Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Le "combinazioni" fra Stato e Chiesa nerali furono· "accolti festosamente e salutati dalle campane della Basili– ca," e visitarono il santuario "ricevuti dal clero: tutto l'edificio era splen– didamente illuminato. 113 Riuscito bene questo primo assaggio, il re Vittorio Emanuele II, che era a capo della spedizione, capi che poteva anche lui tentare il colpo. Lo accompagnava la sua amante, la bella Rosina. Non avrebbe dovuto essere ammesso nella chiesa per due motivi: perché scomu– nicato come condottiero supremo delle "armi parricide," e perché pubblico peccatore che si faceva accompagnare dalla sua concubina. Invece nessuno gli impedf di entrare nella chiesa e di farci le sue devozioni: Uscendo dalla chiesa miracolosa, con l'animo profondamente commosso, gli occhi ancora accecati dal bagliore dei reliquari e dei tabernacoli, egli vuole offrire cinquanta– mila franchi al vescovo. Il suo aiutante di campo gli sussurra: "Attento, Maestà; egli non accetterà." Il dono viene accettato con gioia, e poco dopo il vescovo pranza alla tavola del Re. 4 Bisognava bene che il povero vescovo si adattasse al male mmore, .per evitare chissà mai quali guai maggiori. Non sempre le cose si accomodavano cosf alla buona. Un problema, che si trascinò per molti anni, fu quello delle nomine dei vescovi. , L' an– nullamento dei vecchi concordati produceva, secondo la legge canonica, il risultato che il papa ritornava ad esercitare incondizionatamente la sua so– vranità sulla "società perfetta." Per conseguenza egli nominava i vescovi senza alcuna intesa preventiva col governo civile, e il nuovo vescovo era, per effetto della consacrazione canonica, investito ipso facto del suo uffi– cio: non doveva domandare nessun exequatur al governo; non doveva nean– che presentare la bolla di nomina all'a~torità civile per essere immesso nel godimento della casa episcopale e delle rendite annesse al suo beneficio; la proprietà di questi beni gli spettava di pieno diritto, e chi avesse posto ostacolo a questo diritto era senz'altro scomunicato. Questa era la dottrina. Ma di fronte alla dottrina astratta c'era un funzionario governativo concre– to, che alla morte di ogni vescovo occupava la casa vescovile e sospende– va il pagamento delle rendite, fino a quando il vescovo nuovo non aves– se ottenuto l'exequatur del governo. Come risolvere il problema di ottenere 'l'exequatur, cioè il palazzo e le rendite vescovili, senza violare la inviola– bile dottrina? Il problema sembrava cosf disperato che Pio IX si appigliò al partito di non procedere alle nomine di nuovi vescovi, via via che ri– manevano vacanti le sedi, nella speranza che le popolazioni, private dei loro pastori religiosi, obbligassero il governo ad arrendersi. Alla fine del 1864 erano vacanti nella penisola 108 sedi vescovili su 274. Ma le popolazioni non se ne interessavano. D'altra parte, nel settembre 1864, Napoleone III si accordò col go– verno italiano per ritirare le truppe francesi da Roma (" Convenzione di 3 A. CoMANDINI, L'Italia nei cento anni del secolo XIX, cit., vol. III, ·p. 1588. 4 M. PALEOWGUE, Cavour, Paris, Plon, 1926., pp. 292-93. 81:hoteca Gino Bianco 129

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=