Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Anni di buon vicinato scuola," cioè non la libertà per qualunque confessione religiosa di avere le proprie scuole, e neanche la libertà per l'insegnante di insegnare quel che egli· crede onestamente la verità, ma la libertà da ogni controllo dell'auto- . rità civile per le scuole tenute dal clero cattolico. Il loro programma mas– ·simo era che l'autorità civile riconoscesse ai diplomi rilasciati dalle scuole private lo stesso valore giuridico dei diplomi rilasciati dalle scuole governa– tive o riconosciute dal governo, e che ciascuna scuola privata ricevesse dal governo un sussidio proporzionato al numero dei suoi allievi. Il programma minimo era che in tutte le sçuole elementari fosse ristabilito l'obbligo del– l'insegnamento della dottrina cattolica come prescritto dalla legge del 1859 (vedi p. 152), e che gli alunni delle scuole secondarie private, quando si presentavano alle scuole pubbliche per passare gli esami e ottenere cer– tificati di capacità aventi valore legale, fossero messi in condizioni eguali a quelli delle scuole pubbliche. Per comprendere questa seconda domanda, bisogna tener presente che gli alunni delle scuole pubbliche erano esaminati alla fine degli studi dagli stessi insegnanti che li avevano istruiti; non erano soggetti neanche a veri e propri esami, ma l'insegnante li "passava senza esami" se li riteneva suf– ficientemente preparati in base alla conoscenza che ne aveva fatta durante il corso degli studi. Invece gli alunni delle scuole private dovevano subir- cedente capitolo {cfr. pp. 152-53), nei terrrum seguenti: "Una questione, che sollevò molto rumore, fu quella dell'insegnamento catechistico nelle scuole elementari ai marmocchi dai sei ai dieci anni (dove quelle scuole non mancavano). L'insegnamento del catechismo non era mai stato abolito per legge. Nel 1877 un ministro [Michele Coppino] lo cancellò dall'elenco delle materie d'insegna– mento, ma nel 1888 lo stesso ministro lo rimise al vecchio posto. Nel 1895 le amministrazioni comunali furono obbligate, sempre con decreto ministeriale, a fare impartire quell'insegnamento agli alunni di quei genitori che ne facessero richiesta: nell'Italia settentrionale e centrale la richie– sta era presentata dove i cattolici erano politicamente attivi; nell'Italia meridionale poche fami– glie se ne occupavano. Dopo il 1902, le amministrazioni comunali conquistate dagli anticlericali cominciarono a negare l'insegnamento anche dove le famiglie lo domandavano. Nel 1908 l'in– fluenza politica acquistata dai cattolici si manifestò in un regolamento governativo (3 febbraio), sec.ondo il quale spettava alla maggioranza del Consiglio comunale di decidere per il si o per il no; ma se decideva per il no, i padri di famiglia avevano il diritto di ottenere che l'insegna– mento fosse dato a loro spese in aule che l'amministrazione municipale doveva porre a loro dispo– sizione. Quel regolamento fu dovuto a un ministro dell'Istruzione massone (Luigi Rava). Molto baccano, al solito, pro e contro il nuovo regolamento; discussione alla Camera (18-27 febbraio' 1908), che fini con voto favorevole al provvedimento preso dal ministro massone. E ben presto ricominciarono i cavilli. Il 10 marzo 1910 un altro ministro stabili che l'insegnamento dovesse essere impartito in ore estranee all'orario normale, e il 9 luglio seguente vietò alle amministra– zioni municipali di distribuire alle famiglie i moduli per la richiesta di quell'insegnamento. Si pensava che molte famiglie non avrebbero voluto prendersi neanche il disturbo di andare ad acqui– stare da sé quel modulo; e siccome proprio allora era stata prolungata la scuola elementare con una quinta e una sesta, il catechismo non fu messo in queste nuove classi. "Il problema non aveva in sé nessuna importanza: due ore settimanali di noia impartite o no a poveri marmocchi, i quali non capivano nulla nelle domande e risposte che dovevano impa– rare a memoria, non avrebbero né riscaldato né raffreddato il sentimento religioso del popolo ita– liano. Immaginarsi che solo nel 1912 il catechismo tradizionale fu ammodernato nella diocesi di Roma, cosi che i bambini non furono piu costretti a ripetere la parola 'transustanziazione'; e in– vece di imparare che non dovevano 'fornicare,' impararono che non dovevano 'commettere atti im– puri,' i quali per i poveri innocenti dovevano riuscire altrettanto misteriosi quanto il 'non forni– care' (O. M. PREMOLI, barnabita, Storia ecclesiastica contemporanea (1900-1925), Torino, Marietti, 1925, p. 97). Molti cattolici - e di quei buoni! - si ~chiaravano contrari a un insegnamento religioso cosi mal dato: toccava alle famiglie, che realmente avevano fede religiosa, curare che quell'insegnamento fosse dato sul serio da persone adatte. "In fondo non era questione di fede religiosa. Era questione di puntiglio politico. I cleri– cali intendevano affermare il diritto della Chiesa sulla scuola: l'insegnamento catechistico nella scuola elementare era un primo passo, insufficiente quanto si vuole, ma un passo. Gli anticlericali negavano quel diritto, e cominciavano coll'escludere dalle scuole elementari tanto la transustanzia– zione quanto il non fornicare. Et videbis, fili mi, qua parva sapientia regitur mundus." [N.d.C.] 175 BibliotecaGino Bianco

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