ogni protesta passata, e resa piu difficile l'azione che si proponeva di fare durante la conferenza della pace per risollevare la questione romana. I presupposti, su cui si basava tutta l'azione di Benedetto XV - prima la vittoria germanica, poi la pace bianca - mancarono. La Germa– nia dové arrendersi a discrezione. L'impero austro-ungarico, benché munito della speciale benevolenza del Vaticano, andò a pezzi. Il regno d'Italia, benché non riconosciuto dal papa, sopravvisse all'impero d'Austria. Bene– detto XV e il cardinal Gasparri avevano scommesso sul cavallo cattivo. Quale sarebbe stata l'attitudine di Benedetto XV nel Congresso della pace, se la vittoria fosse toccata alla Germania e all'Austria, e se lui fos– se stato invitato dai vincitori a partecipare alle trattative e a sanzionare le condizioni imposte ai vinti? Se la guerra fosse finita nell'esaurimento universale, avrebbe potuto Benedetto XV esercitare, come sperava, il suo ufficio di supremo arbitro? Sarebbe egli stato piu fortunato di Wilson? O piuttosto non sarebbe stato messo in disparte come era già successo ai suoi predecessori nel congresso di Westfalia e nel congresso di Vienna? E se le potenze vincitrici degli Imperi centrali lo avessero ammesso al congresso di Parigi, avrebbe potuto il papa assumersi le responsabilità morali dei trat– tati di pace? 10 Ibid., pp. 93-104; G. QUADROTIA, La Chiesa · cattolica nella crisi universale, cit., pp. CXXX-XXXII. )t Ch. Lo1sF.Au, Politique romaine et sentiment français, cit., pp. 31, 26, 48; E. VERCESI, Il Vaticano, l'Italia e la gue"a, cit., pp. 88-89; J. HEARLEY, in "Current History," aprile 1929, p. 23. 209 17 BibliotecaGino Bianco

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