Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

L'enciclica "Il fermo proposito" gnificato di protesta, dato al Non expedit, non [era] ad esso intrìnsicamente inerente 11 (p. 552), quasi che per trent'anni non fosse stato proprio il Va– ticano a dare al non expedit il significato di protesta. Ma subito dopo aver ··scoperto che il non expedit non era una protesta, la Civiltà cattolica si scordò della scoperta fatta e spiegò che esso era una "protesta negativa," alla quale avrebbe potuto subentrare la "protesta positiva," cioè "la protesta viva di un partito cattolico che con tutti i mezzi legali e costituzionali, di cui può disporre, difende i dir~tti della Chiesa e le giusfr~ie di San Pietro": Operando in tal guisa è chiaro [sic/], che i cattolici non rinunzierebbero punto al loro prograwma cattolico e papale; poiché è certo che, se il Papa permettesse loro di entrare in Parlamento, essi non potrebbero entrarvi altrimenti, che con fronte alta e cuore intrepido, facendosi conoscere per quel che sono [...]. La loro posizione nel Parlamento sarebbe dunque ·ben netta e definita, né alcuno potrebbe interpretarla come una abdica– zione di principii, o come un riconoscimento de' fatti compiuti a danno della Santa Sede, o molto meno come una tacita adesione a sistemi di governo o ad uno stato di cose ch'essi meritamente deplorano: Parimenti, stando alla medesima ipotesi che il divieto fosse tolto, non v'ha dubbio alcuno che i cattolici, presentandosi alla Camera, come uomini d'ordine con programma antirivoluzionario e decisi a combattere· energicamente contro ogni principio sovversivo, sosterrebbero il Governo di fatto, in quanto esso rappresenta la custodia dell'ordine. Non si può quindi negare ch'essi al Parlamento lo rafforzerebbero e gli farebbero non piccolo bene. Questo rafforzamento però, se è voluto da' cattolici, è voluto solo in quanto è una conseguenza del bene di ordine superiore da loro diretta– mente inteso, la difesa cioè degli interessi piu vitali dell'Italia, quali sono i suoi interessi religiosi, indissolubilmente congiunti col mantenimento e col rispetto dei diritti della Santa Sede (pp. 552-53). Al tempo di Leone XIII, il "bene di ordine superiore" era la riven– dicazione del dominio temporale; al tempo di Pio X, il "bene superiore" diventava la difesa del "governo di fatto." La verità era che non era piu possibile impedire ai cattolici di intervenire anche ufficialmente come can– didati nelle elezioni politiche; e in queste condizioni non rimaneva piu al Vaticano che disciplinare questo fatto inevitabile, per ricavarne i piu larghi vantaggi possibili. L'agonia del non expedit cominciava. Il 3 dicembre 1904, quello stesso presidente delle organizzazioni eco– nomiche, che il 19 ottobre aveva ricordato ai cattolici il non expedit, pub– blicò una circolare per incitarli a un piu intenso lavoro di organizzazione, data la possibilità che fossero, "in tempo piu o meno vicino, chiamati tut– ti a scendere in quel campo a noi, per ragioni di ordine altissimo, fino al presente chiuso e vietato. 117 Ma quale parola d'ordine dare ai cattolici per la loro battaglia elettorale? Il 3 dicembre 1904 la Civiltà cattolica, ammet– tendo la possibilità che il non expedit fosse revocato per tutta l'Italia, an– nunziava che i cattolici sarebbero andati alla Camera non solo a salvare l'I– talia dalla rivoluzione, ma anche a ripetervi, "con fronte alta e cuore intre– pido," la loro "protesta positiva" per i "diritti della Santa Sede." Nel fa– scicolo del 17 dicembre 1904 la Civiltà cattolica definiva ancor meglio 1 Ibid., 1904, voi. IV, p. 762. 165 Biblioteca Gino Bianco

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