Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Stato e Chiesa in Italia da Pio IX a Pio Xl Questo davvero non era nei progetti di Leone XIII. Il 21 ottobre 1901 il cardinale segretario di stato, Rampolla, per ordine del papa invi~ all'arcivescovo di Milano una lettera, nella quale deplorava che "da qualche tempo si ripete, in alcune regioni d'Italia, un fatto che ben a ragione ha destato la vigilante attenzione del Santo Padre": Assai frequentemente, infatti, alcuni cattolici, che pur si dichiarano devoti alla Santa Sede L..J, parlano della "Patria italiana,, e anche dell'"Unità nazionale,,, senza alcuna riserva, o almeno senza una riserva sufficientemente esplicita dei diritti della Santa Sede, riguardo al suo potere temporale. Al contrario, vi sono taluni che osano sostenere apertamente che è prudente mettere attualmente sotto silenzio la questione del potere temporale del Pontefice Romano, per rivendicarla in seguito, in un avvenire lontano, quando cioè il popolo sarà stato sufficientemente illuminato dalla democrazia cristiana. 17 Condannando quest'errore, il papa ricordava ai cattolici italiani che era loro obbligo "non lasciar sfuggire alcuna occasione per reclamare la libertà e l'indipendenza del loro augusto Capo." Si deve probabilmente a questa loro diserzione sul terreno della que– stione romana, se i democratici cristiani, lungi dallo "strappare al Ponte– fice il consenso definitivo" al loro movimento, riuscirono a strappare sola– mente una nuova condanna. Il 3 febbraio 1902 la sacra congregazione per gli Affari ecclesiastici straordinari pubblicò alcune "istruzioni," in forza delle quali vietò espressamente ai democratici cristiani di "partecipare a qualsivoglia azione politica"; un assistente ecclesiastico nominato dal vescovo della diocesi avrebbe dovuto sorvegliare qualunque loro riunione; i loro scrittori non avrebbero dovuto far polemiche sui giornali; non potevano pubblicare scritti su questioni religiose e morali o di "diritto naturale" senza aver ottenuto il permesso del loro vescovo: era loro dovere di obbedire sempre, prontamente, in silenzio, a qualunque ordine delle autorità ecclesia– stiche. Questa volta i democratici cristiani furono obbligati a capire. Dichia– rarono il 9 febbraio 1902 di non poter ubbidire alle istruzioni della congre– gazione per gli Affari ecclesiastici e di appellarsi al papa, al quale avrebbero presentato un memorandum. Ma nessuno osava assumere un'attitudine piu energica. Ai piu sottili parve che ogni difficoltà fosse superabile con una "combinazione": sottomettersi ai regolamenti del 3 febbraio, ma entrare in massa nell'Opera dei congressi, impadronirsi della presidenza centrale, e da allora in poi obbedire... a se stessi, proclamando cosf di obbedire alle auto– rità ecclesiastiche. Cercarono di guadagnar tempo. Leone XIII era vecchio e ormai in condizioni di salute tali da non poter vivere piu a lungo. Il car– dinal Rampolla sarebbe stato il successore. Allora la democrazia cristiana non avrebbe incontrato piu ostacoli. A mantenerli in questa attitudine conci– liante e temporatrice, il cardinale Rampolla ottenne da Leone XIII, nel- 1'autunno del 1902, la nomina del conte Grosoli a presidente dell'Opera dei congressi: il conte Grosoli godeva allora la fiducia dei democratici cristiani. 11 E. VERCESI, Il movimento cattolico in Italia, cit., p. 84. [N.d.C.] 144 BibliotecaGino Bianco

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