Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

I.A grande guerra e la questione romana Uno dei paren merita di essere riportato nei suoi punti essenziali: Per giungere a una soluzione pratica, sarebbe sufficiente che a~ Pontefice fosse riconosciuto, sotto formale ed esplicita garanzia delle nazioni civili, il carattere di un vero sovrano. A tale effetto, basterebbe che il Pontefice non fosse "suddito" di alcuno; che il luogo della sua residenza fosse sottratto ad ogni ingerenza civile, po– litica, giudiziaria, amministrativa; che egli potesse comunicare liberamente con i go– verni esteri. Questo carattere sovrano del Pontefice dovrebbe essere considerato come una conseguenza naturale della sua dignità di Capo della Chiesa. Dal punto di vista territoriale, potrebbero essere prese in considerazione diverse ipotesi. Secondo una prima ipotesi, Roma e il suo ter~itorio, senza essere staccati dal Regno d'Italia, avreb– bero un governo municipale autonomo L. .J. A bene riflettere, questa tesi sarebbe diffi– cilmente realizzabile, né la sua realizzazione assicurerebbe al Pontefice una vera e com– pleta indipendenza. Secondo un'altra ipotesi, si potrebbe assegnare alla Santa Sede un piccolo territorio intorno alla residenza del Pontefice, territorio garantito dal consesso delle Potenze. La vigente legge delle guarentigie è unilaterale; è una legge a ca– rattere interno, e come tale molto precaria. Tutti i difetti di questa legge verrebbero eliminati con la concessione di un territorio, sul quale il Pontefice potesse esercitare la sua sovranità senza alcuna ingerenza da parte del Governo italiano. L'esercizio della sovranità papale verrebbe sanzionato da un accordo internazionale. La vigente legge delle guarentigie dovrebbe essere modificata d'accordo col Gover.i:10 italiano e completata da un concordato con quest'ultimo. Noi troviamo qui formulate le idee essenziali di quel programma, che sarà alla fine attuato negli accordi dell'll febbraio 1929. Secondo un altro parere, la Santa Sede non avrebbe dovuto fare nes– suna rinuncia a nessuna delle rivendicazioni tradizionali, ma avrebbe dovuto limitarsi a ripetere le sue proteste in occasione del Congresso della pace, e farle riconoscere come legittime dal Congresso (cioè dalla Germania e dal- 1' Austria, che essendo le potenze vincitrici vi avrebbero dettata la legge). Il consultore che propose questo programma dimostrò una finezza non co– mune. Se esso avesse potuto essere attuato, la Santa Sede avrebbe riportato un grande successo morale, in quanto un congresso internazionale avreb– be per la prima volta riconosciuto la legittimità delle sue rivendicazioni; dopo di che, forte di questo successo, essa avrebbe demandato la sistema– zione della questione romana al "sentimento di giustizia del popolo italia– no." Nell'Italia prostrata dalla sconfitta militare, non sarebbe stato difficile trovare un numero sufficiente di uomini politici, cattolici della vigilia o con– vertiti del giorno dopo, disposti a formare un governo e a dichiarare che il popolo italiano si sottometteva alla volontà del papa, non perché vi fos– se costretto dalle armi straniere, ma per sentimento di giustizia e per cura del proprio interesse verace. Con le idee espresse nei due pareri da noi ricordati, coincidono quelle che il deputato tedesco Erzberger faceva diffondere durante la guerra dalla macchina della propaganda tedesca a proposito della questione romana. Se– condo Erzberger, non era affatto necessario ricostruire il dominio temporale della Chiesa quale era prima del 1870; non era neanche necessario dare al papa l'intera città di Roma. Bastava costituirgli un piccolo "dominio in miniatura" (Miniaturgebiet), uno "stato lillipuziano" (Lt:liputkirkenstaat). 203 b oteca Gino Bianco

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