La Voce - anno I - n. 8 - 4 febbraio 1909

OCE Esce Ofni giovedì in Firenze,' via dei Robbia, 42 .!I- Diretta da GIUSEPPE PREZZOLINI ~ Abbonamento per il Regno, T renio, Trieste, Canton Ticino, L 5,00. Un numero ceni. IO. Anno I .;I, N.• 8 I- 4 Febbraio 1909. SOMMARIO: Per l'Università di Rari, g-. pr. - I laureali al bivio, BF.i-.t..:oi-:TTO CKOCR - Modcrolsmo e Socallsmo, Ro~101.o .i\lURKI t:: G. L. - Nel glornallsmo torinese, Cm•Pt-:Rlil.l.O Le Urtivenild popolari e la col/uro. Guwo ~Irosi - Paul Dupit,: 11 Jnw Cln-ùloj>l,t• ,. G1ANNOTTO B.a\~TI.\Z--El.l.l - Il lfuseo di Napoli, LA Voc,~ - Supplica, A. S. - /Jomamla. curiosa, A. S. - Co,rlro il aHbalo t'rde– siaslico - 8/bliograflc. Per l'Università di Bari. la retorica e /,1 menr.ogua, cos} spesso si,ii– slrt protettrici di q11elloe/te il ceto 11./Jiciale decide tJ firma ptr I' ilalica coltura, ebbero urlo co11veg11O ,ul/n sala dovi: 51 radunarono i supcrslili professori della Universi/ii di Messi11a 1 per 9m'v,· dare il sale del battesimo a quel mo· slric,~1/10/0 di Mdti,11 del giorno, clu, avrebbe forse fallo credere fl partcchi d'esser vi/nit:, se già prima tiella sua nasu'la il nostro Sa/– vemini 110111eavesse, Ùt 1111a coraggiost1 lei/era, welafo l'tiJ/11110marciume. Non v'd cosa meu,> pratica, mmo a/fa(Ca/a a/In rc.1/là di quel volo j uou c'i /u110/11,11011 e'; propr:ni" <Ile uun urli con la hl!fica, <011 il buon sww, con la i,,ten· \ione di ris,mare una buona voi/a l' /folia Di tulle le obùp011i, nessuna è considerala, di tulle le diffi,ollò, ness,111,1 è pesala. Ma solo si cerca di 11/udrri::co11fr,,si di speranta il campa11ili's1110 dei mcssinrsi iu cir) che ha ,li pih illegiltimo e di più 1:ano: con frasi clit vog/1011 mm.,r pu il unso, dando soddisfa,io,,e di sole parolr. « Il qur.slo si rit•olln la mifl coscientn di gal,mluomo e di meridionale ,. -– /Ja del/o il S,1lr.:emti1i. J:: noi clte non siamo mcridio11afi lo tlià(lmo t:QII lui. Rifare l' Um– vusitù a Me.~sina, quando si è co11vi11li orma, che essa em 11oiivt1ancorn prima che l,1 ,·ili.i fosse dislrulla, porla nolr,·ou1bolnrio delle per- som Olltllc uua delermina{ione che qui t1Q11 giova indicare td è sulla bocca di c/11i111que l gge q,uslo mio scritto, inspimlo solfaulo da giu– sli{ia e dn rngioue. L'unica ouoret'ole so/11pime per questi professori era quella di portare I' U– niversità a Bari: che ebbe per ciù dola\iOm di Gioacltino Mnra/, che (' la ~eco-11da rillà dtl Me{{ogiomo, che potrebh6 divwlare, oggi c/11• la Turdu'a si ri,mova e le genti slave vn11110 in cerca di 111111 cultura, un grande unlro di ir• rndin{ione dello spirdo ilnlia110. Noi ci rivol– gi'amo ancht a quei s,'gnori ilali'aui e /11rcl11~ che, auspice !'011. l.uuatli, hanno formalo 1111 comi• fatn •""'. J,,. ,vl.,-i:v .. : :.•-I., ..,.1 .. ., ......... , ., .J •... ••- • ., loro che nessuna migliore occas1011epotrebherq trovare per scender.: dal cielo d,:1/e iutm·,Joni alla /t:rro dei falli, che doma11da11do il lrt1sferi- 111en/O delle facollà di !.-/essiun n Bari. Noi lo diciamo a giornali eh,: ha11110 un 111oggiorecou– lntlo con le classi d,ri'genli, come il Marzocco: scemlnuo in cn111poper questa causa. Qui si tra/la dr/I' JtnliO, signori, e vorresl.: l,1scù,rvi sf11ggire qr,rsla oc;asionc di moslrnre il vostro a11i1110 ben ,hsfollo verso il vosfrq p(ltse, sol- 1011/0perchè la proposla è pari ila dn questo fo– tfiq rhe 11n11 pote/i: soffrire? Jlnimo, via! O obbnmlo11.1/end.liritiura folle !t· ,a11seqmslc e giuste, perc/11; noi qua dentro siamo derisi ti/ dnr,·i, per quel tau/o o poco che valiamo, /111/i quauli ad esse. g. pr. I LAUREATI AL BIVIO Scuola o giornalismo? Ecco il bivio innanzi al quale sembra si trovino, ai giorni nostri, i giovani italiani, che esco– no dal\' CniversiLà laureati in lettere e filosofia. 'E. molti, troppi di essi vediamo presceglicrc la seconda via e correre a ingrossare le file elci giornalismo, fa. cendo seguire, senza intervallo, all'eru• dita tesi di 1.rnrea gli articoli lucci– canti sul Giappone e sul Marocco, o sulla psicologia della signora Cifaricllo e di Madama Steinhcil, ::\'aturalmente, non pario di coloro che si risolvono per l'una o per l'altra via, tratti da naturale e irresistibile voca– zione. Chi ha anima di educatore e mae– stro. fa bellissimo a darsi ali' insegna– mento; chi ha passione e intelligenza per la vita pratica e politica, fa benis– simo a darsi al giornalismo, ad aggre– garsi a u11partito, a promovcre con la parola e con la penna gJ' indirizzi che stima salutari, ad appoggiare o combat– tere uomini e istituzioni. E non parlo neppure di coloro che non hanno vocazione nessuna, o, me– glio, hanno la vocazione di procacciarsi la sussistenza col primo mestiere che venga loro inna111i, e, tutt'al più, aspi– rano alla funzione sociale (è funzione anche codesta) di vivere, cli far numero nella popolazione, di mantenere e accre– scere tale numero prendendo moglie e procreando figliuoli. Sar/t una disgrazia, così per la scuola come pcl giornali– smo, che i mestieranti vi si c;1ccino dentro; ma è disgrazia comune a Lutte le professioni, e irrimediabile. r1 rime– dio, anzi, se potesse attuarsi, sarebbe peggiore ùel male, perchè darebbe luo· go a una classe di spost~ti, minaccianti la sociela nel suo complesso. Lasciare che Ja danneggino, qua e là, in detta– glio, è prctium e1,1.ptac paci.r. Ma parlo di quei giovani, che non appartengono nè al primo nè a I secondo gruppo. Non al primo, pcrchè non hanno voca,:;ione vera e propria nè per la scuola nè pel giornalismo. Non al secondo, per– chè non sono privi d' interessi ideali, o mostrano amore e buone disposizioni pel culto della scienza e dcli' arle. Se essi potessero sottrarsi al dilemma, se ne sot– trarrebbero volentieri. :Ma debbono prov– vedere in qualche modo alle basi eco– nomiche della loro esistenza per acqui– star q11ella calma, quell'otiu.m, che arte e ~cicnza richiedono ; e la produzione letteraria matura tardi, e, .anche quando matura cd è accompagnata da buona for– tuna, di rado basta a fornire i mezzi del la pili modesta vita materiale. Le corti e i mecenati, che facevano vivere un tempo gli Ariosto e i Tasso, non vi sono più ; e non vi sono piit bcneficii ecclesiastici e prnhcndc. Ed eccoli per– ciò al bivio: Scuola o giornalismo? La scuola li attira con la sicurciza delJa carriera; ma li respinge coi magri guada• gni, con la dura ncces::.ità dt'lla residenza in p~cselli di provincia, con gli orarii inflessibili, con l'oscurità cui si è condan· nati per anni e anni. 11 giornalismo li respinge bensì con la natura instabile e sempre pericolante dcli' impiego; ma pili fortemente li attira coi pronLi e spesso larghi guadagni, con la vita nelle grandi città, con la relativa libertà nel– l'uso del la propria giornata, con la no– torietà che accompag11a già i primi passi. Per questa ragione, i laureati in lettere e filosofia si vedono passare, ora, in così gran nu,nero, dalle aule universitarie alle redazioni dei giornali. Kc conosco ormai tanti, che hanno compiuto questo passaggio, e ho rice– vuto tante confidenze, e ho dato tanti consigli privati (1.1uasisempre senza frut– to; altrimenti, san~hbero consigli?). che posso permettermi di generalizzare il Bibloteca Gino Bianco caso, descrivendolo come ho fatto ; e generalizzare il consiglio, non foss'altro per ribadire, in forma esortatoria, l'a• natisi del caso. Quando non si può cor– reggere un male, si deve sforzarsi d'ac• t:uistarne esatta cognizione. Anzitutto, il dilemma travaglioso po– L:ebbe essere formolato con ')ualche r.iaggiore larghezza; pcrchè, oltre la scuola, altre professioni, adaLte a uo– mini contemplativi, sono offerte p. c. da biblioteche musei e archivi, e perfino da alcuni rami di amministrazione pii\ lon- ....u1 Un.6t: "«.-!! .. 1: ~ .. J.,,._.,. M,:r, ci:., rh,... s'includano tutte queste altre profes– sioni nella parola e scuola », scelt._"\ a rappresentante anche di esse, sia che si escludano dal la considerazione perchè di poco peso nel la presente questione. clico che, a quei giovani, bisog·na incul• care risolutamente: Scuola, scuola! - e non mai : Giornalismo. Il giornalismo. coltivato per mestiere, distrae le menti degli aspiranti scienziati e artisti i le disabitua dalla considera– zione attenta o scrupolosa della verità; rafforza in clii vi è disposto. e svolge in chi non vi sarebbe disposto, la ten– denza all'unilateralità, alla imprecisione e al sofisma (nella scienza) e alla ricerca dell'effetto e del successo {nell'arte); costringe all'improvvisazione e, perciò, ph'.t o meno, al ciarlatanesimo. Nella vita pratica. impedisce la formazione di quelle quali1à di ordine e di lavoro regolare e continuo, indispensabili all'artista non meno che allo scienziato. Dopo qualche anno di esercizio giornalistico. i giovani diventano, di solito, incapaci cli stu• dio penoso e prolungato, e p6rdono l'a– more per la diligenza e I' esattezza. Infine, i I contatto troppo diretto con gl' interessi degli uomini c con la lotta de11a vita attutisce la virti1 contempla– tiva e riflossiva, per Ja quale è necessa– rio il distacco e una qualche distanza, dal l'oggetto della contemplazione e ri• flessione. La scuola, invece, per quelle stesse condizioni di fatto, che sembrano le sue miserie, opera all' inverso. Sembra se– questrare un uomo dalla vita, e dà di questa il desiderio, e, col desiderio, l'in– tuizione e l'intelligenza. Sembra morti– ficare le forze spirituali creatrici ; e, con gli ostacoli che pone. le ravviva. Sem– bra asservire i giovani 1 privandoli della I ibertà ; ma accresce l'amore per 1 a li– bertà e ne garantisce il possesso, crean– done la disciplina. Fa stentare; e gl' in• gegni verl si temperano tra gli stenti. ~Ianticnc l'animo raccolto; e sviluppa la tendenza ad arricchire il mondo in– teriore (che è quello dello scienziato e artista), in compenso del mondo esterio– re, cui si è dovuta fare rinunzia. Dalla vita d'insegnante si traggono, dunque, non pochi vantagg·i pel culto severo 1lell'arlc e della scienza; da quella ili giornalista, nessuno. Il che potrebbe essere confermalo dai nomi, che ven– gono in mente a tutti, dei poeti. lette– rati e studiosi, che la scuola ha dato ali' Italia negli ultimi cinquant'anni; nomi, ai quali non so quanti se ne po· Lrebbcro contrapporre, forniti dal la cate– goria dei letterati-giornalisti. Si dirà che il partito, qui sostenuto, se giova alla formazione dei poeti e scienziati, danneggia poi l'istituto stesso della scuola, che verrebbe a essere affi– dato a uomini i quali, piuttosto che ser– virlo, se ne servirebbero; e se ne ser– virebbero, per giunta, come di una me– dicina amara. Ma le scuole sono molte e hanno d'uopo di molti e molti insegnanti: quelli, che vi si dedicano esclusivamente per vocazione irrefrenabile e disposizione piena, sono scarsi; onde è necessario ri– correre anche atl altri, meno disposti e meno perfetti. Se vi si accolgono, come si è detto, perfino i mestieranti, non si vede per quale ragione dovrebhero es- tifici. Del rcsLo, costoro sono di maggiore nocumento n Ila vita sociale nel giorna– lis1110, anzicllè nella scuola. Qui essi potranno mostrarsi, talora, non dotati di tutta l'attitudine pedagogica che sarebbe necessaria (benchè !'onest'uomo conosca e ritrovi molti mezzi per sopperire alle dr.ficienti attitudini naturali, quando si tratta di compiere il proprio dovere); ma, pure tra i loro difetti, esercitano buona efficacia con la cultura larga e l'ingegno vivace, e destano simpatia e amore negli scolari. Kel giornalismo. invece, operano da corruttori, sotto spe– cie di nobilitarlo mercè la letteratura. Ai profughi delle facoltà cli lettere e filosofia si deve, tra l'altro, l'invenzione di un nuovo genere letterario, intro– dotto da alcuni anni in qua nei gior· nali : l'articolo impressionistico o para– dossale, il quale sostiluisce la seria in– formazione e discussione delle cose, o, quando non la sostituisce, l'accompagna con un\/faiz-ionc di pensiero e d'arte, che non so a chi possa piacere. Agli uomini <li buon senso, no di certo; agli spiriti fini, neppure, pcrchè si accorgono dello sforzo e scoprono presto l' artifizio. I I giornalismo progredisce e si nobilita per opera dei giornalisti-nati; non già dei letterati mancati. Benedetto Croce. Modernismo e Socialismo. L'articolo del prof. Minocchi qui esci/o « La Crisi del Clero • (n. 5) l,n so/lc.1a/o, o/Ire le solitr grida del/1 Osserv:itorc Romano e di allri giornali clericali, anche pnrecchie d,Scuss,Oni in meuo ni callolici più avnntnti, riel/e quali s0110 espressione le /et/ere di /(qmolo Murri e di 1111 modernista rispeahùmle, ci pare,~ il pensiero del Rinnovamento. AcCQg/iemlolt c()n la ri– sposta del prof 1'.fù,occl,i cht uscirà nel pros– simo ,nanero, dobbiamo dicliinrare, prr chi 11011 se uc fosse accorto, che In Voce 11011 è per questo una rivisln 111Qderni'sln o ca/lolica I ma sollaNIO 1111a rivisln libera, dO'Ct uomini di vnric fedi e di diversi partili e di pmsiero opposto, posso110 trovarsi in onesln discussione, sm\a dover 11111/a lactre, 11111/allerarr. li mio amico e collega Salvatore Minocchi scrive, nella Voce del 14 corrente: « Lo scopo vero del modernismo non è 1 infatti, una riforma della Chiesa cattolica 1 utopia irrcalir.• zabilc cd impossibile; ma uno sforzo per ri– solvere tulli gli elcmcnli vivi del presente cattolicismo nel generale progresso della so• cietà umnna. E perciò 1 se il programma mi– nimo, a dir cosl, dei moderni protestanii e cattolici, è lo scioglimento delle chiese se-

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