Angelo Maria Ricci - Elegie ed epicedi

126 E tal fra il Greco, e l' Astigian di è voce, Che fra il Terrore, e la Pietà si parte, E dall'orecchio al cor va più veloce, Tutto ornando così, che antica è l'Arte Onde vibrò suo stral, nza non' nzai vieto, Fu il vario te1na a cui n1iràr sue carte? Or poìcbè grida in noi Genio secreto, E viva voce ad attestar l'etate, Che fu maestra a noi del viver lieto, Sovra le zolle da quel salcio ombrate Cui coln1a suole amoreggiar la Luna, Che tanto disse all'amoroso Vate; Candido cippo, e senza macchia alcuna Del nuovo stil ch'al tri dirà vetusto, S' erga a rimpetto della selva bruna: Su quello invece di marmoreo busto Sorga un bel Vase, in cui riposi accolto Fra poche .zolle il cenere del Giusto; E vi si vegga in bel rilievo scolto Il Capo amato, e del divino ingegno La favilla immortal gli brilli in volto.' D' i n'di emerga alcun fior che forse pregno Fia degli atonzi cari, od una rosa, O i l fior che porta eli salvezza il segno,

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