L'Unità - anno I - n.48 - 9 novembre 1912

nei sistemi dei premi e dei compensi, diffi– •cilmente se ne può uscire (storia- vecchia I). ·Così accadde, e, per soprassello, con varietà dannosa di crit eri e di legislazione, anche allo Stato italiano. La relativa abbondanza e Ìa sempre maggiore bont:l tecnica del n~vi– glio, che cosi era venuto a formarsi, e in– 'Sieme la concorrenza delle flotte estere (il mare è per sè stesso il teatro ampio della libertà e il più adatto atla concorrenza), che cominciavano a trovarsi meno occupate a causa della diminuzione avvenuta nella emi– grazione da alcuni paesi nordici, portarono ad un fatto di grande momento per le no– :stre ricerche, al ribasso dei noli, massime per il trasporto transoceanico degli emigran– ti: Non importa che coalizioni e convenzioni fra le società di navigazione ne frenassero più tardi la discesa. Ciò che importa è il -fatto che navi estere e navi nazionali abban– donarono e fecero a gara per procurarsi gli -emigranti proprio nel periodo critico di svi– luppo dell'emigrazione, quando app~nto tali circostanze potevano spiegare più vivamente la loro efficacia. Veniamo al lerz.o punto. Poichè per il nuovo protezionismo i prodotti sacrificati furono gli agrari, di cui l' estero restrinse la -domanda, i danni maggiori caddero sul Mez– zoggiorno. Abbassarono i prezzi del vino, <lell'otio, delle frutta, del bestiame. La esclu– sione del vino dal mefcato francese produsse ·distruzioni di capitali e crisi acuta, massima– mente nelle Puglie, che avevano nella viticol• tura investito i loro migliori risparmi, sacri– ficando altre colture· e roinpendone l'armo– nia, sedotte dallo scopo specifico di diventare le ben pagate fornitrici della Francia, rovi– nata dalla fillossera. Connesso per vincolo -causale con questi effetti è il rincaro di molti manufatti di cui il Mezzogiorno era tributario ma.ssimamente del Nord, divenuto ora padrone, o quasi, del mercato. Con pro– dotti agrari deprezzati si pagavano manufatti rincarati. La protezione dei cereali giova ai proprietari, specialmente grossi. I contadini oon ne sono, io generale, favoriti, anii ne re• .stano colpiti. Quelli che consumano il gran 1 0 1 da essi medesimi prodotto, non possono risen– tirsi dei prezzi del mercato. Q1tlli che lo deb– booo comperare lo debbono pagare di più. Della mitezza doganale sul granturco il meridionale non si avvantaggia, poichè il g~anturco non costituisce se non una parte minima dei suoi -consumi. Protezionismo ed emigrazione rurale. Fissandoci ben e sui fenomeni ora esaminati e integrandoli con tutto il resto che precede - si tratta, invero, dello svolgimento con• 1inuativo delle medesime tendenze per quanto con forme varie, - ecco, in brevi proposi– zioni che cosa vediamo operarsi per rispetto .alla popolazione lavoratrice, alla popolazione cioè virtualmente emigrante: a) Crescendo l'attività produttrice del Nord nel campo industriale e anche nel -campo agricolo, la classe lavoratrice trova crescente impiego di braccia e, conseguente · mente, rimunerazione più elevata. b) Si sviluppa e trasforma la marina mercantile italiana. Essa e le flotte estere si -volgono al trasporto degli emigranti transo• -ceanici. I noli si riducono, e si intensificano, -da parte delle compagnie, le arti dei richia- ·mi e della propaganda. Il fatto è da ricolle– garsi alla viabilità di terra, che lo Stato ha ,grandemente accresciuta anche nel Mezzo• .giorno. e) I contadini del Mezzogiorno, nei quali -consiste la grande maggioranza di quella po– polazion e lavoratrice, sono le vittime mag– .giori di tutte le vicende economiche che .hanno travagl_i:at? la regione : essè ne sono .incise. Si coordino fra loro questi fenomeni, e si vedrà uscirne fuori un risultamento sintetico. i.a vit!i it3liana, collegata ·con quella interna– .zioriale, ha preparalo l'emigrazione. I conta• <lini l' han_~o-..eseguita. Ecco quello che os– :serveremo con i debitL particolari. Francesco Coletti. L'UNITÀ ITALI.A E FRANCIA U.1amico, ché l'icgue i, co·n attenz ione non con– vinta" - com 'egli scrive - ciò che l'Unità va pubbli cando sul problema delle alleanze, si è specialmente impenn ato inmtòzi all'ufferm nzione da noi fotta nel penultimo numer o dell'Unità (n. 46), che non è logico sost enere la necess ità del rinnov.rn1ento della Triplice con la ipotesi di una fatale ostil ità della Francia contro l'Ita– lia, laddove questa ostilità sarà eventualmente l'effdto e non dev'essere già il motivo dell'azio– ne nostra. 11 Niente ostilità della Francia, dunque? - ci scrive il nostro :unico. - E la concc::ntrazione t.!ella flotta franc~se nel Mediterraneo? E l'at• tt:ggu~mento di PvincGré ncgl'mcidenti del Car– lhage e dd Manouba? E 11 rit.trd o nel ricono– :scuuento della sovranità? n Sono domande, a cui è per noi doverosa ùna risposta. La flotta franceae net Med'.iterraneo. La Francia, si dice, pretende l'e sclusivo do– minio del Mediterraneo, a scapito di tutte le nazioni concorrenti, e primam ente a nostro dan – no. E certo vi sono in Francia dei giornalisti ed anche degli ammiragli ed ex-ministri, che blaterano di un Mediterraneo, futuro II lago francese "• e derivano i loro titoli di possesso dai tempi di Luigi X[V. Ma. non abbiamo an• che noi in Italia in abbondanza i giornalisti e i parlam entari. che vaneggiano col mar e 110• slmm, e a proposito di ogni più modesto sforzo della nostra flotta o del nostro esercito sognano . i confini dell' Impero Romano? IL concentramento navale francese nel Medi– terraneo dipende inleramenl.: dall'accordo con l'Inghilterra : la Francia da sola non potrà mai · mantenere nel Mediterraneo una flotta capace di assicurarsi l'assoluto dominio del mare con• tro chiunque e contro qu-ilunquc coalizione di forze. E finchè l'Inghilterra terrà Gibilterra e il Canale di Suez, il Mediterraneo sarà piuttosto un lago inglese che un lago francese, anche se l'Inghilterra non vi avrà nessuna nave e se af– fiderà alla Francia sola la polizia delle vie me• diterranee. I provvedimenti marittimi francesi non ser– vono ad una mira particolare della Francia nel Mediterraneo, ma dipendono dalle necessità mi– litari dell'accordo anti-germanico dell'cnlenle, e si classificano anch'essi in subordine al con– flitto mondiale anglo-germanico. Sotto questo punto di vista, la concentrazion e navale francese nel Mediterraneo si può considerare - e infatti <la alcuni giornali tedeschi è stata considerata - piuttosto che come il sintomo di una assurda pretesa al dominio assoluto del mar e contro chiunque, come la prova che la Francia si è messa, nel Mediterraneo, al servizio dell' Inghil– terra. Se l'Italia aderisse .tll'accordo anglo-francese, è evidente che buona parte della flotta francese abbandonerebbe il Mediterraneo per andare a far massa nel Nord cor, la flotta in~lese contro la flotta germanica i e alla flotta italiana, suss idiata da minori aiuti inglesi e france-si, tocci1erebbe la funzione di chiudere e vincere la flotta au– striaca nell'Adriatico; e la flotta italiana s! tro• verr.bbe cosi ad essere, sia da so!a sia in com• pagnia degli alleati, la più forte Il 1tta del Me• diterraneo. Diventerebb e per questo il Mediter• raneo mart nostrum? Ne saremmo noi gli as• soluti dominatori? Cred ere ciò, sarebbe una il– lusione infantile, analoga a quella di quei gdZ• zettieri d'oltralpe, che parlano oggi di " lago franc ese n. Il Mediterraneo sarebbe nostro, solo in quanto noi fa.:::essimoparte di un sistema di– plomatico, il quale colle forze nostre o con altre forze se ne assicurerebbe il dominio. In questa ipotesi, il Mediterraneo sarebbe un lago inJiscuti– bilmente anglo-fr.anco-italiano, anche se una sola delle potenz e cointeressate vi tenesse la flotta. Invece il rinnovam ento della Triplice Alleanza creer ebbe nel Mediterraneo un dualismo for– midabile fra le forze che vorr ebbe ro farne un lago anglo-francese, e le forze che vorr ebbero farne un lago italo-austro-ted esco. In r..essuno dei casi sarebbe possibil e che un solo Stato ripetesse seriamente il sup erbo possessivo dei Romani. Senza dubbio, nel dividersi i compiti marit – timi, l'Inghilterra e la Franc ia hanno coordinato il proiramma naval e· di Ciascuna ai più spe- V ciali interessi che ciascuna ha nei singoli mari. E come l'Inghilterra ha concentrata la massim a ·parte della sua flotta nel Nord, contro la Ger~ mania, anzitutto a dife sa prop:-ia, e poi e per con~eguenza a difesa degli interessi della Fran– cia; cosi la Francia nel Mediterraneo, mentre assicura la via al commercio inglese, si propone sopratutto di garentir e, contro chiunque, la tran. quìlli:à delle propri e coste e la libertà dei rap– porti cvi domini nord-africani. Ma, anche sotto quest'u ltimo particolare asp etto, la raunata delle flotte frances i nel Medit erraneo obbed isce al fatto fondamentale del complessivo orientamen– to della politica internazional e europea. Ed C di fronte a questo fatto - cioè al dua– lismo anglo-tedesco - che occorre mettersi per osse rvare la retta disciplina dalla discussione. Isolare la politica francese dalla politica inglese, e ridurre tutta la politica mondiale a una bizza infantile fra i gazzettieri del " lago francese ,, e i gazzettie ri ,iel II mare nostrum n, può far comodo a chi ama intorbidar le acque per pc• scarvi con maggiore facilità, ma non è discutere il problema delle alleanze con la serietà necessaria. La retta comprensione del problema delle al– leanze, invece, soffre fra noi non solo della ma- , Jafede e dei secondi fini di alcuni fra i più auto– revoli argomentatori del nostro giornalismo quo– tidiano, non solo della ignoranza e della inesatta valutazion e dei dati positivi da parte di molti di– lettanti cli politica estera, ma anche, e princi– palmente , della indisciplina e della inf11ntilità logica che devia e travolge il giudizio dei più. Certam ente, la concentrazione della flotta fran• cese rappresenta un pericolo per l'Italia, se la Italia rinnova la Triplic e A!leanza; come ogni nave, che è varata nei cantieri austriaci, rap• presenta una minaccia per noi, nella ipotesi che l'Italia aderisca alla Intesa anglo-francese; come ogni nave nostra :rappresenta una minaccia per quello fra i due gruppi di potenze, di cui ci di– chiareremo avversari, e rappres enterà un aiuto per quello a Cuiaderiremo; come la flotta di quel paese, di cui saremo alleati, rappresenterà per noi un appoggio e uun una minaccia. Tutto dipende dal sist ema diplomatico, per cui l'Italia si de– ciderà. L'antagonismo militare fra l'Italia e la Francia, o fra l'Italia e l'Austria, non deve essere la premessa della nostra azione: sarà la const• g,, ~n•a del sisttma diplomatico da noi prescelto in vista dei fini politici, che noi proporr emo alla nostr.i r--oliticaestera. Sconfinare nella discus– sione del probl ema delle alleanze da queste basi, significa avere le idee confuse, o voler confon– derle arli altri. Il probl ema che 1 1 Italia deve risolvere, non è quello di sapere chi si deve metter e il pennac~ chio più alto e più rumorosament e vantare di fare nel Mediterraneo il bel tempo e la tem– pt·sta : bensì, dato il dissidio anglo-tedesco, data !'.adesione della Francia alla politica inglese, data l'adesione dell'Austria alla Germania, qual.e in:eresse abbia l'Italia, cioè quali vantaggi possa aspettarsi e quali d:mni debb .1 temere, dall' ,i<lerire alla politica mondiale inglese o alla politica mondiale germanica. E la soluzione del problema dipende da quella dei fii1i, che la nostra politica es tera si deve proporre. Per chè, non ci stancheremo mai di ripet erlo, un'alleanza non ~ che il mtzz o diplo– matico con cui uno Stato procura di raggiun• gere uno o più determinati fini (garenzia del terr itor iQ nazional e, nuove e.>pansioni territo– riali, tut ela o sviluppo di interessi commercia– li, ecc.), e le armi terr estri e marittime sono l'app orto, la dote, che ciascuno Stato contraente s'impegna a pcrtar e nell'all eanza per assicurar e ' ad essa la prevalenza contro le ftrz :::avv ersarie. 11 puk:olo Polocaré, E veniamo ai peccati di pensieri, di parole, di opere e di omission i del Signor Poincaré. Riguard o al ritardo del riconoscimento, ci ba– sterebbe osse rv,1re che dop o la notizia dell'ul– teriore accordo franco-italiato per la reciproca garenzia dei possedimenti nord-~fricani, quel ritardo C risultato evidentemente pr ivo di ogni intenzione ostile. E quanto al contegno del Go– verno francese a proposito dei noti episodi del Manouba e del Carlhage, e sovrattutto alle frasi adopera te alla Camera francese dal Poincaré, per' quanto non ci sia dubbio che questi abbia J9l commesso un gravi ssimo errore, potremmo li– mitarci a ricordare - ciò che nessuna persona di buona fede potr ebbe disconoscere - che la Francia nell'inverno passato usciva dalla crisi e dall'umiliaz ione gravissima del dissidio ma– rocéhino con la Germani a, per cui il primo mi– nist ero, ricostituit osi dopo lo sfacelo dei mini– steri precedenti, aveva una limitatissima libertà d'azione di fronte al primo incidente di politica estera, che fosse sopravvenut o. Disgraziatam ente il primo incidente capitato-· proprio il primo! - fu l'incidente con l'Italia. Inoltre valutare il contegno quasi prepotente assunto dal Poincaré per reclamare la restituzione dei famosi turchi arrestati sul Carllmge e condotti a Cagliari, biso• gna tener conto del fermento che la nostra guer– ra libica aveva suscitato tra i musulmani della Tun :sia e dcli' Algeria e dell'ass oluta necessità, in cui si trovava la Francia di mantenere una relativa tranqulllità e intatto il suo credito presso i suoi sudditi musulmani. Il che non sa– rebbe certamente avvenuto, se fra quelle ·popo– lazioni s! fosse potuto cred ere che la Francia fa– vorisse in alcun modo le operaziorai di guerra italiane o subiss e senza protesta l'atto com– messo dagli italiani contro i turchi posti sotto la salvaguardia della bandiera francese. Nè la reazione violenta manifest ata dal Signor Poncairé in quella occasione ci è stata di dan– no : ci è stata, anzi, utilissima a dissipare la nostra infantile esaltazione francomane della fine dell'anno passato, culminata nelle indeco– rosissime frenesi e per Jéan Carrère; e dovreb– be averci aiutato a trovare quello stato di cal– ma spregiadicata , che è, in questo genere di problemi, la condizione prima per non fare troppi sbagli. Per altro, noi sentiremmo di non essere del tutto sinceri, se limitassimo a queste semplici considerazioni le nostre risposte. La verità in– let'a è che gl' incidenti, di cui parliamo, devono essere considerati sopratutto come indici rive• latori di una ostilità, di una freddeua, di una gelosia, assai diffuse in Francia contro di noi. Troppi francesi ignorano del tutto le presenti condizioni economiche, politich e e morali deJ,, l'It alia. S'immaginano che l'Italia d'oggi sia sempre quella degli d,asupols e di Mentaoa,, Anche quando non sono accaniti òdiatori del• l' Italia per sentiment o clericale, anche quando il loro anticlericalismo li dispone a una certa be– nevolenza per quello Stato ch e ha abolito il do– minio temporale della Chiesa, molti fra essi por– tano sempre, in fondo al pen siero, l'idea che dopo tutto, la Francia stava meglio quando non esisteva l'Italia, e, di fronte a queslo organismo che si sviluppa, non sanno abbandonare i vecchi rimpianti, ma nello stesso tempo riconoscono che occorre tener conto di noi, ma vorrebbero tenerne conto soltanto a modo loro, e si secca– no se noi ci permettiamo di fare un poco anche a modo nostro, e sono con l'Italia come Ca– tullo era con Lesbia: Ntc ftcum vivere possum ,uc sine le, e lavorano da mezzo secolo con una leggerezza e insiem e con una tenacia degna di miglior causa a far~ contemporaneam ente il malt- cieli' Italia e della Francia e il vantaggio della Germania. Ed è assai probabil e che il Sig. Poincaré, sia in Francia precisam ente uno dei tanti. È questa una situazion e di fatto, che sarebbe da parte aostra errore dissimulare a noi stessi, ma di fronte alla quale è necessario che il no– stro paese sappia mant enere tut~a la sua calma, e non faccia come quell'iras cibile uomo, che per far dispetto alla moglie imitò Orig ene. Il Sig. Poin caré, con le sue incomprensioni e con le sue gajfrs, passerà: ma gl' impegni che noi potremmo assumere in qualche momento di ir– ritazione per i suoi colpi di testa, resterebbero e durerebbero per molti anni . Francia e Italia - su questo punto non ci st ancheremo mai <li insistere - non possono agir e ciascuna di testa propria, secondo le biz• ze e le stravaganze dell'una o dell'altra. La Francin è legata ali' Inghilterra e alla Russia . E quel che il Sig. Poincaré non arriva ad af– ferrare colla propria <.·apacità, gli sarà proba– bilmente al moment o opportuno fatto entrare nella testa dai Governi alleati del suo paese, che sembrano meglio preparati a comprend ere gl' int.:'ressi reali della Triplice Intesa. La no• stra dipl omazia può condurre la Francia ad una valutaz ione più ·esatta della attuale situa– zione int ernazionale, attrav ers o le nostr e buone relazioni con la Russia e con ,l'Inghilterra.

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