Una città - anno VI - n. 48 - marzo 1996

preso come una provocazione, un'offesa. E invece è proprio così: non è vero che non ci si poteva ribellare, non è vero che c'è un automatismo di comportamento. Per questo trovo grave che molti intellettuali pensino di essere di sinistra proponendo la chiusura di questi atti, di questo capitolo, perché è lo stesso discorso fatto dai nostri genitori dopo il fascismo: "Non vogliamo che tutti siano processati". Si tratta di far capire che di fronte a certi avvenimenti della storia non c'è un automatismo nella rassegnazione, nel piegarsi. In ogni situazione e 'è la possibilità di scegliere, anche ad Auschwitz. Ho studiato le vicende dei medici di Auschwitz. Alcuni di loro, mandati lì casomai trovarono delle scuse, dissero che il clima non andava bene per i loro bambini e furono autorizzati ad andarsene. Ci sono sempre queste scelte. Questo relativismo morale, così comprensibile nel caso tedesco perché molto confortevole, trovo che sia molto pericoloso. Ma lo vedi come una tendenza più generale del nostro tempo? Certo. L'assenza, la latitanza degli europei, nel caso della Bosnia, è significativa. Senza gli Stati Uniti non ci sarebbe stato l'intervento. Gli europei, con i loro 15 paesi tra i più potenti del mondo, hanno detto che non potevano intervenire contro i serbi bosniaci. Naturalmente era una cosa poco credibile, ma i cosiddetti esperti ci avevano detto che ci voleva almeno mezzo milione di soldati, che dall'aria non si poteva fare niente, che sarebbe diventato un nuovo Vietnam. Ho intervistato molti ufficiali tedeschi e mi hanno sempre detto: "In Bosnia no, sarebbe una macelleria". il poeta lassù, il giornalista . ~ quagg1u Anche intellettuali intelligenti hanno di colpo creduto a questi generali. Ora che l'intervento è stato fatto, e non con mezzo milione di soldati, ora che ha avuto un certo successo, anche se i rischi di guerra non sono finiti, vorrei almeno vedere tutti questi commentatori ammettere di aver sbagliato. Nessuno lo fa. Di nuovo non si analizzano gli errori. Così non si impara la lezione. Della polemica con Peter Handke, puoi dirci qualcosa? Per me Peter Handke è ridicolo. Ora fa finta di essere controcorrente, mettendo indiscussione una presunta descrizione ufficiale della guerra diffusa da un'opinione pubblica internazionale del tutto antiserba. Questo quando si può documentare benissimo che francesi, inglesi, italiani anche, la stessa Unprofor all'inizio, tutti erano filoserbi. C'era un pregiudizio positivo, per nulla negativo, nei confronti dei serbi, che erano stati gli alleati delle forze anti-naziste nell 'ultima guerra. Anche tutti i reporter che ho conosciuto a Sarajevo in un primo momento dicevano: "Ma io non credo alle cose che si sentono sui serbi, io voglio avere delle controprove". E, dopo due o tre settimane, le stesse persone, fra cui tanti americani, le incontravo a Berlino e mi dicevano: "Mi dispiace, è tremendo, però quelle storie sono vere". Adesso, quattro anni dopo, arriva uno a dire di non credere a tutte le storie dei massacri serbi. Ma non porta un solo fatto su cui abbia cercato di indagare, per dire che queste storie, riportate su giornali diversi, di idee diverse, siano false. Lui non fa questo sforzo, ha solo l'arroganza del poeta di sapere meglio, di vedere una realtà superiore, di vedere al di là dei fatti. E l'arroganza verso igiornalisti è proprio una malattia tedesca: c'è il poeta, lassù, e il giornalista, quaggiù, che al massimo può fare da cameriere al poeta. InAmerica questa logica non e' è. Naturalmente all'Europa la tesi di Handke fa comodo. Dopo tre anni di indifferenza colpevole arriva qualcuno a rassicurare: "Non abbiate sensi di colpa, siete stati male informati". La logica dell'emergenza, prettamente politica, è iniziata già all'indomani dell'unità nazionale. Perché alla cultura marxista interessava più chi decide e non cosa si decide. La separazione delle carriere è giusta perché le due funzioni sono completamente diverse. Il prezzo troppo alto pagato a ogni strappo della normalità. Intervista a Luigi Ferraioli. la politica era più presente che altrove, un paese ad alto tasso di politicizzazione; poi abbiamo scoperto che più che la politica manca il senso delle istituzioni. Non so in altri paesi cosa sarebbe successo. Mi ricordo che nel '92 un collega francese, docente di Filosofia del diritto, mi diceva: "Guardate che quando si crea un rifiuto così viscerale della classe politica in toto, dovete aspettarvi un'ondata di fascismo". Su questo ho molti dubbi, non mi sembra un argomento sufficiente per contestare un 'affermazione di legalitàcomequellaespressa dai processi contro Tangentopoli: un doppio, un triplo stato, fatto appunto da una facciata di legalità e da un retroterra di illegalità, non è uno stato democratico. Forse stiamo vivendo una vicenda paradossale: un'azione tesa a riaffermare la legalità democratica, ha finito per generare un rifiuto delle istituluigi Ferrajoli è stato giudice fino alla metà degli anni 70 ed è tra i fondatori di Magistratura Democratica. Attualmente è professore di Filosofia del diritto presso l'Università di Camerino. E' autore di numerosi saggi di teoria del diritto e logica giuridica.fra cui Diritto e ragione (laterza). Lei è considerato uno dei teorici del garantismo, può dirci in poche parole cosa si intende con questo termine? Garantismo è un termine recente, nato in maniera contingente negli anni '70 di fronte all'attualità politica, in particolare di fronte alla legislazione d'emergenza, che costituì una svolta autoritaria e illiberale dello stato. Quindi, nasce sul terreno penale. Tuttavia, a me pare che l'idea alla base del garantismo, e cioè la concezione del potere pubblico come tutela dei diritti fondamentali, vada al di là del diritto penale, in quanto si rifà al costituzionalismo, ossia alla visione dello stato come qualcosa costruito da noi, la cui legittimazione deriva dalla difesa delle garanzie del cittadino. Sicché lo spazio della politica ne risulta limitato. La politica, come del resto il mercato, è la sfera del decidibile, cioè la sfera della discrezionalità, limitata da ciò che non è decidibile: nessuna maggioranza può limitare i diritti fondamentali. Iconfini della politica sono rappresentati dai diritti di tutti. Il potere della politica ha, pertanto, dei limiti come era sancito dal vecchio stato liberale e anche dei vincoli come stabilito dallo stato sociale di diritto, sebbene quest'ultimo esista solo sul piano teorico e sia tutto da costruire. La nostra Costituzione, infatti, contiene tutta una serie di diritti sociali, senza che, peraltro, siano state elaborate le garanzie idonee a renderli effettivi, quindi ad evitare che, sanciti come diritti e non come semplici aspettative, la loro applicabilità sia affidata alla discrezionalità della politica. Da cosa dipende la scarsa sensibilità garantista della sinistra italiana? In verità, il garantismo non ha avuto molta fortuna né a sinistra né a destra. Nella cultura della sinistra ha prevalso la visione marxista del diritto, per la quale esso è sovrastruttura, riflesso dei rapporti di forza; non c'è mai stata una grande fiducia nel diritto, salvo lodevoli eccezioni, penso a Lelio Basso e ad alcuni costituenti. In breve, è stato sempre considerato uno strumento da piegare alle esigenze della politica. Viceversa, il garantismo implica il prevalere del diritto sulla politica, non nel senso che deve prevalere la procedura, ma nel senso che la politica deve essere vincolata a precise finalità, come la tutela della libertà e la soddisfazione dei diritti sociali. Quindi, la politica, come del resto il mercato, nell'ottica del garantismo non solo è limitata, ma è vincolata dal diritto. Invece, nella tradizione rousseauviana e marxista-leninista non è certamente ancorata a questa concezione. Per l'ideologia comunista ciò che conta è chi decide, come se il soggetto decidente, essendo in questo caso il proletariato, sia di per se stesso una garanzia. Questa è Montesquieu ci insegna che il potere tende sempre a degenerare, ad accumularsi in forma assoluta, chiunque lo detenga. Se, allora, per la sinistra comunista è fondamentale chi decide, per il costituzionalismo è basilare che cosa si decide, la sostanza della decisione: chi decide è meno importante del che cosa viene deciso. In questo senso, personalmente critico molto la visione proceduralistica 1 del diritto, presente anche in Bobbio, perché il costituzionalismo non si limita a vincolare solo sul piano formale, ma lega la decisione alla sostanza, tant'è vero che le leggi sono incostituzionali qualora ledano i princìpi fondamentali. Nella destra la situazione è diversa. Il garantismo della destra attuale è un garantismo molto particolare, che si rivolge unicamente al potere giudiziario.L'insofferenza espressa nei confronti dei giudici non è tanto la richiesta, sotto questo aspetto fondata, della limitazione di un potere che, come tutti i poteri, tende a essere dispotico e a cadere nell'arbitrio, ma esprime un rifiuto dei limiti che devono subire gli altri poteri. Il paradosso che fa di questo garantismo un antigarantismo, è che la funzione giudiziaria, la quale certamente fonda la propria legittimazione sulle garanzie, viene attaccata e respinta perché a sua volta è un limite, una tecnica di controllo sul potere politico, il quale, invece, viene assunto come onnipotente, al pari del potere economico. In questo modo si esprimono due assolutismi, quello della politica e quello del mercato, entrambi insofferenti alle regole. Ciò che rende poco credibile tale garantismo è il fatto che si esprime unicamente nei confronti di un potere che è anche un potere di garanzia. In fondo, la giurisdizione ha la funzione pubblica di controllo sugli altri poteri, di tutela dei diritti civili, dei diritti di libertà, contro la prevaricazione degli altri poteri. Allora, se è indispensabile che la sua legittimazione si fondi sulle garanzie, un garantismo limitato solamente alla funzione giudiziaria finisce per cadere nel paradosso. Però non è che, soprattutto dopo Tangentopoli, il ruolo della magistratura sia diventato preminente, eccessivo? la legge, trasparenti, conoscibili. Viceversa, abbiamo avuto negli anni passati un 'inflazione assolutamente patologica del diritto penale, in una situazione dove esso non ha confini. Si procede sotto l'etichetta di abuso in atti d'ufficio, d'omissione, anche di fronte a semplici illeciti amministrativi. Sta venendo meno il confine tra illecito amministrativo e illecito penale. Ciò ha conseguenze disastrose: toglie credibilità alla magistratura, paralizza l'amministrazione, finisce per generare unasituazioned'incertezza del diritto penale molto simile a quella premoderna. L'inflazione legislativa ci sta portando indietro nel tempo quando si sentiva l'esigenza del codice, di una limitazione del giudiziario. Limitazione tesa a favorire una maggiore attenzione ai reati più gravi. Tra l'altro un sistema inflazionato come quello italiano genera inefficienza e quindi arbitrio e ingiustizia. Quali sono le cause di questa logica emergenziale che continua a caratterizzare la situazione italiana? La logica emergenziale fa parte della logica del politico, si legittima attraverso l'identificazione del nemico ed è una logica che non si è manifestata solo negli anni 70. Già dopo l'Unità il legislatore italiano ha proceduto a colpi di emergenza, come nella lotta al brigantaggio. Insomma, la nostra è una storia di ordinaria emergenza, perché l'emergenza è un fattore di forte legittimazione politica. Serve acreare situazioni di eccezione che richiedono il consenso, e il diritto penale è lo strumento, tramite il quale è più facile raccogliere il consenso. lo credo che se sulle idee di Beccaria si fosse tenuto un referendum, l'esito sarebbe stato tragico, perché le garanzie sono sempre a favore di chi in quel momento si trova ad essere più debole: il delinquente, il "nemico". Di conseguenza non e' è consenso per il garantismo, salvo il consenso demagogico che si può facilmente manipolare, magari, come dicevo prima, in nome della sovranità della politica o del mercato. E' anche vero che ci sono stati momenti di reale emergenza, penso al terrorismo e alla lotta alla mafia. Ma l'errore è stato, ed è, affrontare queste sfide non usando gli strumenti ordinari. Questo ha avuto, ed ha, effetti negativi per la nostra democrazia, perché finisce per togliere credibilità e legittimazione alla politica. In fondo lo strapotere dei giudici è anche legato alla convinzione che il potere della giurisdizione sia l'unico potere forte che faccia giustizia. C'è stata una notevole incapacità ed irresponsabilità della politica nell'affrontare i problemi posti dall'emergenza. In conclusione, i giudici dovrebbero svolgere il loro lavoro in maniera il più possibile neutrale, terza, perché la figura del magistrato impegnato in campagne contro lacriminalità ha nuociuto alla magistratura, alla cultura garantista, ma anche alla politica che ne è uscita in qualche modo squalificata. Riguardo alla lotta contro la mafia ultimamente si è molto dibattuto a proposito dell'articolo 41 bis, lei che ne pensa? sempre troppo alto. Non ci si rende zioni, innescando una spirale quaconto che si comincia ad incrinare lunquistica, che ha coinvolto non la fiducia nell'uguaglianza, nella solo i partiti corrotti che hanno legalità proprio con l'eccezione, governato, ma l'intera struttura istiche, paradossalmente, crea senso tuzionale. La crisi costituzionale di illegalità. Naturalmente, <lobbia- che stiamo vivendo, è in fondo una mo essere consapevoli che il ga- crisi di questa natura, che sta porrantismo è costoso, per cui bisogna tando ad un rifiuto dei partiti, della pagare dei prezzi, anche in termini politica e tendenzialmente potrebdi sicurezza sociale: è sicuramente be portare ad un rifiuto della demopiù facile combattere la criminalità crazia stessa. Questa è, almeno, la con sistemi eccezionali, però sono mia preoccupazione. convinto che nei tempi lunghi il Per riequilibrare questa situaprezzo che si paga è terribilmente zione, tra le varie proposte, c'è più alto del vantaggio che si ottiene quelladellaseparazionedellecarnell 'immediato. riere ... In questo senso, critico molto an- La separazione delle carriere è, seche la stessa legge sui pentiti. Non condo me, una cosa giusta, anche critico il loro necessario utilizzo, se si è caricata, forse per colpa di ma il fatto che, se un soggetto è chi l'ha avversata, di implicazioni imputato nel processo in questio- politiche che necessariamente non ne, può trarre benefici dalle sue possiede. La separazione delle cardichiarazioni, con tutte le conse- rierepuòessereassolutamentecomguenze del caso. Così, si può defor- patibile con l'indipendenza del Pubmare il dibattimento, perché ci può blico Ministero. essere un interesse amentire. Quin- Insomma, a forza di dire che la di, è consigliabile la massima cau- separazione lederebbe l'autonomia tela: le dichiarazioni dei pentiti non del PM, paradossalmente si è fatto possono essere sufficienti, devono in modo che possa avere questo essere sempre suffragate da riscon- significato, ma è un errore che rieatri precisi. de su chi ha fatto questa battaglia . .,. A proposito dello spinoso pro- La separazione delle carriere va blema del rapporto tra potere sostenuta perché in effetti si tratta politico e magistratura, negli al- di due funzioni completamente ditri paesi democratici quali sono verse, non ha senso il collegamento le regole, come è stata risolta la che c'è tra il GIP e il PM. questione? Venendo alle cose da fare, a me Direi che l'Italia è il paese dove la sembra che si dovrebbe cominciare magistratura, e il PM in particola- con il ricodificare il diritto penale. re, è più indipendente. Noi abbia- Noi viviamo in una situazione premo un ordinamento giudiziario che moderna, simile a quella che Hobdopo l'istituzione del Consiglio Su- bes chiamava "la disordinata giuriperiore, l'abbattimento delle car- sprudenza dei giudici" per cui e' era riere e della gerarchia interna, che la necessità di un codice semplice e praticamente ora non esiste più, chiaro. Mi rendo conto che di fronrende la nostra una situazione mi- te alla complessità della realtà che gliore rispetto a paesi, come la Fran- viviamo, alla raffinatezza della crieia o la Spagna. Poi, ci sono altre · · !Tiinalità organizzata, un codice nazioni dove il PM è elettivo, ed ha. semplificato non è facile. Però, noun condizionamento di carattere. no~tante questo, il principio in base politico. Per rendere l'idea, è come al quale in un codice i reati previsti se in Italia fosse un esponente del dovrebbero essere chiari, precisi, Pds o di Forza Italia, con le conse- rigorosi, accessibili a tutti, aumenguenze che lascio immaginare: il terebbe la certezza del diritto, la Pubblico Ministero eletto ben dif- conoscibilità. ficilmente può non essere di parte. Inoltre, in sistemi come quello americano, la non obbligatorietà del1'azione penale può essere un fattore di ulteriore arbitrio, di ulteriore disuguaglianza. Quindi, in questo senso, io credo che l'indipendenza della magistratura in Italia sia una delle più grandi risorse della nostra democrazia. L'anomalia italiana non consiste nel ruolo che la magistratura ha dovuto assumere? Sì, forse. Noi abbiamo sempre pensato ali' Italia come a un paese dove Enrico Deaglio Bella ciao Noi, ormai, siamo in una situazione di inflazione, che ha fatto perdere i confini al diritto penale. La sentenza dell '88 della Corte Costituzionale, secondo cui l'ignoranza è scusabile quando è inevitabile, è una dichiarazione di bancarotta del diritto penale. Secondo me una minimizzazione, una riduzione del diritto penale a extrema ratio è indispensabile non solo per legittimare il ruolo della giurisdizione, ma per la separazione dei ruoli e delle competenze. - Diario di un anno che poteva anche andare peggio Dopo Besame mucho, un nuovo viaggio in Italia per· raccontare che cosa è rimasto e che cosa siamo diventati: oltre al Grande Teatro, tante storie inaspettate, troppo vere per essere incredibili. Bi lioteca G I ntaomp~ uran cOe: Sicuramente è indubbio che la magistratura abbia avuto un ruolo anomalo, e questo non solamente per l'anomalia costituita dalla vastità del fenomeno della corruzione in Italia. E' anomalo anche perché Tangentopoli ha messo in evidenza i profondi limiti della nostra democrazia: per esempio, abbiamo un diritto penale dai confini non determinati, con grandi spazi di discrezionalità, per cui accanto ai processi di corruzione si è sviluppata una giurisdizione pervasiva che mette sotto inchiesta l'amministrazione, magari con inchieste esplorative. C'è una incertezza del diritto che si risolve in una lesione della divisione dei poteri anche al contrario, nel senso che la giurisdizione finisce per travalicare le sue competenze per sindacare nel merito del comportamento dell'amministrazione. Questo richiederebbe una diversa deontologia dei giudici, ma anche una ricodificazione del diritto penale che dovrebbe essere riservato a figure di reato tassative, rigorosamente previste dallo credo che i rimedi ordinari siano più che sufficienti. Il prezzo che si paga per la rottura della normalità è UNA CITTA' 3

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