Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

Stato e Chiesa in Italia da Pio IX a Pio Xl gere dall'anarchia feudale -dell'alto medio evo, la storia della Chiesa cattoli– ca è tutta piena delle cosi dette "lotte fra Stato e Chiesa": i governi de– gli stati locali hanno continuamente cercato di sottomettere il clero e i fe– deli alla loro incondizionata giurisdizione, mentre la Santa Sede e il clero hanno sempre rivendicato la "libertà della Chiesa" contro gli assalti degli stati locali. Le leggi dei governi acattolici o incoerentemente cattolici, quando vio– lano la "libertà della Chiesa," non debbono essere obbedite dai fedeli, se– condo la dottrina cattolica. Ma la ribellione contro le leggi inique può pro– durre mali maggiori delle leggi stesse, spingendo i governi a misure di rappresaglie ancora piu aspre contro "la libertà della Chiesa." Per evitare questi mali maggiori, il papa può tollerare un male minore: cioè può espli– citamente o tacitamente permettere ai cattolici di non ribellarsi contro le leggi che violano la "libertà della Chiesa," e magari accettarle, in attesa che circostanze meno avverse consentano alla Chiesa di rivendicare in pieno il diritto proprio. I limiti della tolleranza pontificia variano grandemente se– condo le resistenze che occorre vincere, cioè secondo la gravità del male maggiore che occorre evitare nei diversi tempi e luoghi. Su un punto solo la Santa Sede non cede mai: i governi, che desiderano ottenere dal papa un consenso esplicito a qualche limitazione della "libertà della Chiesa," debbono ottenere quel consenso mediante un accordo bilaterale, che general– mente prende il nome di "concordato." Accettando questa procedura, es– si riconoscono il principio essenziale che al solo pontefice, come capo del– la Chiesa, spetta l'autorità di fare concessioni di quel genere. Se si rifiu– tano di ammettere quel principio, la Santa Sede rifiuta qualunque transa– zione, e lascia che i fedeli adattino la loro tattica alle circostanze locali, per evitare meglio che possono il male maggiore. Nella prima metà del secolo XIX, il papa era non solamente il capo della Chiesa cattolica in tutto il mondo, ma anche il sovrano di un insie– me di territori nell'Italia centrale, che andavano sotto il nome ufficiale di "Stati della Chiesa." In questi "Stati della Chiesa" il papa era nello stes– so tempo capo della Chiesa e sovrano dello Stato. I sudditi non erano mai minacciati dal pericolo di dover scegliere fra l'obbedienza al diritto cano– nico e l'obbedienza al diritto civile: il diritto canonico era il diritto civi– le. Il papa non aveva nessun bisogno di fare un "concordato" con se stes– so; il clero era la classe dominante e la "libertà della Chiesa" era incon– trastata. Non sembra che gli abitanti laici degli "Stati della Chiesa" fos– sero molto soddisfatti del modo come erano governati. Nel 1831 si rivol– tarono quasi ovunque e fu necessario l'intervento delle truppe austriache per ricondurli all'obbedienza. Nel 1848 il papa dové fuggire da Roma, e fu necessario l'intervento delle truppe francesi per restaurare il suo governo e mantenerlo fino al 1870. Nel 1861 il duca de Gramont, un diplomatico francese amico della Santa Sede, descriveva nel modo seguente la città di Roma, che aveva allora 226.000 abitanti: 88 . Biblioteca Gino Bianco

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