La Voce - anno I - n. 6 - 21 gennaio 1909

22 LA VOCE son sll non hanno molta paura e non tengon molto conto di quel che diciamo, ma la nostra parte non è meno impor– tante nrlla vita nazionale cii quella dei rivoluzionari politici. li nostro ufficio, scelto volontariamente e senza compensi avuti o sperati, è brullo e noioso per gli altri, triste e faticoso per noi. Siamo costretti a star soli come rospi per non aver amicizie seduttrici e compromettenti - a urlar come lupi per farci sentire - a sembrar rossi cli rab– bia e gialli d'invidia. Eppure non è vero. Io vorrei poter provare che la nostra anima è anche c.:ipacc di amore l'.' d'entusiasmo - che noi cerchiamo il bene e il meglio con buona coscienza -- che noi ci lamen– tiamo e gridiamo percht'.• crediamo che questo sia il nostro dovere in un paese in cui tanti hanno paura di parlare a viso apeno. \'orrei che vedesLe in noi il do– lorC' di aver messo in ridicolo vecchi che hanno lavoralo tutla la viLa e che hanno fauo, accanto al male e alle scioc– chezze, anche i I bene ; i I rimorso di aver trauato accrbamcmc e canagliesca– me11tc studiosi serii che non avevano al– Lro torto che cli voler fare soltanto il loro mesticr(' e quello facevan bene. Ma anche voialtri. santo Iddio, cosa avete fauo per riconoscere la nostra buona volontà, il nostro amore per la cultura, per lo spirito, per la nostra ma– dre comu11f" Italia? Cosa avete fatto? Ricordatc\·cnc. Voi siete andati a dire nei vostri salotti. nelle vostre scuole, ne' vostri giornali. che siamo dei rom– picolli, dr-i dilettanti, degli scioccherelli, degli i~nonuni, degli uomini indispettiti dallr- bocci~1ture o dalla mancanza di po– sti c di guadagni. Ricordate\·cne, padri e maestri nostri. Quando abbiamo cer– cato di mettere in pericolo la monarchia filosofica di .Roberto Ardigò uno de' suoi discepoli :rndò spargendo la voce che noi eravamo pagati dai Gesuiti; quando abbiamo sbeffC'gg-iato la ciarlataneria del Prof. I.ombroso ci hanno proposto di en– trare in una ca~a di pazzi ; quando ab– biamo espostc-, sia pure con violenze ed esagerazioni, le piaghe puzzolenti della cultura italiana, uno dc' maestri pili ono– rati d' lt.tli,, scrisse chc- era\·amo dei « rai{azz~1cci insolenti >. Xon più tardi di ieri, perchl• abbiamo detto il fatto nostro a l·go Ojctti, s' i.· affermato che noi siamo g-c>losi della sua popolarità mondana. e in questi stessi giorni un filosofo dcli' h,tituLo di Firenze ha stam– pato nella sua rivista che non siamo al• tro che ragani girovaganti pei marcia– piedi della cultura. H.. agazzi ! Sia pure. ila coi ragazzi e specialmente coi ragazzi pazzi si son faue ùi gr,rn cose nel mondo ; fra le altre q•1esta ltalia una e indipendente che vi paga a un tanto il mese perchè incoraggiate i giovani a pensare e a studiare e non perchè li mortificate e deprimete in iscuola e li insultate fuori. Xon tutte I<"sciocchezze e le ciucaggini pro\·engono dia.ll 'ctà gio,·ane. Ehi. oh fi– losofi! o Il( n toccherebbe almeno a voi altri a r.iq -ionarc e a non condannare con una JMrola che di per sè non è una condanna nt una lode? ,.\la lasciamo da parte queste miserie personali, che ho rammentato per forza, per nostra scusa e per nostra vergogna. Xoi abbiamo sbagliato molte volte. Ab– biamo esagrrato. ~on abbiamo avuto nè taLto, nè gcntilczza,ni'.• pazienza. Avremmo dovuto pensare che l'auacco repentino e bestiale era piil fauo per eccitare il di– spello che per favorire il ravvedimento. Abbiamo mancato più volte di quella ge– nerosit~ì. naturale che non dovrebbe man– car mai nelle anime ben fatte. Ora ci ravvediamo e ingenuamente e sincera– mente lo veniamo a dire. Lo veniamo ., dire a voialtri, maggiori nostri, che potreste rsserc stati babbi e maestri di tutti noi. Xci vogliamo che le cose della cultura vadano m<·glio, che lo spirito sia più rispettato. ~\nche voialtri, anche quelli fra voi più infrolliti dalla mon– danit.i, piil risecchiti clall"erudizione, più sciupati dai fa\·oritismi, dovete a\·ere in fondo all'anima questa nostra stessa fe. de, giacchi• a\'etc scelto liberamente una auivitù dello spirito e di questa d vctc come ani ma e come corpo. A noi sembra che non facciate sempre il vo– stro dovere, che non operiale quanto sarebbe in vostro pote-re per migliorare l'anima e la culLUra del nostro paese e che inVl'CC siate vinti spesso o dalla infingardia o dalla vanità o dall' inte– resse o da alLrc cose che non han pro– prio nulla che fare collo spirito di cui siete, \'olore o no, ministri. Queste cose ci addolorano perchè ci premono. Xci promettiamo di pariar– vene con tutto il rispetto e la cab!'ft che sar.i possibile. iia anche voi dovre– ste pensare seriamente s'è da uomini onesti seguitare a rispondere colla ca– lunnia, col silenzio sdegnoso, col ghi– gno dispettoso. col sorrisino compassio– nevole o ccli' ing-iuria dogmatica. Pensate che noi 11011 veniamo a chie– dervi nè soldi, nè C:lttcdrc, n& seggi ac– cademici, nè prebende, nè favori. ~oi parliamo in nomo di qualcosa eh' è più grande cli noi e di voi, e che voi do– vreste servire e rispettare pii1 di noi. Xon stiamo, dunque, tutto il tempo a bisticciare, a strepitare, a sorridere, a guard~trci in cagnesco. ~oi \'eniamo \·er– so eh ,·oi. ~on ci rrspingete. Per quanto non usciamo d,tllt.• vostre scuole, dc:11le vostre sai", dai vostri giornali qualcosa sappiamo e possiamo pur farn. lo pro– clamo di crt.•d('re chr anche in fondo al più spreq-cvolc fra voi c' l· un uomo na– scosto e un'anima impiastricciata ma non mort<t. Seg-uitcretc a ritenerci gatti ar– rabbiati e rognosi ? Spero di no. Xella vita di ogni uomo viene un'ora in cui si sente spinto a scrivere il suo Conio dd/'Amor&. Que– st'ora l• arrivata ancho per noi. Dob– biamo perder Luua la vita a strillare e a mordere? lo non mc la sento. Da qui innanzi l~,,-orercmo cli più e brontoleremo meno. ita se neppur questo gio\·asse sa– rebbe segno eh' i: proprio da matti bron– tolare anche sotto,·occ, e quel giorno qualcosa di bello morirebbe - e non soltanto nell'anima nostra Giovanni Papini. Terzi asterischi accademici. concorsi servono :rnche n stibrnre, a stan– care un concorrente che non gode la simpatia dei commissari o di un commissario pili po– tente. Allor,1 Il concorrente viene !usingato con delle relazioni, piene di lodi generiche per il suo ingegno, per la sua straordinaria penetrazione scientific:1.Però la cattedra non gli viene data pcrchè c, è sempre un altro concorrente migliore di lui, più idoneo, forse meno geniale ma piu maturo. )loltissimi sono stati stancati, ~fibrati co!-I, a furia di bagni caldi. i\on !-.'.lrebbcromigliori le relazior.i .. doccia fredda? Il corifeo che confeziona una di codeste relazioni a bagno caldo fa dentro d: sè que'itO ra~ionamen10 metì... tofolico: e ti prendo in giro, non te ne accorgi, piccolo gonzo? Sta buono, spera, bvo1:i 1 fabbrica dei titoli c 11e piacciano a me; ... scommetto che tu sarai cosi citrullo d.1limpi111.are il tuo nuovo titolo di lodi per me che non istimi, per me che odi, per mc <.:heora e con che gusto ti suono! Poi un bel giorno, 11 furia d'attendere, dopo dieci concorsi falliti, e :1 furia di per– vertire la tua :mivil,\ scientilica. a furia di darmi re11a 1 li S\'eglierai st:inco, sfiduciato, e se a,•ra1 :mcora tJtralche velleit.ì \'irile e mi scaravcnterJi contro qualche insolenza io, che ti ho sempre lodato, potrò bene, con l'usata serenit~, con quella oggcttivi1i di giudizio che costituisce il mio orgoglio, potrò bene osser– vare che questo modo di procedere non è a,:ci1Ja111~1J ». Bibloteca Gino Bianco . .. Il professore, futuro commissario, che \·uole far riuscire un o;uo pupillo gli dice di fab– bricare un nuovo lito/o. Il concorrente ubbi– disce i però si guarda bene dal metterlo in circolazione. Cosi la relazione s.1rà il primo giudizio formulato sul nuovo lavoro. I con– correnti non potranno strepitare prima di aver comprato e letto il lavoro magnificato dalla relazione, che probabilmente neppure i com– missari hanno avuto tempo di leggere. Cosi passa del tempo e il colpo è sicuro. Ci sono dei concorrenti che, pubblicati dei titoli per uso e consumo esclusi\'O dei commis-.ari, ne mandano cinque copie al concorso e poi le ritirano e non mettono il libro in circoJ3zione. Non sarebbe meglio che i titoli, im·ece che ai commiss.iri, ,lot·tu,ro ec.:c.ere inviati ai con– correnti? In un caffc di Roma, durnnte un con~orso, hanno imprO\'\ isato un hoola11,1lur, con rela– ti\'e puntate. E hanno fatto bene: loookmaker vuol dire egualmente bene: tenitore di scom– messee abborracciatore di libri: quindi quello era un bookmalur per hookm,durs. . . . Spe-.so i ,iecchi professori ce l' hanno coi giovani, che afft:rmano In necessità di un nuo\'O orientamento di studi perchè i gio\ 1 ani hanno l'tirdire di e rompere i loro , hi:.hls > ; il che in linguaggio accademico \'UOIe.lireob– bligare a rimaneggiare lezioni stereotipale da moltissimi anni. Per que:,tO è pruJente n,1n scegliere temi già trnllati da commissari : e do\·e la scienza ha dc:tta l'ultima parola non ficcare il dito I » Bisogna pur riconoscere che il rinno\'are la propria coltura è uno dei pii1 grandi sforzi che si po!isano esigere da un nomo. . .. C'è dell'oro mone1ato che torna in circola zione dopo essere stato per millenni sepolto. Ci sono delle c:1ttedre che sianno fuori <li circolazione per uu 1empo indefinito. I.e ge– nerazioni si succedono e si avvicendano senza stiorarle. Sono cattedre c.epohe. La probal,ilità Ji far carrier:1 in una ma– teri,1 dipende inf.uti dal s.,per scegliere il mo– mento buono. Tah·oh:t cresce la mortalità dei cultori di una da1ad1sc1plin3; si fanno \'a· canti più cauc<lre. Per que,.to è bene aver sempre qualche tito,o pronto d'una materia cosidetta afline. I vuoti si colm1no rapida– mente con ciò che il mercato ~cientifico offre. I bes1ioncelli \"anno a posto (per merili patriottici .. Diventano prima strnordinari. Poi diventano ordinari, poi commic.sari, e allora sono tutti d'accordo nel non volere secca– tori. L:1 situ:11.ione s1 prolunga indefinita– mente se è vero quest':1ltro :1forisma accade– mico: « le bestie sono immortali >. Questo stilo di fotto può suggerire un'al– tra considerazione, diciamo cosi, economistica. È nota la legge di Gresham : ~ la moneta cattiv:i caccia 13 buona dal mercato; perchè la monela buona viene tesoresgia1.1 i mentre le monele deterior:ite nel titolo I im:rngono in circolazione >. 11 Pantaleoni dice che questo fenomeno e singolare in quanto è I' in– \erso di quello che .&\ 1 \·iene per altre merci: le migliori scacciano del mercato le peggiori »; si puo osc.:ervare:non ~mpre. Dopo che ho preso moglie mi sono accorto che la legge di Gresham vale non solo pc:r le mo1~etema :anche per le sen·e. Il mercato rigurgita di serve cattive perchè chi ha una serva non dico buona ma p:issabile se la tiene. Dunque le serve cattive cacciano le buone dal mercato. Queste sono occupate; quelle no. Ecco, i professori non ..uno come le scn·e. Emanuele Sella. LA LE66ENDA FR NCESCANA La leggenda francec.:canaha avuto più vite, nè, dopo tante incarnazioni è ~iunta, sembra, a toccare il fondo ~icologico del Santo di Assisi, ed a mostrarlo quale veramente fu, sullo sfonJo del c;uotempo 1 nt~lla sua azione, nei suoi fini e nelle c;uesperanze. Nacque la leg- genJa al 1e11lposte,-.o Ji S. Fr:mce'ico, come nasce accanto ad ogni uomo che emerga ec– ceziGnalmenle sul corso <lei rnonJo: la leg· genda rappresenta allor,1 l'1111po1enza del con· temporaneo a guarJnre l'uomo straordinario sub spui"e ,1tlo11i/,,tù~ a tì,Cjarlo con l'occhio dello storico, e la 1-u.1te11dt111a nfrangerlo ne~le figurar.ioni nobili eJ ingenue della fantasia. Cosl la le&gendJ cli S. France,;co si trova già nei Fiorelli, nelle V11edi S. Tommaso dn Ce– lano, nella «Legendn tri11111 sociornm» nello «Speculum pcrfectionis~ e in tutti gli altri documenti che ci rest,1110 a testimonianza di quel moto primitivo. Poi si svolse net di– pinti dei pittori dell'Umbria; prima in Gioito, poi in Gentile da F.1briano, nell"Angelico e nel Perugino, per noq citare che i maggiori: e mantenne intatto il suo spirito. Dagli scrit1i della prima e1à fr.1ncescana 1 e dall'atle de, pit– tori umbri S. Francesco c1appare sempre in al- 1eggiamenu J'mgcnu., btHllJ 1 Ji e:.t.1tka Jol– cez.za e di uni\"er:,aJc amore. È soprattutto il fraticello, 111namo1atodi Dio e delle sue sue creature che noi troviamo impresso nello spirito dei suoi con1empor:rnci e se dovessi– mo credere :tlle loro na1razioni ed alle loro rappresentazioni, la vitn del S:rnto d'Assisi non sarebbe stata che una lunga es1:1si d'amore, ed una grandiosa :mticip:11ionedi beatitudine . Il movimento dei Fr.tticelli, so1to i11 con– tinuazione d1 quello di S. hance~co e gli scrillori profetici e apoc:1lit1ici,che hanno il loro tipo in J,1copone da Todi, rnppresentano l'impressione che il fonJa1ore dell'or<line pro– dusse su d1 una minoranza dei suoi seguaci. Per quesri il problema Jella d1,1spirituale si fa urgente eJ incomben1e: esso scaccia dallo spirito ind1\'iduJle ogni altra pn.:occupJZione che non sia quella Jell,1 ~alute eterna: e San Francesco app.ue della eterna salvena il di– vino araldo su questa terra 1 il I i~\'egliJtore degli uomini che, mentre si abbandona\"ano sempre più alle violenze ed alle passioni, ap– parivano dimentichi del giuc.li1.iodi Dio che pesa, ad ogni istante, su ogni vita. Dopo il mille, che rtvcva ridonato al tempo la lonta– nanza dei suoi orizzonti, Giov:1cchino da Fiore intonò nuovamente la minaccia apocalittica, e la sua \·oce trovò seguito anche nel campo francescano. Fra gli uni e gli altri, S. Francesco con– sacrato dalla Chiec..1di Roma, e se~uilo quale maestro da uomini di spirito che, direttamente o indirettamente, c;pesc.ohanno connessioni o corrispondenze con moti ereticali, ci :appare ambiguo nella sua semplicità - e l'occhio dello storico non sa appagarsi nella dolcezza dei pittori umbri che ce lo rappresentano in aspetto di beato, come non può credere a1 profeti del finimondo che ricoprono del suo nome i loro \'aticinio eJ i loro anatemi con– tro la socie1à del tempo. ,\la certo, la mino– ranza apocalittica che si afl'erniò nel moto religioso nato da S. Francesco sta ad affermarci l'esistenza nel suo spirito d1 un elemento che sfoggi ai suoi primi e\·ang-elisti ed ai pochi della prima ora. Era compito clell.1storia mettere in luce questo lato oscuro del ~rande Sant", per rap– presentarlo poi in una immagine completa. 1\"è noi pos-.1ai110atlerm.u nulla circa I' im– portanz.a rdatt\"a di qu~·slo l,110 - che può chiamarsi • morale > ed « apostolico > - di S. Fr.111ct:sco 1 di fronte ; lt'ahro che può in\·ece ec.serdello e poelico » o • dionisiaco •· Tahoha le prime 1mp1essioni che la storia registra intorno ad un 1ndidJuo sono quelle che pili ci illuminano sulla sua vera perso– nalit~, taholta ill\·ece <1ues1apersonalità non è sentita dai conlemporanei se non in piccola parte, se non alla c.nperlìciei ed allora le prime impressioni h:111110 scarso valore di fronte a quelle pi\! tarde, che dapprima ci si presentano come le imprec.,;ioni di una mi– noranza. Spetta allo ,;torico di farne b critica, e di stabilire la vera figura che appartiene alla storia. Ora la storia che ,;j rn scri\"endo e.li S:tn Francesco da \:enti anni a ques1a p3rte non ci sembra che si decida ad uscire dalla leg– genda - nello spirito, s' intende, e non nelle forme. Poichè le forme dei libri di storia francescana, sono llUelle comuete della cri– tica, cieli' erudizione e della narr.tzione docu– mentata - ma que,;,te forme, occorre dirlo,

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