Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Leone X/.ll e la democrazia cristiana che· fosse. Sottoponendo ai vescovi e all'Opera dei congressi il movimento . democratico cristiano italiano, Leone XIII lo sopprimeva di fatto, non la– ··sciandone in circolazione che il nome, dopo averlo debitamente sterilizzato. Saturno divorava i suoi fìgli. 14 I democratici cristiani dovevano scegliere: o obbedire al papa metten– dosi d'accordo con le classi che "godono di maggiore autorità"; oppure con– tinuare la loro azione demoçratica nel significato politico condannato dal papa, ribellandosi contro gli ordini di questo. Essi tentarono di rimaner fedeli al loro programma politico senza ribellarsi al loro capo religioso. Fe– cero le viste di non capire che il papa condannava la loro azione. L'enciclica del 1901 - essi dicevano - non poteva aver condannato il movimento creato dall'enciclica del 1891. Il papa non aveva vietato l'uso della parola "democrazia cristiana"; dunque non aveva condannato la cosa. Nessun nuovo partito fu fondato, ma tre mesi dopo la pubblicazione dell'enciclica, comin– ciò ad uscire il loro giornale, Il domani d'Italia. Il movimento si diffondeva éon rapidità superiore ad ogni speranza in tutta Italia, grazie anche all'attitudine di resistenza contro i vescovi che i leaders sembravano voler prendere: i giovani amano sempre la fron– da. Il gio,rnale settimanale arrivò a tirare 14 mila copie. Le sezioni demo– cratico-cnst1ane ammontarono in tutta Italia a 300; e intorno a queste sorgevano leghe di resistenza, cooperative, circoli di studio. Nessuna speranza - scrive il leader del movimento - sarebbe parsa oramai troppo audace a quei giovani pieni di fede e di entusiasmo, se avessero potuto strappare al Pontefice il consenso definitivo. 15 Ma via via che il movimento si diffondeva, i democratici cristiani dimenticavano la ragione prima, per cui Leone XIII li aveva allevati in Italia. Vivendo a contatto con le moltitudini rurali e con la gioventu delle università, essi scoprivano che nessuno s'interessava della questione romana, nessuno intendeva mettere in discussione l'unità politica nazionale. Perciò si avvezzavano a non toccar mai questo tasto; e a furia di non toccarlo, se ne scordavano; e quando se ne scordavano, battevano il tasto contrario e proclamavano il loro "pensiero patriottico senza inutili velature. 1116 14 Gli scrittori cattolici rifiutano di ammettere che Leone XIII abbia nel 1901 rinnegato le simpatie da lui manifestate nel precedente decennio al movimento democratico cristiano; ma per sostenere la loro tesi sono costretti a ricorrere ad argomenti e espedienti che non fanno troppo onore né al loro ingegno né alla loro buona fede. Per esempio, mons. F. OLGIATI, La storia del– l'azione cattolica in Italia, cit., p. 268, scrive: "Leone XIII, quando il 18 gennaio 1901 pubblicò la sua enciclica Graves de communi, tenne conto di tutte queste apprensioni [dei cattolici conser– vatori]; e pur accettando solennemente la parola, defini con chiarezza il significato di essa"; ma si guarda bene dal dire che Leone XIII defini la parola in modo da calmare quelle apprensioni. Don E. VERCESI, Il movimento cattolico in Italia, cit., p. 94, riduce tutta la questione a sapere se vi è contrasto tra la Rerum novarum e la Graves de communi. E realmente non c'è contrasto fra le "parole" della Rerum novarum e il "contenuto" della Graves de communi. Ma il punto da discutere non è questo: è se ci fu contrasto fra il movimento democratico cristiano, che la Re– rum novarum incoraggiò, e la Graves de communi, che strangolò quel movimento. 15 R. MuRRI, Dalla democrazia cristiana al partito popolare, cit., pp. 71, 105; F. OLGIATI, La storia dell'azione cattolica in Italia, cit., pp. 268 sgg. • t6 F. OLGIATI, La storia dell'azione cattolica in Italia, cit., pp. 229-32; E. VERCESI, Il mo- vimento cattolico in Italia, cit., pp. 83-84. 143 bllotecaGino Bianco

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