Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

La lotta fra Stato e Chiesa in Italia Non si può parlare di popolo. La popolazione della città è un agglomerato di clienti tenuti gerarchicamente insieme da una specie di comunismo negli abusi, furti ammini– strativi, sovvenzioni clericali, pensioni, elemosine, dalla carità, dall'usura e dalla simo– nia. La polizia non si preoccupa di prevenire questi mali; quanto alla repressione, essa è praticata in maniera brusca e talvolta violenta, ma tardiva, inopportuna e inter– mittente.1 Gli altri stati fra cui era divisa politicamente la penisola italiana era– no governati da sovrani laici. In essi, le relazioni fra Stato e Chiesa erano definite mediante "concordati," "accordi particolari," "convenzioni," mo– dus vz·vendi, ecc. Questi accordi - ve n'erano ben 22 nel regno di Sar– degna I - facevano del clero una casta privilegiata, anche se non gli ri– conoscevano prerogative cos{ ampie come quelle di cui esso godeva negli "Stati della Chiesa." I beni delle istituzioni religiose erano, in larga misura, esenti dalle imposte; i chierici erano immuni dal servizio militare; godevano del "privilegio del foro," cioè le cause penali e civili in cui fosse impegna– to un chierico dovevano essere trattate non dai tribunali laici ordinari, ma dai tribunali ecclesiastici; il matrimonio era regolato secondo le norme del diritto canonico, e le cause matrimoniali erano riservate ai. tribunali ecclesia– stici; le istituzioni di beneficenza, quando non erano direttamente ammi– nistrate dai vescovi, erano messe sotto la loro sorveglianza; la scuola, la stampa, il teatro erano sotto il controllo dei vescovi, oltre che delle au– torità civili; gli acattolici erano esclusi dai pubblici uffici, non potevano compiere le cerimonie del loro culto fuori di alcuni luoghi determinati, e non potevano fare nessuna propaganda delle loro dottrine religiose; l'aposta– sia, l'eresia, la bestemmia, la diserzione dai sacramenti, la disubbidienza alle discipline con cui la Chiesa cattolica regolava le feste, i digiuni, le fogge del vestire erano considerati anche dalla legge civile come reati, e soggetti a pene pecuniarie o personali. Gli stati governati da sovrani laici, piutto– sto che monarchie, erano diarchie laico-ecclesiastiche. Il solo regime politi– co, che fosse. una monarchia vera e propria, era la teocrazia pontificia che governava gli "Stati della Chiesa." Questo regime andò in rovina dal 1848 in poi. La demolizione comin– ciò nei territori governati dalla casa di Savoia, il cos{ detto regno di Sarde– gna, non appena la forma di governo si mutò da assoluta in costituziona– le. Lo statuto del marzo 1848 proclamò che "la religione cattolica era la sola religione dello stato," lasciando gli altri culti nella condizione di cul– ti "tollerati." Ma il neonato Parlamento non tardò molto ad andare piu in là. La legge del 19 giugno 1848 stabiH che "la differenza di culto non forma eccezione al godimento dei diritti civili e politici ed alla ammissibi– lità alle cariche civili e militari." La "tolleranza" verso le confessioni acat– toliche fu ben presto praticata dalle autorità politiche e giudiziarie come rispetto incondizionato alla libertà di culto, di propaganda e di controver– sia sulle materie di religione. Viceversa l'ordine dei gesuiti, nell'agosto 1848, 1 L. THouvENEL, Le secret de l'Empereur, Paris, Calman Uvy, 1889, vol. Il, p. 24. 89 bi oteca Gino Bianco

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