Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Stato e Chiesa in Italia da Pio IX a Pio Xl Credo che il guardare con grande indifferenza un fenomeno di questo genere [l'immigrazione in Italia dalla Francia delle corporazioni religiose] non sia indizio Gi debolezza [...]. Il principio nostr:o è questo, che lo Stato e la Chiesa sono due parallele che non si debbono incontrare mai. Guai alla Chiesa il giorno che volesse invadere i poteri dello Stato! Saremmo verso di essa severi, come contro ogni altro che quei poteri intendesse usurpare. 8 Venuto a morte nel 1928, dichiarò di voler morire, come era sempre vissuto, nella religione cattolica, e dispose perché gli fossero fatti i funerali religiosi. Anche nei periodi, in cui la lotta fra Stato e Chiesa fu piu aspra in Italia, le classi colte italiane cercarono di non perdere mai il senso della misura. Il papato era una grande istituzione italiana, e andava trattato con quel rispetto che ogni uomo di cultura deve al passato glorioso della pro– pria patria. Non siamo piu pagani, eppure guardiamo con ammirazione al Colosseo e alla Colonna Traiana. Gli operai delle città, quando non sono nettamente irreligiosi, hanno di regola questa mentalità areligiosa, meno naturalmente la raffinatezza che vie– ne dalla cultura. Non sarà mai possibile, per un italiano di questo tipo, com– prendere come mai un uomo di buon senso possa farsi il sangue cattivo per gli affari del papa, mentre può andare a prendere una boccata d'aria o giocare una partita a carte nelle ore di riposo. Il folklore italiano è pieno di novelle grassocce, in cui preti, frati e monache sono oggetto di riso. Nella poesia dialettale italiana, il popolano che parla prende spesso e vo– lentieri come bersagli della sua satira i preti, i cardinali, i papi. I popo– lani di Roma sono i rappresentanti piu caratteristici di questo cattolicismo indifferente e motteggiatore. Essi dicono: "A Roma si fa la fede, altrove ci . d ,, s1 ere e. Io sono debitore ad una signora italiana, dimorante oggi in Boston (Mass.), di un aneddoto, che non ho il coraggio di risparmiare al lettore. Suo padre, un romano, andò in chiesa per far battezzare un neonato. Il parroco gli domandò che nome volesse dare a suo figlio. La risposta fu: "Giordano Bruno." "Giordano Bruno? Impossibile! È il nome di un eretico, di un frate sfratato che fu condannato a morte dal Santo Uffizio!" "Io sono il padre; ho il diritto di dare il nome a mio figlio, e voglio chiamarlo Giordano Bruno. Se non vuoi chiamarlo cos1, me lo porto a casa senza battesimo." Il parroco non poteva lasciare il bambino senza battesimo, e non poteva dargli un nome di quel genere. Ebbe un lampo di genio: "Vediamo un po': cerchiamo di accomodarla. Invece di battezzarlo col nome di Gior– dano Bruno, lo chiamerò Bruno Giordano." "Fa' come vuoi. Tu lo chiami Bruno Giordano qui, e io lo chiamo Giordano Bruno a casa." Ho detto che a questa classe di popolazione indifferente manca la raffinatezza della cultura; ma debbo aggiungere che tremila anni di eredità s Atti parlamentari, Camera dei deputati, Discussioni, Legislatura XXI, 2• sessione, tor– nata del 30 maggio 1904, p. 13.135. [N.d.C.] 116 BibliotecaGino Bianco

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