Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Pace in tempo di guerra 1894 mediante una "combinazione": la Propaganda Fide mise i francescani italiani al posto dei francescani francesi nella colonia Eritrea, e in compenso ·il governo concesse l'exequatur. Siccome era corsa la voce che il cardinal Sarto fosse "uno spirito assai disposto alla conciliazione," questi ebbe cura di smentire la calunnia nella sua prima lettera pastorale,8 quando il governo non poteva piu revocare l'exequatur. Ma in Venezia la municipalità era amministrata da democratici anticlericali. Per abbatterli era necessaria un'al– leanza fra i cattolici e i nazionali conservatori. Di quest'alleanza diventò fautore cosf convinto il patriarca Sarto, che per non metterla in pericolo andò a visitare ufficialmente il re quando questi venne a Venezia. Il suo favo– re per l'alleanza coi nazionali conservatori arrivò al punto che l'amministra– zione municipale poté solennizzare la ricorrenza del 20 settembre (giorno in cui le truppe italiane presero Roma nel 1870), senza che egli protestasse e che i cattolici fossero costretti a disdire l'alleanza. Dopo tutto, Venezia era appartenuta· una volta non agli "Stati della Chiesa," m_a a quelli di casa d'Austria, e non era articolo di fede che dovesse ritornare sotto casa d'Au– stria.9 Piu curiose furono le conseguenze, che derivarono a Bologna dall'al– leanza per le elezioni municipali fra cattolici e nazionali conservatori. Bo– logna aveva appartenuto fino al 1859 agli Stati della Chiesa. Ma il sindaco nazionale conservatore di Bologna, eletto coi voti dei cattolici, giurava fe– deltà al re "usurpatore." Il cardinale Svampa, arcivescovo di Bologna, ebbe l'abilità di non accorgersi di questo scandalo. Nel luglio 1900, quando il re Umberto fu ucciso da un anarchico, i nazionali conservatori di Bologna vollero celebrare il funerale nella chiesa principale della città. Il cardinale Svampa vi intervenne, sebbene il re morto fosse scomunicato come "usurpa– tore" dei "diritti imprescrittibili" della Chiesa; se non fosse intervenuto, l'alleanza municipale fra cattolici e nazionali conservatori sarebbe andata per aria: bisognava dunque adattarsi al male minore. Se poi qualcuno avesse voluto confrontare i votanti nelle elezioni politiche coi votanti nelle elezioni amministrative, trovava che, salvo in alcuni centri dell'Italia settentrionale, dove l'influenza del clero era piu sensibile, non vi era nessuna apprezzabile differenza fra le une e le altre. I cattolici andavano a votare lo stesso, anche nelle elezioni politiche, nonostante il divieto del papa. 10 Il non expedit funzionava non sugli elettori, ma sui candidati cattolici. Questi non potevano presentarsi come candidati politici, perché non avrebbero potuto giurare fedeltà alla costituzione; e cosi il 8 Ibid., p. 204; R. BAZIN, Pie X, -cit., p. 96. 9 Nel ms. de La questione romana Salvemini aggiunse: "Nell'aprile 1903 il patriarca bene• disse la prima pietra del nuovo campanile di piazza San Marco, senza scandalizzarsi se interve– niva alla cerimonia non solo un principe della casa reale, ma anche il ministro dell'Istruzione [Nunzio Nasi], che era notoriamente un alto dignitario della massoneria (L. DAELLI, Pie X, cit., p. 207)." [N.d.C.] 10 Nel ms. de La prima disfatta della democrazia cristiana Salvemini aggiunse a questo punto: "Giolitti ha raccontato che nel 1886 il parroco del suo paese disse agli elettori: 'Andate tutti a votare, perché né eletti né elettori sono tutte balle.' (Memorie della mia vita, Milano, Garzanti, 1945 3 , p. 42.) Al mio paese, nell'Italia meridionale, nelle elezioni del 1886, un canonico della cattedrale vendette il voto per cinque lire." [N.d.C.] 149 liotecaGino Bianco

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