Volontà - anno XVII - n.3 - marzo 1964

tutto negativa: dobbiamo rovesciare l'esortazione di Epicuro, esortare cioè gli uomini a vivere nella comunità, ma naturalmente in una comunità che ci consenta di essere felici, in cui gli uo– mini siano lutti uguali nella loro di– gnità. Anche Socrate aveva chiuso nel– l'individuo il rapporto sapere-virtù-fe– licità. Egli ha ragione quando afferma che la felicità è il risultato dell'impe– gno che l'uomo mette nel suo vivere, e che egli deve sapere che cosa deve fare per essere felice. Così è certamen– te chiarito che il male è già di per sè una scelta infelicitante, che non ci può essere mai conflitto fra il mio bene e quello degli altri, dato che il male non è altro che l'ignoranza di questa iden– tità, identità fra il mio bene e il bene degli altri. Ma non è chiarito l'aspet– to più importante della felicità, e cioè quello politico. Invero gli stoici mette– ranno in evidenza il valore politico del– la felicità, ma finiranno con il far di– pendei-e la felicità umana dalle stesse strutture politiche· della società, sia pure teorizzando uno stato universale. Anzi con lo stoicismo riaffiora, nella linea Socrate-Platone-Aristotele, la mo– rale del sacrificio, già dichiarata per– niciosa ai fini dell'umana felicità e con– tro cui giustamente si era battuto lo stesso Epicuro. E' ormai ora di concludere, senza al– lrc divagazioni che potrebbero sembra– re pedantesche, che solo nell'autono– mia individuale può consistere la feli– cità, ma a condizione che autonomia non significhi isolamento. 11 vivere iso– lali e il vivere subordinati sono i due modi possibili per essere infelici. La felicità come autonomia poggia natu– ralmente sulla libertà dal bisogno (il diritto al lavoro che non affatica e che consente di soddisfare i nostri natu• rali bisogni) t! sulla salute. Questa se– conda è una condizione naturale, la prima è una condizione politica. La sa– lute è la condizione primaria, voglio dire la più importante, anche se la più esterna: seppure è arbitrario dire che la felicità si possa identificàre con la salulc, non si può sottovalutare la sua importanza. La libertà dal bisogno è la condizione più interna alla stessa felicità, pcrchè essa consente «l'uso della ragione» e quindi di tutte le con– dizioni che dispongono alla felicità. Importante è l'intelligenza, il guslo, la sensibilità, la prestanza, l'avvenenza, la versatilità, la ricchezza, il potere, il li– gnaggio. Naturalmente il disporre di questi mezzi non significa essere felici, a parte il fatto che alcuni di essi sono già di per sè negativi, e importanti per i pregiudizii sociali e non in sè stessi. Dicevamo già prima, la felicità è at– tingibile solo dall'individuo, e con una valutazione tutla individuale, ma non può attuarsi fuori della politicità. Ciò significa che la felicità non si ottiene strumcnlalizzando gli altri al nostro piacere, ma solo mettendoci a contat– to con gli altri, su un piano di incon– tro e quindi di recipr~o rispetto, di autonomia. Èd ecco la terza condizione della fe– licità, dopo la salute e la libertà dal bisogno, l'associazione volontaria. Sì fondamentale la salute che ci consen– te di godere dei beni che la vita ci offre; fondamentale la libertà dal bi– sogno che ci permelte di aspirare alla felicità, con il superamento di ogni ab– brutimento che è nella fatica, su un piano di consapevolezza e di cultura: ma importante infine l'inserimento vo– lontario e libero nella comunità in cui 169

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