• storie I L'impossibilità per una donna che lavora di combinare maternità e impegno professionale. La disparità di tutti i tempi. Una legge del '54 che prevedeva la sala di allattamento. La scarsità di fondi per la ricerca scientifica e quella per gli asili nido. L'importanza pedagogica dell'asilo nido, che non può essere sostituita facilmente dalla presenza di una babysitter. Intervista a Anna Moreno. Anna Moreno vive a Napoli, è ingegnere chimico e lavora all'Enea. Per una donna che vuole fare il mestiere del I' ingegnere e vuole anche partorire e allevare dei figli -io ne ho quattro-la prima cosa da fare è non contare assolutamente sullo Stato e i servizi che esso ti offre sulla carta. Se uno ha degli impegni di lavoro, non può permettersi di confidare nel fatto che gli asili nido, le scuole e tutti gli altri servizi funzionino. Capita spesso che asili e scuole siano chiusi per sciopero, per disinfestazione, o perché quel giorno mancano i supplenti. Se per quel giorno hai organizzato una riunione con ospiti che vengono da tutta Europa, non ti è possibile rimandare la riunione. Partendo da questi presupposti, mi sono creata un'alternativa tenendo una ragazza alla pari in modo da poter far fronte alle carenze dei servizi. Il Comune di Roma può evadere la richiesta del 2% dei bambini aventi diritto: su I00 bambini dunque 98 devono stare a casa. Poiché i nidi sono costosi, il Comune cerca di risparmiare in tutti i modi, per cui all'inizio dell'estate chiudono quasi tutti e i bambini vengono trasferiti nei pochi rimasti aperti. Poi, dato che il lavoro è obiettivamente pesante, dopo qualche anno il personale cerca altre sistemazioni, e così attualmente il 50% degli addetti sono supplenti: questi però possono essere mandati via in qualunque momento, perché si applica il criterio del rapporto da uno a sei. Ogni giorno fanno una verifica telefonica e se quel giorno il rapporto numerico è inferiore, i supplenti vengono mandati via, e i bambini si trovano con figure sempre nuove. Ancora: le assistenti stanno cercando di avere un contratto simile a quello delle scuole materne. per cui già quest'anno hanno smesso di lavorare il 15 luglio anziché il 30: la seconda metà di luglio è stata quindi di nuovo coperta con supplenti. Ma non è tutto. poiché il Comune non vuole assumere queste supplenti. sta bene attento che non facciano più di 180giorni all'anno, e questi 180giorni scadono in genere proprio a luglio. per cui le supplenti devono rinunciare ali' incarico. ed è di nuovo una girandola di facce nuove per i bambini. che sono spesso di pochi mesi. non sanno parlare. chiedere. si trovano in difficoltà. L'asilo nido annesso all'Enea non è allacciato alla rete idrica e viene alimentato ogni giorno con l'autobotte. che almeno una volta al mese non arriva per tempo. per cui dall"asilo ci telefonano di andare a prendere i bambini. C'è poi lo spauracchio degli allontanamenti: quando il bambino ha la febbre alta o più scariche di diarrea al giorno viene allontanato. e può essere ripreso solo con certificato del pediatra del nido o del medico curante. Siccome i pediatri non è che ci sono tutti i giorni, ti conviene farti fare il certificato di guarigione quando il bambino è ancora ammalato, altrimenti sono altri giorni che si consumano in attesa di un appuntamento. Quando la mia prima figlia aveva nove mesi mt e capitato di andare in Belgio per lavoro. Il mio capo, per dimostrare che io, come donna, non potevo fare l'ingegnere, mi aveva detto "ti lamenti sempre che non ti faccio fare niente: ti dò l'opportunità di andare due mesi in Belgio, ci vai o hai dei problemi?". "Ho dei problemi ma li risolverò" ho detto io. Ho telefonato in Belgio e mi hanno detto che c'era un nido disponibile, chiedendomi un semplice certificato di frequenza del nido in Italia. Cosl sono partita con la bambina, con grande dispiacere del mio capo, il quale, così sicuro che avrei rinunciato, aveva già promesso la stessa cosa ad un collega maschio. Dopo due settimane la bambina si è ammalata; il pediatra del nido ha verificato che era semplice influenza e ha prescritto uno sciroppo. "Quando la posso riportare?" ho chiesto. "Che significa?" ha detto lui. "Sta male, la devo tenere a casa". E lui "ma scusi, lei deve lavorare?". "Certo, sono qua apposta". "E allora la lasci qua e vada tranquilla, se c'è qualche problema le assistenti lachiameranno". Ecco, in Italia questa sicurezza e tranquillità psicologica non è mai garantita, per cui la maggior parte dei genitori cerca un'alternativa privata: molti, anche nel settore della ricerca, preferiscono stare a casa, con aspettati ve non retribuite o inventandosi esaurimenti nervosi. Altri come me si ostinano a voler utilizzare i servizi pubblici, anche se alla fine i sensi di colpa per non passare abbastanza tempo coi figli vengono a tutti. Anzi, da parte delle donne che scelgono di non utilizzare il servizio, c'è la tendenza a colpevolizzare ancora di più quelle che lo utilizzano. Addirittura io sono stata investita in malo modo dalla pediatra del nido perché portavo il bambino subito dopo i tre mesi di congedo. Ho reagito al suo attacco anche perché una anziana pediatra della Usi mi aveva invece assicurato quando avevo portato la prima figlia. Io le avevo detto che rimanere tanti mesi lontano dal lavoro mi sarebbe costato p~icologicamente, e lei: "se vuole lavorare è importante che possa lavorare, quindi porti la bambina al nido; se la vuole allattare le darà i ~uoi anticorpi. i Bi[) f t') ll1 vanno al nt(r-.comunque si ammalcranno quando andranno a scuola". Ho riferito queste parole ali' altra pediatra, ma lei insisteva, profetizzando che a causa dello stress avrei perduto il latte. E' stata una scommessa con me stessa, ma li ho allattati tutti e quattro per un anno, e ho smesso perché decidevo io, ma di latte ne avevo ancora. Il fatto di allontanarmi per allattare creava problemi più fra le donne. Per gli uomini il fatto di vedere che una collega, che lavora in un campo tipicamente maschile avesse caratteristiche tipicamente femminili, da un certo punto di vista, li tranquillizzava, alle donne invece dava fastidio. Una segretaria mi disse "ma non ti secca, non ti senti una mucca?". A me veramente faceva piacere, anzi a volte mi divertivo nelle riunioni dicendo "scusate, mi devo allontanare, vado, l'allatto e tomo". Mi piaceva di tenere insieme due cose così diverse senza grossi traumi. Nonostante le minacce della pediatra, anche il quarto bambino si è ambientato bene. In base alla mia esperienza posso dire che, per una donna che lavora, il nido è un servizio essenziale. Lì c'è personale specializzato: una· cosa è lasciare il bambino a casa con una sconosciuta, un· altra è lasciarlo in un ambiente insieme ad altri bambini: loro, anche così piccoli, si rendono conto che è una condizione comune, sentono meno l'abbandono da parte dei genitori e dopo tre anni escono che già conoscono alcune regole del vivere in comune ... Sarà perché oggi i figli sono quasi tutti figli unici, ma io noto delle differenze quando li porto alla scuola materna: quelli che non sono stati al nido sono molto meno capaci di socializzare. Quando ero presidente del Comitato di gestione del nido ho raccolto tutte le informazioni utili. C'era un'antica legge del 1954 per cui tutte le aziende con almeno 30 donne in età fertile dovevano prevedere una sala di allattamento al proprio interno. Poi questa legge è stata abrogata. perché -si diceva- un servizio pubblico deve essere affidato ai Comuni. E' stato anche fatto un piano nazionale di costruzione di asili nido. con fondi affidati alle Regioni specificamente per questo scopo. In seguito per molti di questi asili è stata chiesta un·utilizzazione diversa, soprattutto al sud dove. a causa dell'emigrazione. servivano più ospizi per i vecchi che asili per i bambini. A questo punto si è deciso di abolire i fondi destinati ai nidi e di demandare il tutto al Ministero del lavoro. Da allora non sono stati più erogati fondi per asili nido. e la situazione delle donne che lavorano è decisamente peggiorata, perché nonc'è più nessuno che si interessa della faccenda sul piano legislativo. Questa situazione 1·ho esposta per lettera ali"allora presidènte del Comitato pari opportunità Tina Anselmi. Mi ero arrabbiata perché ali' Enea si era creata una lista di attesa per il nido, e secondo me era un'assurdità: a parte il fatto che nella mia fascia di età come stipendio siamo tutte allo stesso livello, per cui si va a rifiutare un bambino per cento o duecento mila lire al mese di differenza, ma soprattutto non mi andava che ali' interno di un ente si creassero disparità fra colleghe. La Anselmi mi rispose ringraziandomi per averle dato le informazioni, dicendo che aveva proposto di inserire un capitolo specifico su questo nella successiva finanziaria. Penso che la cosa sia finita come la prima repubblica. Allora ho cercato un'altra strada, perché io non demordo mai. Pensando da ingegnere, ho fatto la proposta di costruire un asilo nido pilota. Se l'Enea non può avere un asilo nido in proprio, lo facciamo come impianto sperimentale. e poi per dimostrare che funziona ci portiamo i nostri figli. Ho contattato colleghi dell'arca energetica e del settore ambiente, e abbiamo fatto un progetto che contemplasse tutti i fattori del risparmio energetico, inquinamento indoor, controllo degli alimenti per individuare tracce di pesticidi e metalli pesanti, microbiologia dell'ambiente e così via. Purtroppo a quel tempo c ·era un direttore del centro che dal punto di vista del cervello era nullo, ma il problema principale era che mancava comunque un'autorizzazione dall'alto, ossia una richiesta formale da parte del Comune di Roma, e un incarico ufficiale da parte della direzione dell'ente. A questo punto la cosa si è arenata. E pensa che un servizio così carente costa a me 300 mila lire al mese. e all'Enea 2 milioni e mezzo al mese per ogni bambino! Se l'Enea costruisse un nido per conto proprio e lo affidasse ad una cooperati va, sicuramente costerebbe molto meno. Ma le leggi non lo consentono, e così, come sempre, abbiamo il massimo dei costi e il minimo dell'efficienza. Aumentando l'età dei dipendenti il problema si attenuerà, del resto c'è l'intenzione di ridurre o chiudere l'Enea stesso quindi ... il problema si risolverà per estinzione. Eppure, io vorrei andare avanti, perché come ho detto ritengo essenziale questo servizio. Pensa a tutti i bambini che vivono in famiglie di\astratc: auualmentc credo che non sia proprio prevista la presenza di bambini che non pos~ono pagare; ma ormai siamo a crescita zero. i bambini non votano, o i genitori cambiano troppo spesso e non vale la pena accaparrarsi quei voti ... Quando il bambino passa alla scuola si vive un momento di panico: ci sarà il tempo pieno o no? Poi c'è il panico per le elezioni: cinque giorni di tormento per i genitori che lavorano. Tieni presente che nel settore della ricerca la maggior parte delle persone lavora lontano dalla famiglia di origine, quindi non è facile reperire nonni o zii. La mia ragazza alla pari, che è inglese, rimane ogni volta esterefatta: in Inghilterra si vota, però nelle palestre, e le scuole rimangono aperte. Infine c'è il grande panico dell'estate: la scuola chiude tre mesi e mezzo, l'ente mi dà un mese di ferie. Si potrebbe scrivere un libro sulle soluzioni che i genitori trovano per affrontare l'estate. Ci sono i soggiorni estivi, però l'ente garantisce solo quattro settimane a tariffa ridotta (80 mila lire a settimana). Le altre le devi fare a tariffa intera (320 mila lire a settimana!), e se hai quattro figli sono fatti tuoi. Ho calcolato che io per assicurare la mia presenza quotidiana al lavoro, devo lavorare gratis: tra il nido, la mensa scolastica, i ~oggiomi estivi, la ragazza alla pari che mi garantisce dalle carenze dei servizi, quando raggiungo la mia scrivania, come dico spesso ai miei capi, ho già speso tutto il mio stipendio: quindi loro mi devono offrire almeno motivazioni serie che mi spingano ad andare tutti i giorni al lavoro. Per fortuna loro mi danno credito, là il problema non sono loro, ma piuttosto il fatto che in Italia i fondi per la ricerca sono pochi. Sembrano due cose così diverse, gli asili nido e la ricerca scient:,fica,eppure hanno un aspetto in comune che la dice lunga: l'Italia investe poco sul futuro. Rispetto alla carriera e alla competizione fra i sessi. diciamo così, non c'è proprio speranza. Su 140 dirigenti una sola è donna, ed è l"assistente di Colombo che è venuta con lui. quindi non ha fatto carriera interna. Pochissime donne hanno fatto carriera, e sono talmente anziane che stanno ai loro posti proprio perché non si poteva fare a meno. comunque non sono in struttura. come si dice. anche se operativamente lavorano molto bene. Anni fa un consigliere oggi in pensione, che aveva partecipato ad una riunione per i passaggi di livello. incontrandomi mi disse ·'signora. lei ce l'ha fatta per il rotto della cuffia a passare all'8° livello''. Dissi che non capivo. perché per il ·'criterio freddo'' dopo tot anni si passa dal 7° a11'8° livello automaticamente. Mi ha spiegato allora che. siccome i livelli da distribuire erano pochi. si era deciso di lasciare le donne per ultime. e distribuire tra loro i resti. Lui allora aveva detto: "guardate che questa è laureata in ingegneria'' e perciò ero passata. Gli ho chiesto se gli sembrava una cosa da raccontare, e lui: "le dirò di più; quando siamo passati alle segretarie io y f '· . ' ·,.,. .... /4, I,, . ,, . r ',,, ·, \/._ \. _;;_··. fi' e un altro ci siamo battuti per il passaggio di livello di una segretaria che era veramente ingamba, ma non c'è stato verso: abbiamo capito che l'unico modo di promuoverla era di dire che ce la passavamo l'un l'altro, e se non veniva promossa non ce l'avrebbe data più". A questo punto mi sono arrabbiata un tantino, gliene ho dette di tutti i colori, in particolare che lui si poteva permettere di raccontare queste cose perché non aveva figlie femmine. Non vedo soluzione se a decidere sono gli uomini. Poi le pociJedonne che fanno carriera parlano male delle altre donne e solo per questo, spesso, riescono a far carriera ... Ci vorrebbe più solidarietà fra le donne, soprattutto fra ruoli diversi. Ho notato che c'è da parte di alcune segretarie la protezione dei propri capi controeventuali figure femminiliesterne. Spessoquando telefono c'è un filtro, sono sicura cbe i miei messaggi non vengono trasferiti, per cui mando fax. Quando telefono, dico: ''vorrei il dottor tal dei tali", "ma chi lo desidera?", "l'ingegner Moreno", "ah, va bene, lo passi pure"! Capito? E' scontato che non posso essere io, donna, l'ingegner Moreno! C'è un antagonismo fra donne che agli uomini sta molto bene perché va tutto a loro vantaggio. Un'altra cosa per cui ho cercato di battermi è parlare apertamente dei problemi delle donne con figli. Ad esempio le riunioni i maschi le convocano sempre di pomeriggio, magari dopo che non hanno fatto niente per tutto il giorno ... Qualche volta, magari anche con cortesia, mi dicono: "ma se tu hai problemi di figli, magari la spostiamo". Io rispondo: "intanto io non ho il problema dei figli, ma il piacere dei figli, per cui mi fa piacere andarli a prendere a scuola, ma se è necessario posso rimanere, perché ho la soluzione alternativa. Però vorrei sapere perché non si fa la riunione alle I O di mattina. Tra 1·altro è provato da studi scientifici che tutte le decisioni prese la sera alle sette vengono messe in discussione il giorno dopo. E poi ci possono essere qui dei papà che possono avere il piacere di prendere i loro figli a scuola''. Loro lo fanno in maniera sistematica, per vedere se il tuo attaccamento alla famiglia è superiore all'attaccamento al lavoro. Ma io la vedo in maniera capovolta: la maggior parte di loro non ha nessuna voglia di andare a casa. Quindi di nuovo iI fatto che io stia con piacere sia al lavoro che a casa gli dà fastidio. Abbiamo un comitato pari opportunità. composto da persone legate ai sindacati o ai partiti, comunque abbastanza anziane, che ci tengono a tenere separato il problema della carriera da quello dei figli. lo ho cercato di far presente che invece i due problemi sono strettamente legati, perché se tu cominci ad assentarti quando sei giovane, per i problemi di cui ho parlato prima. vieni bollata. Quindi il comitato dovrebbe battersi su questi problemi, i nidi, la flessibilità degli orari. La mia organizzazione della giornata deve essere calcolata al millimetro. a causa delle rigidità dei servizi. lo per i miei quattro figli ho preso solo i cinque mesi di congedo regolamentare: non sono una donna eccezionale. ma non tutte possono avere le mie stesse condizioni: ad esempio se hai una casa piccola non puoi tenere una ragazza alla pari, oppure puoi avere delle difficoltà psicologiche. non adattarti ad avere un'estranea in casa, e così via. Tempo fa ho letto un articolo dove si diceva. più o meno, che se gli italiani non fanno più figli poco male, li fanno nel terzo mondo e noi li importiamo. Io non ho niente contro i bambini del terzo mondo, però ti assicuro che ho incontrato molti genitori che mi dicono: ·'abbiamo un figlio solo ma ne avremmo volJJ.l.i. altri. però dopo aver lottato per l'asilo nido, perTT tempo pieno, non ce la siamo sentita di ricominciare daccapo''. . ""'.' ... ~1 -...-....!"-'.-- ~ .. >i<. .. t!. , , . .,. .~ir. ~ .-..,..,:.·.;• -;-~:j.., - .1 f ~. : . -~ . '-,':·;,; .. ., .. ~'.
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