Gaetano Salvemini - Stato e Chiesa in Italia

La questione romana assoluto, come molti ritengono che Egli non potrebbe non fare, essendo il suo un Go– verno assoluto per tradizione, per necessità e, diremo quasi, per definizione? Oppure il Papa tenterebbe di abbinare il suo arcaico Governo assoluto della Chiesa con un nuovissimo Governo parlamentare dello Stato? Ma c'è un solo spirito ragionante, il quale, guardando un po' attorno a quello che è successo dopo la guerra e sta tut– tavia ·succedendo nel mondo in fatto di rivolgimenti sociali e politici, possa seriamente considerare attuabile una di queste due cose: o che un gruppo, esiguo quanto si vuole, di liberi uomini civili, possa piu piegar la cervice ad un Governo assoluto; oppure che un Governo congegnato come sarebbe quello della Curia romana, possa mai concedere ai propri sudditi, magari a poche migliaia o centinaia o diecine di sudditi, quelle libertà e potestà e prerogative che tutti i popoli moderni reclamano? Ve le figurate voi le mansuete e tradizionaliste autorità del nuovissimo Stato della Chiesa, alle prese colla prima o la seconda o magari la terza internazionale, e con tutta l'altra ira di Dio, che ne è venuta fuori? 3 Considerazioni di cos1 evidente buon senso non possono sfuggire nean– che a padre Casacca. Ed ecco che questi ha cura di farci sapere che il papa arriverebbe nelle trattative a condizioni "piu miti ancora" {p. 88 della ter– za edizione). Quali? Lo scrittore evita una risposta esplicita. Ma piu esplicito è Costantinus, l'autore dell'opuscolo La, questione italo-pontifi,cia. Questi riconosce che "cinquanta, cento, mille, centomila sudditi piu o meno ub– bidienti e ossequienti, date le esigenze moderne dei sudditi di ogni Stato, possono essere per la Santa Sede motivo di debolezza politica, anziché di forza" {p. 25); perciò propone che la transazione avvenga "sulle basi del- 1' uti possidetis" {p. 31), visto e considerato che anche una semplice nave, anche un semplice palazzo d'ambasciata possono essere considerati come lembi di territorio sovrano {p. 25). La formula dell'uti possidetis fu definita dal Messaggero del 5 giugno 1921, nel senso che il regno d'Italia dovrebbe "riconoscere al Pontefice l'assoluta potestà sui palazzi apostolt'ci, i quali verrebbero considerati come territorio extranazionale "; inoltre, lo stesso giornale attribu1 alle autorità vaticane la disposizione ad accettare la conciliazione proprio su questa base: "il territorio entro le mura dei Palazzi Apostolici, e non piu." Orbene, sul- 1' Osservatore romano del 19 giugno 1921, il conte Dalla Torre riproduceva la parte piu caratteristica dell'articolo del Messaggero, senza nessuna di quelle proteste indignate, che una volta erano di prammatica per la stampa cleri– cale, e specialmente per l'Osservatore romano, in questo genere di discus– sioni. E nella seduta della Camera del 21 giugno 1921, il deputato nazio– nalista on. Rocco ha potuto affermare che "le pretese della Santa Sede si riducono oramai al riconoscimento della sovranità territoriale sui palazzi pon– tifici": e nessuna smentita o rettifica né ufficiale né ufficiosa è intervenuta a dimostrare che il pensiero della curia vaticana sia essenzialmente diverso da quello che le è stato attribuito in quel discorso parlamentare. Progetti e propositi germanici per risolvere la questione romana, nella "Nuova antologia," 1 maggio 1921, pp. 39-40. 3 La questione romana e l'ora presente, nella "Nuova antologia," 1 giugno 1921, p. 200. 73 BibliotecaGino Bianco

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