Una città - anno V - n. 41 - maggio 1995

era avvenuto in risposta a una battaglia in cui i nazisti avevano avuto la peggio e l'altra, quella della comunità, secondo cui era stata una rappresaglia perché i partigiani avevano assaltato quattro tedeschi che erano a bere nel dopolavoro del paese. E anche questo attacco è raccontato in modo diverso dalle due memorie. I documenti tedeschi sono elusivi su questa storia, alcuni devono essere stati distrulli ed è difficile capi re veramente come sono andate le cose. Però è un fatto che quando iIpaese affermò una versione questo fatto innescò una campagna di stampa in cui il paese venne presentato come di destra, manipolato dal parroco reazionario e anche per questo il paese rifiutò la medaglia d'oro al valore militare e accettò solo quella al valore civile e solo più tardi e timidamente ci si pose il problema se la loro memoria fosse più vicina al vero, se quel!' azione partigiana fosse stata poco rilevante e se la previsione della rappresaglia che ne sarebbe seguita avrebbe dovuto indurre a dei ripensamenti. E comunque non ci si è posto il problema se quella memoria avesse una sua dignità politica, non solo antropologica. Tanto che la strage di Civitella venne spesso ignorata nelle celebrazioni perché la memoria della comunità strideva con l'etica partigiana. Mi viene in mente anche Maria Occhipinti di Ragusa, comunista, giovane, incinta, che nel gennaio del '45 si mise alla testa dei moti contro i bandi di riarruolamento in Sicilia. Per me è un mito eppure, se non se lo scriveva lei stessa un libro con l'aiuto di Enzo Forcella, nessuno ne avrebbe parlato. Quella rivolta si estese a quasi tutta l'Italia liberata bollata come neofascista, separatista. Ma quei giovani non volevano più fare la guerra e potevano accontentarsi della risposta che quella guerra era all'improvviso un guerra diversa e l'esercito era diventato antifascista? Non era legittimo per loro chiedersi se quell'esercito fosse differente da quello di prima? E se era lo stesso esercito di prima, con la stessa gerarchia, con la stessa disumanità, soltanto cambiato di segno, perché dovevano accettare di entrarci? A parte che la stanchezza mi sembra una bella motivazione per dire di no: se dopo aver fatto anni e anni di guerra, aver vissuto la guerra sul territorio, non ne volevano più sapere, dovevano per questo essere etichettati come fascisti? Maria Occhipinti è andata perfino in carcere, al confino. Per esempio sull'8 settembre c'è quel pezzo straordinario di Lisi i Basso che nel libro abbiamo citato, dove lei dice: "eh, sì vanno tutti dalla mamma". Lì escono fuori benissimo i due modi di vivere 1'8 settembre: per lei è una crisi tragica, per gli altri "l'esercito è disfatto, va be' andiamo a . . ~ ,. . , ~ . . ., ~~ ~ . _,,,.,. -e~; ~- t / ~- . . , ' ,, . ~-'~, ~- .,...,; 1 . ,. ... T ·• N/, :,,-.. ~ . , ' ~ < . , ... '., J-/~ y , / ~ ,.,,, " /··,, .Jt' • ·- ·, :i-~ ,, r '• casa". Ed è meraviglioso che lei dopo tanti anni cambi idea perché ci ha pensato, e riconosca di essere stata "arrogante". Si discute se in tutti questi anni l'antifascismo sia stato patrimonio solo della élite politica o anche della gente. Questa mitizzazione del partigiano in armi non ha allontanato un po' la gente comune dalla Resistenza? Io credo di sì. Uno dei motivi dei problemi legati all'immagine nazionale uscita dalla Resistenza è che risulta tanti così connotata e così selettiva, in particolare fra nord e sud. Già alla nascita l'immagine è quella: da un lato una parte attiva, il famoso vento del nord, e dall'altro una parte che subisce, che parassitariamente aspetta che gli altri facciano le cose, che quasi subito viene etichettata come qualunquista. E non è affatto vero, perché al sud hanno fatto grandi lotte, a cominciare da quelle dei braccianti, hanno patito, hanno fatto le giornate di Napoli e poi, in ogni caso, hanno subito un'occupazione alleata ben pesante. Basta pensare a come è stata trattata Napoli e a come ha dovuto reagire. Anche su questo s'è detto pochissimo: il nord eroico, il sud inaffidabile, opportunista ... E così nasce uno Stato in cui una metà doveva ringraziare l'altra! C'è un pezzo di Maria Antonietta Macciocchi in cui parla delle donne di Napoli che manifestavano per la monarchia, con un disprezzo, uno schifo, descrive queste donne grasse, brutte, plebee, "vecchie gallinacee" le chiama, che proprio vien da dire: "ma come si permette!". Non voglio mitizzare Napoli e il sud né deresponsabilizzarli, voglio solo dire che erano fatti e soggetti da prendere sul serio, da capire. Invece quelle parole sono puro razzismo! E Macciocchi era una militante politica, non so se fosse anche una dirigente, ma certamente non era una bambina, era unrl donna adulta. Anna Magnani, la Madonna pellegrina e Rossella O' Hara Tornando poi alla Resistenza, anche i criteri per l'attribuzione della qualifica partigiana sono indicativi. Inizialmente è dichiarato partigiano chi sta in una formazione che ha fatto 3 azioni di scontro a fuoco o di sabotaggio. Quindi non è il singolo, è la formazione: se tu fai parte di una formazione, ma hai avuto funzioni logistiche, hai diritto al riconoscimento. Invece, man mano che si afferma il vento del Nord, diventa partigiano solo chi ha fatto lui personalmente 3 azioni. Il criterio diventa veramente militaresco: se tu sei in una formazione ma non hai sparato non sei partigia- ·BibliotecaGino Bianco no, puoi solo essere patriota o benemerito, come sono quelli che hanno aiutato senza le famose armi. Anche qui il primato delle anni opera una spaccatura ma questa volta fra i cittadini attivi nella Resistenza. E rispetto alla questione dei benemeriti e dei patrioti un'altra cosa che mi ha molto colpito è che il loro numero, io so grosso modo i dati del Piemonte, è inferiore a quello dei partigiani. Il che è inverosimile perché se in un esercito normale la proporzione fra gli addetti al supporto dei combattenti e i combattenti stessi è di I a 7, in una guerra civile di liberazione è sicuramente maggiore. Anche qui un bel paradosso: per I00.000 partigiani avrebbero dovuto esserci almeno 700.000 aiutatori. Gli aiutatori per lo più erano persone non legate ad organizzazioni politiche che lo facevano in modo non strutturato e a anche per questo non furono considerati. Così, invece di dare loro ancora più valore perché senza l'aiuto di una ideologia politica avevano ugualmente agito, sono stati cancellati. In alcune regioni addirittura non hanno accettato la categoria di benemeriti. In Piemonte l'hanno tenuta anche per via delle donne. Non è solo il problema del militarismo: ritornano questi grandi stereotipi del difficile rapporto tra donna e politica, della quasi incompatibilità tra donne e politica. Molte delle azioni di resistenza civile fatte dalle donne avvenivano nella famiglia, per esempio, nel caso ti volessero prendere il figlio per il servizio di lavoro obbligatorio. La famiglia rendeva possibili e necessarie quelle azioni, ma nello stesso tempo occultava le donne perché, appunto, diventa la protagonista al posto loro. Così l'opera delle donne anche nella resistenza civile rischia di essere intesa come prolungamento del ruolo naturale di madre, proprio perché lo fanno per i figli, per il vicino di casa, sempre in un piccolo reticolo. Le donne hanno forse questa caratteristica di rivolgersi al vicino oppure al lontanissimo, come il prigioniero paracadutato, quello evaso dal campo di concentramento, magari uno straniero. Passano dal piccolo piccolo al lontano ed hanno pochi rapporti con il livello intermedio dell'organizzazione politica. L'immagine di donna universalmente accettata è appunto quella della madre, dell'Agnese, dite voi nel libro. La stessa giovane donna partigiana è a un passo dal sospetto di essere di facili costumi. Nella realtà cosa stava succedendo? Credo che all'interno della Resistenza ci fossero situazioni paritarie. Miram Mafai racconta cose molto belle di come le giovani ragazze fossero valorizzate. Ma intanto questo era generalizzato? Non è significativo che il romanzo simbolo sulle donne nella Resistenza sia l'Agnese va a morire? Che io sappia non c'è un romanzo dove ci sia una bella, conturbante giovane donna che fa la partigiana, faccia l'amore, ci sono solo sorelle, spose e madri. Pavone dice che Agnese sembra una perpetua. D'altra parte già in Agnese la ragazza giovane è cattivissima e sta coi tedeschi. E anche in Roma città aperta la ragazza bella è cocainomane, mezza matta, traditrice e, certo, anche Anna Magnani è bella però è un altro tipo di bellezza, da madre appunto. E poi la ragazza non si sa neanche se muore o no, non e' è neanche la morte, svanisce, sviene, resta lì con la sua pelliccia che le viene tolta, mentre l'altra fa una morte grandiosa. la genialità di usare il pudore per salvare delle vite Penso che per le donne allora dovesse essere difficile orientarsi perché da un lato c'era tutta questa retorica del materno e film come questi e poi contemporaneamente c'era Via col vento con una Rossella che ne fa di tutti i colori e che è ben poco materna. Comparivano le prime dark ladies, che morivano quasi sempre anche loro però erano già ben trasgressive e poi c'erano i film americani con le ragazze che lavoravano e vivevano da sole: c'erano tanti messaggi da non capirci più niente o forse da poter scegliere di più, non so. Contemporaneamente, dal '47 al '49, avveniva il grande battage mariano che esplode con la Madonna Pellegrina che viaggiò in 95 diocesi su 296, su un territorio con 22 milioni di abitanti, e non fu solo un'operazione da 18 aprile '48, ma un'operazione di grande respiro per le donne: era fatto tutto con una scenografia molto accorta, di sera, con le luci, con i riti, i canti, in cui si valorizzava molto il ruolo delle donne con discorsi rivolti a loro, con una bambina vestita di bianco che baciava la Madonna, e le donne, in quanto madri, erano presentate come l'unica mediazione attraverso la quale si salvava l'uomo e quindi l'umanità. Era un modello forte, oblativo certo, però un modello di potenza, di prestigio. E questo riguardava sia le cosiddette donne comuni sia le dirigenti dell'Azione Cattolica che erano donne acculturate, quasi manager. E anche questo è un particolare importante: in quegli anni l'Azione Cattolica aveva tirato su una leva di dirigenti nell'ordine di centinaia o migliaia di donne giovani che facevano scuola di formazione culturale, autocoscienza, terapia collettiva, che imparavano a parlare in pubblico. E la Madonna pellegrina opera il suo fascino su tutte queste donne tant'è che una delle massime dirigenti della Gioventù Cattolica chiede l'onore di portarla. Quindi era un richiamo per le donne non poco potente. Insomma, accanto a Roma città aperta c'era una varietà di modelli in contraddizione fra di loro. Tornando alla questione della resistenza civile, perché se ne è parlato così poco? A parte quello che già abbiamo detto, e a parte l'azione importante di qualche storico non-violento, c'è stato il problema che la gente non le spiega molto queste cose, dice che era normale farlo, e anch'io, tutto sommato, credo che su queste cose qui non ci sia tantissimo da spiegare, o le capisci o non le capisci. Forse sono cose così vitali, che non c'è da costruire sopra delle grandi teorie, vanno capite, raccontate e basta. Hannah Arendt dice che nelle situazioni di grande emergenza, di crollo di valori, non conta tanto il fatto che tu abbia un cpdice forte e che lo rispetti, ma il fatto che tu percepisca l'eccezionalità, che ti adatti a quell'eccezionalità e che adatti i tuoi criteri di azione a questa eccezionalità. E questo è legato proprio alla persona, non a determinati ceti sociali o gruppi culturali, proprio al modo in cui reagiscono i singoli. Una partigiana mi ha raccontato di come una donna contadina del le Langhe ha usato i tabù connessi alla femminilità per salvarsi e salvare altri. E' una cosa anche da ridere ... I partigiani, dei ragazzini, mentre era in corso un rastrellamento, le avevano nascosto le armi nella paglia della stalla e poi erano andati via. Lei, non potendo né impedire ai tedeschi di entrare né toglierle, cosa ha fatto? Quando ha visto che si affacciavano sull'aia i tedeschi si è messa a fare la pipì sul posto in cui c'erano le armi, e, fingendosi indignata che loro la stavano guardando, li ha scacciati. Quésta è genialità. Pensa alla rapidità, alla capacità di pen_sare: "sono una donna per cui ho diritto alla privacy quando faccio la pipì, a questo punto lo uso e li tengo fuori, è mio diritto di tenerli fuori così non trovano le armi ...". Questo io lo trovo assolutamente ammirevole. A me non sarebbe mai venuto in mente, avrei magari fatto qualcosa di eroico-esibizionista e sarei morta; invece lei fa la cosa giusta al momento giusto e vive. Evita anche che dalle armi si risalga ai partigiani. Mi inorgoglisce questa storia, questo uso così intelligente del pudore abitualmente riconosciuto come diritto delle donne. Me lo ha raccontato Lucia Testori che era una partigiana e ogni volta che la fncontro, saltano fuori pezzi di racconto di queste forme di resistenza. - UNA CITTA' 9

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