Una città - anno V - n. 44 - ottobre 1995

da Bolzano Il commercio equo e solidale, basato sul rapporto diretto, continuativo, e alternativo, con produttori del Terzo Mondo, è una realtà sui mercati europei. La pratica di un prezzo al produttore che permetta l'autogestione e l'investimento in scuola e sanità. Un giro d'affari aumentato di 40 volte in sei anni. La storia ormai dimenticata dei prodotti. La possibilità di uscire dalla nicchia di mercato alternativa. Intervista a Heinrich Grandi. Heinrich Grandi è presidente della Ctm, Cooperazione Terzo Mondo, impegnata nel commercio equo e solidale. Partecipa all'i11tervista, Nicoleua Arena, del sei/ore informazioni Ctm. Potete spiegarci innanzitutt<;>cosa fate come cooperativa? · Heinrich. Siamo una cooperativa senza fini di lucro che importa prodotti dal sud del mondo per rivenderli qui, con il fine solidaristico di sostenere progetti di autosviluppo nel sud del mondo. Il nostro non è un intervento di aiuto, non è un intervento di emergenza; anche quelli, beninteso, hanno la loro dignità, ma noi facciamo un'altra cosa. Noi, attraverso un'operazione commerciale (comprare e vendere prodotti), cerchiamo di sostenere lo sviluppo integrato di piccole comunità, di comunità di base. Cerchiamo, fin dove è possibile, di arrivare ai gradini più bassi della piramide. Non agli "ultimi" forse, perché abbiamo bisogno di un prodotto per entrare in relazione e spesso gli "ultimi" non producono nulla per tutta una serie di motivi. Ma possiamo dire di arrivare a quelli che, nel sud del mondo, sono ai penultimi gradini della piramide sociale. Nel nostro commercio ci atteniamo quindi ad alcuni obiettivi dettati dal fine solidaristico che ci ispira. Prima di tutto, lavorare con partner commerciali che, possibilmente, siano gruppi organizzati, comunità, cooperative, associazioni. Produttori, cioè, che si organizzano per cercare di prendere in mano il loro destino e di lavorare perii bene comune, senza lucrare uno sull'altro, ponendosi invece l'obiettivo di reinvestire i profitti per interventi strutturali. Questo almeno nell'aspirazione, e anche se abbiamo smesso da tempo di illuderci che nel Terzo Mondo tutti quanti siano buoni, dobbiamo dire che troviamo molti gruppi che vogliono andare in quel senso. D'altra parte, che anche i nostri partners non abbiano fini di lucro per noi è importante perché non avrebbe molto senso impegnarsi per creare qualche isola felice in mezzo a un mare di miseria. Il secondo aspetto è che queste organizzazioni autogestiscano il loro sviluppo. Siccome loro stessi hanno tradizioni. hanno esperienze, sanno cosa serve, devono assumersi le loro responsabilità nella progettazione stessa. Quali sono le modalità che usate per rendere concreto e operativo un tale fine solidaristico? Heinrich. La nostra modalità principale è quel la del rapporto diretto, scavalcando tutte le fasi della catena commerciale, della catena del prodotto: i giochi di borsa, le intermediazioni fra esportatori ed importatori. Questo ci permette di determinare un prezzo che garantisce al produttore sia il minimo per sopravvivere sia quel qualcosa in più per investimenti a medio e lungo termine, e a noi, nello stesso tempo, di non allontanarci dal mercato. Un'altra modalitàcheci diamo, inevitabile per noi, è quella di costruire un rapporto il più possibile continuativo, che non può essere determinato da convenienza: "compro da te perché oggi mi conviene, ma se domani mi conviene andrò da un altro". Noi col produttore facciamo un patto a medio o lungo termine, cerchiamo di fare piani insieme, loro programmando la produzione e noi tentando di programmare il mercato. i bicchieri di vetro riciclato della coca cola Infine, c'è un ultimo aspetto che è quello che noi chiamiamo del "prefinanziamento". Nel commercio il momento del pagamento è un momento chiave: quando paghi, come paghi. Noi paghiamo in anticipo, al momento dell'ordine, fino al 50% della merce ordinata, perché i produttori a cui ci rivolgiamo non hanno risorse proprie e non hanno accesso a crediti. Lo sappiamo, l'indebitamento, il credito sono uno dei grandi problemi del sud del mondo. Fior di scienziati ne dibattono ma tutti sono concordi nel prevedere che il problema prima o poi scoppierà. Perché il Brasile taglia la foresta amazzonica? Non avendo risorse per ripagare il debito usa il legno pregiato per avere i soldi per pagare gli interessi. E' un circolo vizioso diabolico. Noi sicuramente non risolveremo il problema della foresta amazzonica. ma nel nostro piccolo cerchiamo di andare in controtendenza, di tracciare concretamente delle vie di uscita. Ora voi dovete anche rivendere qui i prodotti. Se il rapporto diretto, saltando le mediazioni, vi aiuta, il vincolo del rapporto continuativo con lo stesso produttore mi sembra che vi possa creare dei grandi problemi. Come fate? Nicolella. Non c'è dubbio. Quando il the o un certo tipo di artigianato per qualche motivo finisce. noi non andiamo nella piantagione accanLa sicure11a di una pensione integrativa. " . . Permaggiolrni fonnazlornivlolgltallle AgenziUenlpol ® lo, e così nel nostro negozio il the verrà a mancare e la gente si lamenterà. Al I ora dobbiamo essere capaci di spiegare che questo non è un negozio dove si può trovare sempre tutto, perché noi conosciamo chi produce e i problemi che può avere avuto-un'inondazione o qualche altro impedimento- per cui il the può arrivare in ritardo o addirittura non arrivare affatto ... Ma non è facile, lo ammetto, spiegare questo, perché i I rapporto che abbiamo con il prodotto è ormai completamente alienato. Siamo come i bambini che pensano che il latte esca fuori dal cartone in tetra-pak. Che le comode ed economiche es padri li es, che portiamo, arrivano dalla Cina, sono pagate tot alle donne che le producono, non lo sappiamo più e forse non ci interessa più saperlo. Ma forse è anche possibile che sapendo chi produce questo the, come vive, quanto ci ricava, cosa ha voluto dire per lui l'inondazione di quest'anno, improvvisamente tutto riacquisti un volto, una storia. Comprare quel caffè significa sapere che hanno ripreso ora a fare le coltivazioni dove prima non potevano, perché era stato dato il napalm sulle foreste. Che là è ricominciata la vita. Heinrich. Non c'è dubbio che questo, della storia del prodotto, sia un problema anche'drammatico. Dalla pianta alla tazzina, com· è la catena? Tu sai quanto paghi il caffé nel bar, tutto i I resto non lo conosci. Chi è che nel mondo economico ti dice tutte queste cose? Sembra quasi che il caffè venga da qualche parte in Italia, chi sa più che il caffè arriva dalla Colombia. dal Nicaragua, dal Messico, dal Brasile? Dal Brasile forse sì, perché ora ci sono le ballerine di Baudo ma che il caffè può cambiare la vita delle persone lo sappiamo? Sappiamo che se il raccolto dell'altipiano della Colombia è andato bene si fanno i matrimoni, se è andato male i matrimoni saranno pochi perché non ci sono i soldi per farli? Il nostro intento allora è che il prodotto in sé divenga portatore di informazione: questo che vedi su questo tavolo è un bicchiere e potrebbe essere finita lì. ma questo bicchiere potrebbe raccontarci una storia. perché è fatto da una cooperativa nell'altipiano guatemalteco con vetro riciclato dal le bottiglie di Coca Cola. Noi proviamo a dare questa concretezza al prodotto e a tracciare del le alternative. del le vie possibili. Il nostro non è un discorso pietistico: l'altipiano guatemalteco è un disastro, c'è la repressione, c'è la fame.c'è il sottosviluppo, la proprietà è in mano a pochi e la maggioranza della popolazione, avendo solo pezzettini di terra che non permettono di sopravvivere, fugge in città. Tutto questo va detto perché è vero, però noi vorremmo andare un po' più in là: è possibile fare qualcosa, si può cambiare qualcosa? Per chi fa questi bicchieri è cambiato qualcosa? E' questo che vorremmo cercare di trasmettere. Ma allora voi, concretamente, come determinate il prezzo? Heinrich. Cosa vuol dire prezzo, cosa determina il prezzo? Per un consumatore il prezzo da cos'è determinato? In base a che cosa si dice che un prodotto è caro? La qualità sicuramente è un fattore. Per esempio, parlando di abbigliamento, se io vado in un negozio dove trovo un vasto assortimento allora sono soddisfatto perché posso scegliere e quindi posso anche pagare qualcosa in più; se però vado in un negozio e trovo solo cinque camicie, allora o lì la camicia costa poco oppure non entro neanche. Un altro caso ancora è se di camicie ne trovo solo un tipo, che però non trovo da nessun'altra parte. Se quella camicia ha delle caratteristiche di unicità, allora sarò disposto a pagarla anche caramente. In realtà la determinazione del prezzo di mercato di un oggetto è veramente un processo complicato, difficile da decifrare. Il nostro prezzo non è determinato tanto dal mercato quanto dal lato produttivo. Una volta valutato quanto costano le materie prime, quanto costa il lavoro pagato dignitosamente, quanto serve per avere un minimQ in più per investimenti a medio e lungo termine nelle comunità locali al fine di un miglioramento sociale, educativo. sanitario. eccetera, valutato tutto questo, si prova a determinare un prezzo e questo è il prezzo che noi paghiamo. Siamo, è ovvio, in una logica completamente diversa da quella che anima il mercato vigente. anche se poi nei fatti dobbiamo essere realisti: non possiamo pagare questo bicchiere un·enormità, perché bisogna riuscire a stare sul mercato. Nicoleua. Noi, per esempio, battiamo molto sul fatto che abbiamo prezzi trasparenti e che nessun altro li ha. Tutte le volte che dicono: ··vorrei fare un paragone tra il vostro prezzo trasparente e quello del la Lavazza ...'·. Bravo, provaci. Il loro prezzo non te lo spiegherà mai nessuno. Noi siamo gli unici che possiamo dire com'è composto il nostro prezzo. proposte di bagno e di riscaldamento FORL/' CESENA RAVENNA PESARO Via Faentina 5 Ma ci riuscite poi a stare sul mercato? Hei11rich. Ci si riesce e non ci si riesce. I prezzi sul mercato di alcuni nostri prodotti, se paragonati per qualità e anche per distribuzione, sono più che competitivi. E' il caso, attualmente, del caffè. Se noi prendiamo il caffè di qualità alta, I00% arabica, i nostri prezzi sono minori di quelli dei leader del mercato. Se invece parliamo di altri prodotti, ad esempio dello zucchero integrale di carina, siamo decisamente fuori mercato. Ma perché? Anche lì ci sono dei motivi. Prima di tutto il nostro non è zucchero bianco ma è zucchero di canna, che ha qualità diverse: per esempio non è al I 00% saccarosio ma ha tutto un residuo di minerali, di fruttosio, di glucosio, di componenti organolettiche che lo zucchero bianco non ha più. Questo è un primo motivo. Il secondo, più politico, è il protezionismo del mercato europeo: l'Europa è il più grande produttore di zucchero a livello mondiale e da una parte sovvenziona la produzione, dall'altra fa pagare lo scotto di entrata per chi vuole entrare. Allora chi importa zucchero dai grandi paesi produttori, Brasile, Filippine, Cuba, paga un dazio di entrata molto alto: 800 lire circa al chilo. Già questo ti fa andare subito fuori mercato. vendere qualcosa è pur sempre una professione Nicoleua. Ci hanno applicato questo tipo di dazio sullo zucchero delle marmellate di mango del Burkina Faso. Non dico altro. Fino a prova contraria noi il mango non lo produciamo ancora. Come è nata e come funziona la vostra rete distributiva? Hei11rich. All'inizio. quando non c'era niente, non c'era mercato, abbiamo cercato di creare un ambiente favorevole attraverso conferenze con associazioni vicine, incontri in parrocchia. dibattiti pubblici. Ha contato moltissimo il passa parola. Adesso stiamo usando anche mezzi diversi: media, giornali. televisione. Nicoletta. I primi cinque anni loro erano sempre in giro per l'Italia a incontrare gruppini, gruppetti. gruppuscoli. Poi la rete è cresciuta e a un certo momento abbiamo verificato che certi compiti potevano essere delegati a persone che. stando sul posto. potevano meglio di noi far crescere le cose. Allora il nostro ruolo è diventato quello di coordinamento. Heinrich. E' vero, noi, i soci fondatori, giravamo continuamente, facendo gli incontri più svariaci, più incredibili, nei posti più sperduti. lo ho visto delle cose nel sud d' Italia interessantissime, che hanno cambiato I' immagi ne che avevo del sud. Posti molto interessanti, molto stimolanti, dove questa idea di commercio equo si collegava con il problema del sud d'Italia. Per fare un esempio: a Reggio Calabria, con tutti i suoi problemi di disoccupazione, di delinquenza strutturale, economica, è nata una bottega che si chiama Sud-sud: il sud d'Italia che collabora con il sud del mondo. Nicole11a. La bottega di Reggio nasce già da un'esperienza di cooperazione internazionale. Poi ci sono botteghe nate da circoli parrocchiali, altre da gruppi di amici stanchi della politica, altre dal mondo del volontariato. Heinrich. Come nascono queste botteghe? Noi promuoviamo l'idea, stimoliamo, diamo anche aiuto, consulenza tecnica, gestionale, di tutti i tipi. Però per noi il punto importante è che a livello locale sia il gruppo a responsabilizzarsi e progettare. Non è come le catene distributive che dicono: "io oggi apro un negozio lì, lo faccio nel centro". Invece noi lanciamo l'idea, poi dopo è lì che deve nascere e partire qualcosa. Dopo un anno, due anni, se sono riusciti a tirare avanti bene, se hanno creato un gruppo di clienti affezionati, potranno anche assumere una persona a metà tempo o a tempo pieno e dovranno ringraziare solo se stessi. La Ctm in tutto questo chiaramente spinge, supporta, dà le dritte perché ha esperienza, ma il merito principale del successo va al gruppo locale che poi ne va orgoglioso e "se lo rivende" anche. Loro stessi diventano dei nuovi operatori, dei promotori. Ora, poi, noi ci occupiamo soprattutto di formazione: le persone con cui abbiamo a che fare arrivano o dalla parrocchia, o dall'impegno politico, o dall'associazionismo, ma non da esperienze commerciali. Noi, alla fine, dobbiamo vendere prodotti, che è prima di tutto una professione. Allora cerchiamo di trasmettere anche professionalità. Anche nel caso delle botteghe abbiamo scelto il modello cooperativo: chi vende i nostri prodotti deve essere una cooperativa o un'associazione, su un modello di riferimento non profit. Oggi si parla molto del ruolo economico del terzo settore. noi facciamo parte del terzo settore. La nostra è una rete distributiva che è partecipativa. Non c'è la Ctm, la centrale di importazione, e poi il negozio che rivende e basta. ma il negozio che rivende fa parte del centro d'importazione. Questi gruppi locali costituiscono i soci della cooperativa, e questo è un anello molto importante. La cooperativa Ctm, senza fini di lucro, è costituita dai soci lavoratori -chi lavora qua dentro può essere socio della cooperativa- e poi, soprattutto. dalle botteghe sparse in tutta Italia. Siamo arrivati a 85-90 soci. Bisogna anche tenere presente che un socio può essere una persona giuridica. Per esempio a Foligno, è socia la cooperativa Altro commercio, che ha ben quattro punti vendita. A Treviso, è socia la cooperativa Pace e sviluppo, che ha tre punti vendita. Cerchiamo anche a livello locale di fare una politica di aggregazione. Il rischio. lo conosciamo bene. è che chi era in panocchia rimane in parrocchia, chi stava nel movimento politico rimane nel movimento politico. Il nostro tenVia Golfarelli 64-66 Via Quinto Bucci 62 Tel. 0543 - 796666 Tel. 0547 - 383738 Fax 0543 - 725099 Fax 0547 - 631934 Tel. 0544 - 460732 Fax 0544 • 462337 Via Barilari 16 Tel. e Fax 0721 - 52282 Perloroil migliorfuturopossibile

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