69 ciazione, e poi non si appropria in alcun modo, come gli imprenditori, i guadagni dell'impresa. E finalmente si osserva che, ove gli operai riescano a trovare un buon direttore, lo trattino abbastanza bene, e gli diano sufficiente autorità; per le naturali tendenze egoistiche dell'uomo, avverrà non cli rado che questi, avendo tutto in sua mano, non si contenti più della modesta posizione che gli è fatta nella associazione, e tenti, con una specie cli ,colpo di Stato, di impadronirsene, esercitandone l'impresa per conto suo, e riducendo i suoi compagni alla condizione di salariati. Così queste associazioni, diceva un loro avversario, il Reybaud, « ben condotte, son destinate a trasformarisi; mal condotte a distruggersi ». Venendo alle difficoltà d'ordine economico, noi ne troviamo un numero molto maggiore: ma forse, prese in complesso, non sono più gravi delle altre. Continuiamo senz'altro la nostra analisi. Una delle difficoltà che per l'addietro vemva posta in prima linea, e come argomento grav11ss11110 contro le nostre associazioni, era quella della formazione del capitale. Cominciando dal Thiers, e venendo giù a molti e molti altri, gli economisti si dilettarono a dipinger gli operai come una specie cli selvaggi, tipi di imprevidenza, incapaci di pensare al domani, inetti a qualsiasi sagrificio in vista dell'avvenire. Si soggiungeva poi che, anche volendolo, essi potevano risparmiare ben poco, e che a loro era ad ogni modo impossibile l'accomulare capitali sufficienti all'esercizio di imprese abbastanza vaste. Que6t'ultima osservazione fu dimostrata vera nella maggior parte dei casi dalla esperienza, ma le prime no; e davanti agli sforzi fatti dagli operai ed ai capitali relativamente ingenti da loro accumulati a furia di privazioni, gli economisti si dovettero arrendere, e la difficoltà della formazione del capitale, pure restando affermata come esistente per molti, ed in molte condizioni, e più di tutto per la
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