L'Unità - anno I - n.5 - 13 gennaio 1912

problemi dell& ;.vita italiana. ,., j . •i' ~~ - Si pubblica il Sabato in Firenze - Direttore GAETANO SALVEMINI - Direzione e Amministrazione I Borgo Ognissanti, 40 - Abbonamento annuo ordinario Lire 5 per il Reene e per i paesi italiani dell'Austria e della Svizzera; per l'estero Lire 7,5-0- Abbonamento sostenitore Lire 20 annue - Un numero Centesimi IO - Conto corrente con la posta. '!, Anno I - N, 5 - :,13 Gennaio 1912. ; . SO)t~IA RIO: Colonia e Madre Patria. L' UXJT,\, - La quiatione morale di una Colonia Italiana. i\t, Q"1i,,MATo. - ·.Jl giardino dei Miaaionarl. - La posta dell' "Unità", /11/01·110 alla &risi degl ' /11se.v1anli, E!'-IRICO CARRAR,\ , - Frammenti della vita italiana, / 111wviro11sitli pr,1vi11ciali scola.slici.,.,.;a ,Sjg1101·foa Ait1-Znra, g. c. • . . . .• : ~--·-· .... . ColQAia.-e-. ·Madre- P , ·r~illç~ ~.n•~ tture del Nord possono facil• atria :m,..~lè,"* vfa,ri 1,e. nascenti manifatture del • ..,.. 1 ._ ~ 1 r1'!' tJia tti - 'e 5-11pio pralico - in _questi uJ- Il prof. Giovanni Carano- Donvito, ci invia quest'articolo, assai interessante e per le con• siderazioni che contiene e per quelle a cui può dare occasione. Sin dai primi dell'ottobre p. p. noi, rompendo l'incanto del quasi generale entusiasmo per la nuova impresa coloniale, credemmo di dover gittare il grido di allarme contro i danni, che alla economia delle provincie meridionali d' Jta. lia ·veniva minacciato dall'annessione delle terre nord-africane. • Gli effetti della conquista tripolitana - seri- • vevamo - saranno disastrosi sulle condizioni e del Mezzogiorno e della sua agricoltura in e ispecie. Quando avremo finito di cantare il • peana delle nuove gesta e cominceremo a • provvedere alla messa in valore delle terre • conquistate, emigreranno verso i lidi libii quei e capitali che ognor s'invocano e si aspettano e per sollevare la strema ta agrico ltura meridio- . • nale. e Mentre queste nostre terre soggiacciono e soc– c combono sotto la fatale legge economica dei e tosti cresu"li e della trodullivild decresce1,le, • le terre in gran parte vergini della -nuova CO· e Ionia, sotto la potenza della tecnica moderna, • _.__ _ -U di molto inferiori al e nostri, iniziando contro i nostri prodotti una e concorrenza che noi non potremo in alcun modo e sostenere. E molte delle nostre terre rimar– e nnno, di conseguenza, abbandonate incolti- • vate, se noi non manterremo alte, anche con• • tro i prodotti della nostra colonia, le protet• -i tri~i barriere doganali. ..... Le nuove colonie rappresentano sempre • il paradiso dei popoli industriali ed il purga• e torio o I' inferno addirittura dei popoli agri• 1 • coltori. Ora il popolo della nostra Italia è e ,metà manifatturiero {Nord) e metà agricoltore e (Sud ) : gl' Italia ni del Nord quindi godranno , il paraJiso, perché nella nuova colonia trove– c ranno un mercat o adattissimo per trarne ma• e terie prime a bassi prezzi per le loro industrie e e per smerciare i loro prodotti industriali ; gli e Italiani del Sud, invece, cioè gli agricoltori, • vi tro vera nno I' inferno per la concorrenza che e urà fatta ài loro prodotti del suolo. • L'Alta Italia, che ha esuberanza di capitali e mobili, li troverà a collocare a buone condi• e zioni nelle non sfru ttat e terre tripoline, men• • tre noi meridionali, che ne abb iamo bisogno, • ce li vedremo sfuggire, o li dovremo pagare e a pili caro preuo. e Ed il basso costo della mano d'opera araba e aggraverà ancora più le nostre condizioni nella e concorrenza coi prodott i coloniali . E quando « poi anche gli ultimi pochi contadini validi, e risparmiatici dalla emigrazione americana, si e saranno d~cisi ad abbandonare queste povere e nostre terre per le pingui oasi nordafricane, a « noi non rimarrà che grattar ci l'epa e canta re e alla luna i bei versi della • Canzone d'o ltre• e mar e • de l divino Gabr iele : DiHti, DIHai • il Sianor ~ostro Oieoa i, Di• o'alti e il San Sepolcro l Questi i brani più salienti dell 'articolo da noi pubblicato tre mesi or sono. E questo punto di vista, queste osservazioni han ricevuto l'approva• zione dei più competenti. Tra gli altri il prof. Emanuele Sella, il valoroso economista dell 'U ni• versità di Perugia, ci scriveva: e Ricevo il suo scritto sulla Tripolitania. Ella • ha p,erfellam e11te ragione. Bisognerebbe fare in « modo - almeno ! - che la terra restasse in « mano di famiglie di coloni merid ionali e che , « non fosse accaparrata da pochi gran di specu • • latori del Nord. Agiti la c1uistione ! Bisogna •• moltiplicare gli scritti su questo argomento ... ». F. noi siamo convinti appunto di far opera sa- 11ame11le patriottica, insistendo su questi uostri concetti, anche prima che cess i il tripudio, il parossismo patriottardo . In vero, ora che la conquista della Tripolitania può ritenersi già un (atto quasi comp iuto, del _ nostro Mezzogiorno può dirsi come di quel tale che non s'era accorto che andava camminando, ed era morto! ... Sì proprio cosi, in qua nto noi siamo belli e imbottigliati, per adoperare una espressione guerresca di moda, tra il Nord d 1 J. talia a la Tripolit ania: siamo caduti, cioè, tra l'incudine ed il mart ello. Noi, non siamo aprioristic amente dei prote – zionisti , e molto meno degli accaniti protezioni• sti; ma da osservat ori e studiosi imparziali, equa• nin1i della realtà delle cose, non possiamo non ritenere che le r.uove condizioni, che risulteranno dall'annessione tripolitana all'attuale equilibrio dell'economia nazional e, meritano la maggiore 'considerazione del legislatore. L' Italia nostra, disgraziatamente, 11011 è un paese a sviluppo, a progresso uniforme. Tra te condizioni economiche d~I Nord e quelle del Sud, numero si e stridenti sono i contrasti ; e questo diverso stato fra le due parti della ·na• zione complica assai gravemente il nostro odierno problema coloniale e quindi il vecchio, diremmo quast etemo, p,obl em.- nlffldionale. 11 Meizogiorno infatti rimane sempre un paese e• minentementeagricolo,per quanto si noti, qua e là, un lento risveglio industriale. Col nuovo stato dico– !ie,mentre ci rin1anesempre cosldifficile progredire industri almente per la concorrenza vigorosa e fa. ciJmente trionfatrice, chelegiàs,·iluppat e industrie dell'Alta Italia muovono alle nascenti e quindi deboli industrie mer idionali e per l'esodo altre• si verso la nuova colonia di capitali, d 'iniziative, d'energie in genere, - ci riuscirà d'altra parte non meno difficile di progredire nell'esercizio dell'a– gricoltura, e per il rinca ro dei capitali e della mano d'opera, e più ancora per la vivace, ener• gica concorren za che ni nostri prodotti del suOlo sarà presto fatta dalla coltivazione dei nuovi ter• reni conqui stati. Non è forse eloque nte e sufficiente, in materia, l'e sempio, a noi più vicino e recent e, della Francia, nei rapporti con la Tunisia e l'Algeria? Eppure la Francia , se non altro, dispon eva di una esuberanza di capitali mobili, che pil'I po– teva sospingerla e consigliarle la nuova colo. nizzazione !... Se lo sviluppo d'Italia fosse uniforme, se tutta l'Italia avesse superata, almeno nella mass ima parte delle sue provincie, la fase agrico• la e avesse raggiuuta pil'I o meno completamente la fa.re industn 'a/e, il problema colonia le si presentrebbe ora a noi MSSaipiù semplice e facile. La madrepatri a indust riale, col più libero e vantaggioso accordo con le sue colonie man– der ebbe manufatti nei paesi coloniali dediti al• I' agricohura 1 per ritirarne in cambio prodotti della terra: materi e prime e materie alimentari . Invece, tenute presenti le disfor~1i condizioni di sviluppo tra il ='lord ed il Sud, sorge tra que– ste due granrJi parti della madrepatria uno stri• dente, imman cabile contrasto d' intere ssi riguar– do alla colonizzazione esterna ,Il Nord 1 industriale 1 si trO\·a gi.\ in un' a!-sai comoda posizione di fronte al Sud , anche per <1uanto riguarda il pro– blema coloniale. Difronte al Sud, in quanto questo gli è servito finora di assai comod o mercato per impor gli, sott o la ,·alida egida della protezione doga nale, i suoi manufatt i a prezii fuori concor – renza - e per ritirarne materie prin1e e prodotti alimentari . Nè il ='lordha da temere lo sviluppo industriale del Sud ; poichè ora tale s,·iluppo dovrebbe de– terminarsi in lottn con la industrializzazione già comp iuta ùel ~ord, lotta nella quale le adulte e V LJ timi ann i non si i! potuto altrimenti promuovere la indu strializzazione della città di Napoli , se non protegg endola , con favori eccezionali, con– tro la concorrenza del Nord. In altri termini è la identi ca i;ituazione in cui si trova l'Ungheria, ancora agraria, di fronte all'Austria già indu – strializzata. Ed ora, per I' Italia, l'anne ssione della Tripo– litania, mentre favorisce ancora pili <1uestavan• taggic sa posizione del ~ord rispetto al Sud, di tanto aggrava e peggiora le condizioni econo– miche del Sud. Inve ro, la conquis ta africana da una parte allarga notevolment e il mercato di smercio delle manifatture del Nord ; e questo ampliamento di mercato, portando un aumento nella domanda di manufatti, causerà un maggior prezzo di questi, a tutto vantaggio del Nord e a tutto danno del Sud, che pagherà di più il consumo dei prodotti industriali. D'altra parte, la stessa conquis ta africana allaria il mercato e qujndi aumenta la off~rta di prodott i agricoli: e perciò il Nord, che venderà a più caro prezzo i suoi manufatti , comprerà a pili basso prezzo le materie prime ed i prodotti alimentari del suolo, a tutto danno del nostro Mezzogiorno. Anche perchè , come già dicemmo, mentre le nuove terre tripo litane. superficia lmente sfrut– tate , quasi vergini, potranno produrre, con una buonaorganiu.uione tecnico -amministrativa delle aziende agricole, a costi tucresce11ti, - le vecchie ; sauste terre del MeuoÌiorno non potranno sot– trarsi al fatale, crudele imperio della legge dell a prod111/Wilddec-resctnle. Ecco quindi dimostrato come le ncstre pro– vincie meridionali, tra il Nord d' Italia i,ut,,– stria le e la nuova Colonia ag-ricola, verranno a trovarsi com" tra l' incudine ed il martello! E vi rimarremo fino a quando non saremo dive• outi anche noi un popolo indus triale . produttore di manufatti . Ma è possibile trasformars i dall'oggi aJ do– mani , da popolo agricoltore in popolo manifat• turiero? No certamente: occor re educazione, preparaz ione, spirito alacre d'iniziativa, e sopra– tutto occorrono capitali, tutte cose che non s'im• provvisano , llli\ sono frutto di lenta evoluzione. Riconosciamo pure la neces~ità] politico-mi– litare dell ' impresa tripolina, ammettiamo al• tresi che in un futuro pili o meno prossimo essa possa divenire un bene per tutti, alti e bassi italiani·i ma oggi come oggi noi dobbiamo pur– troppo, ap))Cnafiniti i primi entusiasmi, guardare in faccia alla rude realtà i e guardarla in faccia non certame11te con musulmaua tran quillità, Ji. mitandoci solo a salmodiare col nostro poeta : • Die n'aiti, Die n'ait i ! • Chi ci salverà dunqu e dai fieri colpi, che frat– tanto ci verran■o dati' Alto e dal Bass o della nuova Grande Patr ia ? Vorrà salvarci In sapienza del legislatOre? Forse.- Ci salverà la sapienza nostra? Fors'a n– che que sta. Ma certo più ancora bisogna aver fiducia in quell'immancab ile benefico sorge re di misterio se forze econo miche, in <Juella vis ,11edicatri.1: 11alurae I in quelle armonie economi– che, le quali pur esistono, che pur si 'tmovo110 e che non furono solo una fisima o una dolce illu- 1 sione Jella gran mente del Bastiat ! Da ciò non vogliamo certamente concludere che, in attesa dell' a\'ve nto di queste benefiche forze, lr-gistatori e pri\'ati clebb1ino rinchiud ersi, ripetiam o, in una musulmana neghittosità di fronte ai nuovi prob lemi economic i, che si affac– ciano ali' orizzonte italico i11 segui to alla con• quista tripolitan a. La !-alute, si sa, non è mai dei popoli apati, neghittosi , indolen ti i e tutti , particolarme nte noi meridionali abbiamo il dovere di preoccuparcene, di prevedere, di studiare, di prov,·edere in tempo. J mali prevenuti e curati in tempo sono sempre meno gra\'i e dolorosi e più facilmente sanahi li. E poichè, evidentem ente , studi di tal natura, così vasti e complessi, nOn possono rimanere : UJUC"ameuieaffidati ,Ila limita ta i~ia tJ.va fl • · privati è nece ssàrio· che i t! essi soccorra l 1 in– tervento dello Stato. il qua le coi più forti mezzi di cui dispoAe e mettendosi da un pun- to di vista supe riore agi' interessi parziali d regioni e di classi, può affidare ad una bene scelta Commis sione di competenti lo studio del problema che noi qui abbiamo prospel• tato: dello armonico, equo contemperamento de • gl' intere ssi del Nord con quelli del Sud, degli industriali e degli agricoltori, di fronte al nuovo stato di cose derivante dall'annessione tripolina. Solo cosi potrà farsi opera veramente , alta• mente patriottica, e si potr à provvedere al pro• gresso di una pili grande Patria. G. CARANO-l>ONVITO, Preoccupazioni analoghea quelle, che sooo manifestate qui dal nostro amico, haoo o ispirato alcune parti dell'articolo pubblicato dall'ono– revole Cappelli In/ orno a/Pordinammlo eco– nomico della nostra co/011ia di Tripoli su la . Nuova Anlologill del ·1 dicembre 1911, L' oo. Cappelli, partendo dalla ipotesi che « fra non molt i anni gli italiani stabiliti io Tripolitania e in Cirenaica ammonteranno ad alcuni milioni > 1 e che subito « aperta che sia la colonia, diecine, fone centinaia di mi• gliaia di contadini vi accorreraooo per colti– vare la terra per conto proprio o altrui ~, osserva che essi, com'è naturale, incominceranno a fare le coltivazioni alle quali son abituati : vigna, agru • meto, innesto dei tanti oliveti selvatici esistenti, ecc.; sicchè dopo pochi anni una quant ità in– gente di vino, di agrum i, di olio si produrrebbe; e poichè il consumo di questi prodotti non è possibile che cresca nella colonia in ptoporzione della produzione , noi forzatamente, se non aves– simo difesa daziaria recii:,roca, andremmo incontro ad una terribile crisi agraria, la qua l~, col pre• cipitare dei preni, rovinerebbe i nostri e i col– tivato ri della colonia. Cioè occorre stabilire in Italia dei dazi, i quali impediscano ai prodotti agricoli tripo– lini di invadere l'Italia e determinare uoa nuova crisi nell'agr ico ltura italiana ; e occorre stabilire nella colonia altri dazi 1 che impedì • scaoo ai prodotti della madre patria di in· vadere . la colonia, e di rendervi impossibili le trasformazioni agrari e . Barr iere protezioniste, dunque, da tutte le parti : contro di noi, a favore di noi, contro la colonia, a favore della colonia, contro tutti, a favore di tutti. L' ipot esi, da cui nascono le preoccupa• zioni ed è suggerito questo genere di grot– teschi rimedi, è quella che la Tripolitani• sia un paese naturalmente fertilis simo , e che non appen a andati via i tur chi, sarà invasa da stuoli infiniti di coltivatori italiani, i quali in pochi anni allagheranno il mondo coi loro prodotti. Ora, dato che questa ipotesi non sia fan• tastica, noi non riesc iamo a vedere in che cosa la meravigliosa espa nsione economica della colonia danneggerebbe l'Italia in genere e l'Italia meridionale in ispecie . Data siffl.tta ipotes i, non fa nessuna grinza il ragionamen to con cui Btrgere/ glorificava sulla Slllmpa del 27 settembre passato la e san ta gesta a, naziona le : Un suolo esausto da venti secoli di agricoltu ra - esclama va giocondo Jlergtrel -, uno stato sociale oppres so da abiti secolari di feudalismo,

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