Angelo Maria Ricci - Elegie ed epicedi

i01 Fingilo qual parea, se Diva, o Musa ·, O V enere scol pia celeste e pura , O Naiade più bella d' Aretusa. E invan diretro a lui dicea la scura Invidia: il Bello di coteste forme Pecca, forse eccedendo la natura. Prodigioso error! n1a se non dorme In que' marmi la vita e il movimento, Della mano di Dio stette ei sull'orme. Fingilo qual parea, quando lo spento Uom Dio ritrasse alla gran Madre appresso, In cui vive anco il palpito~ , e il lamento; E in questa fe' divino il pianto stesso, E in quel trovò le forme in ciel segnate, E che a morte smentir non fu concesso .••. Così dicea la sposa mia (che vate Non era) a lui, che 1nuto e stupefatto Stavasi con le ciglia ambo inarcate. Ma sia che il cor presago era del fatto, ' Sia modestia, nel dargli il suo lavoro La man ritrosa le tremò sull' atto. Partì l' amico dipintor, che onoro Quant'altri lnai, per lui, che il fece adorno Di sua latlde che vince ogni altro alloro .... O··

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