Una città - anno IV - n. 32 - maggio 1994

di proble,ni italiani Bi La virtù civile, che vuol dire servire il bene comune perché condizione per il proprio, ha il suo movente nel patriottismo che non vuol dire affatto omogeneità culturale ed etnica. La caritas civium da Livio a San Tommaso D'Aquino a Simone Weil. Quando quelle strade, "gonfie di vuoto", improvvisamente furono patria per Natalia Ginzburg. La necessità per la sinistra di un linguaggio dell'unità. Intervento di Maurizio Viroli. Maurizio Viroli insegna filosofia politica a Princeton. Il testo che segue è l'intervento che ha tenuto a Forlì, a. un corso di formazione politica organizzato dal comune, da Polis e da Memoria e Ricerca. La virtù civile, insegnano i classici, è la passione che spinge i cittadini ad impegnarsi per il bene comune, a servire la costituzione e le leggi, a resistere contro gli attacchi dei nemici esterni ed interni della Repubblica, a combattere la corruzione, a mobilitarsi quando anche i diritti di un solo cittadino sono violati. La virtù civile è la virtù propria dei cittadini delle repubbliche o, per usare la classica definizione di Montesquieu ne Lo spirito delle Leggi, è il principio delle repubbliche. E' il principio delle repubbliche intese come quella forma di costituzione politica in cui il popolo è sovrano, detiene il potere sovrano, ovvero il potere di approvare le leggi, di eleggere i governanti. Sottolinea Montesquieu che nella monarchia, dove non ci ·sono· cittadini, ma sudditi e tanto meno negli stati dispotici, dove non ci sono cittadini,. ma servi, non può esserci virtù civile. La condizione necessaria per la virtù civile, dunque, è che i cittadini siano parte della vita pubblica, abbiano il diritto e il dovere di partecipare alle decisioni politiche sovrane. La virtù civile, per dirlo in un modo più simile al nostro linguaggio, è il principio, o la virtù, propria delle buone democrazie. .. Quando sottolineano che la virtù civile è una passione, i classici del pensiero politico intendono dire che la virtù civile è una forza che fa agire gli individui, una passione che dà agli individui il coraggio, la determinazione, di servire la libertà comune anche quando questo comporta rischi, pericoli e oneri, anche quando servire la libertà comune richiede si mettano da parte, o addirittura si sacrifichino, interessi e beni privati. Nei secoli il mito del cittadino virtuoso è quello di Giunio Bruto, raccontato da Livio in Ab urbe condita. Giunio Bruto -fondatore della Repubblica romana dopo la cacciata dell'ultimo re, Tarquinioera un magistrato che condannò a morte i propri figli, rei di aver cospirato contro la libertà, e presiedette di persona ali' esecuzione. Fu l'amore per la libertà comune, commenta Livio, a dare a Giunio Bruto la forza di prendere quella decisione, la forza di pronunciare la sentenza di morte. Fu la virtù civile a dargli la forza di mettere il bene della sua patria, la libertà comune, al di sopra dell'amore per i suoi figli. Questo non significa, tuttavia, che la virtù civile sia una passione irrazionale, al contrario. Memoria Andatelo a dire Ai caduti di ieri Che il loro morire Fu come le nevi. No, i fuochi di un tempo Non trovano pace, La cenere al vento Riscopre la brace. Una cosa il giudizio, Un'altra la pietà, Lottare per la morte O per la libertà. L'unica dignità Della nostra storia E' la memoria Della verità. Alla vecchia e alla nuova Resistenza italiana, Contro l'odio che odia, Per l'amore che ama. Andatelo a dire Ai caduti di ieri Che il loro morire Fu come le nevi. Gianni D'Elia 25aprile 1994 Anche questo è un luogo comune che si ritrova in tutto il pensiero politico classico e soprattutto nel pensiero politico repubblicano, cioè nel pensiero politico che nasce nel l'antica Roma, rinasce nel I' Umanesimo italiano, sopravvive nell'età modernaedarrivafino a noi. Quando i classici del pensiero politico sostengono che la virtù civile è una passione non intendono dire che è una passione irrazionale, al contrario, per essi essere buoni cittadini, servire il bene comune, è il solo comportamento razionale, è il comportamento che serve meglio l'interesse individuale, è il modo migliore per fare il proprio interesse. I cittadini che non fanno il proprio dovere, che non si impegnano per il bene comune, che sono avari, codardi o meschini, per i classici repubblicani sono soprattutto imprudenti e sciocchi perché non si rendono conto che il loro modo di agire porta alla dissoluzione della repubblica e alla perdita della libertà, ovvero alla perdita dei beni più preziosi perogni individuo. L'esempio di tutto questo, notissimo, è quello, raccontato da Machiavelli, dell'imperatore di Costantinopoli che chiese ai propri sudditi di dare soldi per formare un nuovo esercito e difendere la città, ma i sudditi rifiutarono per avarizia, fin quando sentirono il rumore dell'esercito turco che si avvicinava alle mura e corsero dall'Imperatore con i loro denari. L'imperatore allora disse "Adesso andate sulle mura a morire con quei denari, visto che non avete voluto darli quando era necessario", ovvero, nella lezione di Machiavelli, quel comportamento fu un comportamento irrazionale poiché, per non voler voluto servire la libertà comune, persero tutto. il patriottismo dell'omogeneità o quello della libertà? Questo tipo di teoria della virtù civile si basa su un paradosso, su una apparente contraddizione, cioè sull'idea che per vivere liberi bisogna servire il bene comune. Questa idea sembra contraddittoria perché essere liberi è l'opposto di servire, ma la teoria non è affatto irrazionale, in quanto bisogna essere disposti a servire il bene comune per non essere domani costretti a servire un tiranno o una fazione o gli arroganti o i corrotti. La virtù civile, per i teorici politici repubblicani, è quindi necessaria per la conservazione della repubblica, ma è anche la virtù più difficile da coltivare, più difficile da insegnare, più difficile da praticare, è addirittura, secondo lo stesso Montesquieu, una virtù impossibile per cittadini moderni. Impossibile perché i cittadini moderni non sentono la repubblica, la vita comune, come una cosa loro, la sentono distante, hanno pochissimo interesse per la vita politica, sono quasi esclusivamente concentrati sulla vita privata, sulla vita familiare. Spesso, in società multiculturali come gli Stati Uniti, i cittadini si identificano con il proprio gruppo, con la loro comunità particolare -se sono ebrei con gli ebrei, se sono neri con i neri, se sono donne con le donne- e non si identificano con la Repubblica nel suo insieme. Per questo motivo nel pensiero politico contemporaneo ci si trova di fronte a un dilemma: da una parte tutti sono concordi nel dire che, per vivere, la democrazia, e soprattutto una buona democrazia, ha bisogno di virtù civile, di cittadini capaci di praticare la virtù civile, mentre, dall'altra parte, si riconosce che è quasi impossibile che i cittadini moderni sappiano, e possano, praticare l'impegno civile. Possiamo predicarla quanto vogliamo, e molti filosofi lo fanno, ma, come spesso succede, le prediche restano lettera morta. Questo dilemma ha perciò due possibili soluzioni: o si rinuncia alla democrazia o si trova una via per far nascere, per far crescere, la virtù civile. La soluzione, pertanto, è sostanzialmente una, quella che si può sintetizzare con le parole del vecchio Rousseau il quale scriveva "Volete che i cittadini siano virtuosi? Fate in modo che amino la patria!". Se i cittadini non amano la loro pa ia non saranno mai disposti a servire il ~ bene comune e quindi il segreto della virtù civile è nel patriottismo. So benissimo cosa vuoi dire questa parola, come suona male in Italia, ma questo è esattamente ciò che i classici scrivono. E' il patriottismo, cioè la virtù civile, il segreto della democrazia, virtù civile e patriottismo sono la stessa cosa. Basta leggere la definizione che Montesquieu dà di virtù politica nella prefazione a Lo spirito delle leggi: La virtù politica, dice Montesquieu, è amour de la patrie, l'amore per la patria, ovvero l'amore dell'uguaglianza civile e politica. Il problema è allora quale patriottismo. Se si dice che il patriottismo è la base, il fondamento, della virtù civile, che è necessario alla democrazia, bisogna poi chiedersi quale patriottismo è davvero capace di sostenere una democrazia moderna. Di patriottismo ce ne sono, mi pare, due tipi, che oggi si confrontano nella discussione intellettuale. Chiamo il primo "patriottismo della omogeneità", o nazionalismo, e il secondo "patriottismo della libertà", o patriottismo politico. I teorici del patriottismo della omogeneità, del nazionalismo, sostengono che per far rinascere nei cittadini la virtù civile bisogna creare comunità omogenee, che bisogna trasformare le nostre democrazie in comunità di individui omogenei dal punto di vista culturale, etnico, religioso, morale. Per questi teorici bisogna quindi che le comunità siano basate sulla condivisione della stessa cultura, sulle stesse concezioni del bene morale, possibilmente sulla stessa etnia, sulla stessa religione. Per i teorici del nazionalismo se i cittadini si sentono parte di comunità omogenee, se sono coesi, sono disposti a servire il bene comune, a fare il loro dovere, perché sentono la comunità vicina, se ne sentono parte. Negli Stati Uniti queste idee sono state recentemente sostenute dai filosofi che si definiscono "comunitari", e in Italia una posizione simile è stata presa dal professore Gian Enrico Rusconi, nel libro Se cessiamo di essere una nazione. La lealtà civile, la solidarietà che la democrazia richiede per funzionare, sostiene Rusconi, nol) deriva dall'attaccamento a dei principi universali -come la libertà in astratto, la democrazia in astratto, i diritti in astratto-, ma deriva dall'identificazione con la cultura concreta della comunità, cioè con la nazione. Per Rusconi se cessiamo di essere una nazione, cesseremo anche di essere una democrazia. l'omogeneità porta al bigottismo e all'intolleranza Ora, Rusconi ha ragione quando dice che la democrazia ha bisogno della virtù civile dei cittadini e ha anche ragione nel sostenere che, perché la virtù civile, l'impegno per il bene comune, "viva nella mente e nel cuore" dei cittadini, bisogna che i cittadini si sentano parte della cultura particolare di quel popolo, ma io non credo che abbiamo bisogno del tipo di virtù civile che Rusconi predica, ovvero di una virtù civile che si basa, come lui dice, su comuni radici etniche e culturali. Se noi vogliamo, come Rusconi sembra volere, una cittadinanza democratica, cittadini democratici maturi, cittadini che siano capaci di sostenere il bene comune e la libertà comune -cioè di fare il loro dovere sociale, di impegnarsi per la libertà comune, di vigilare contro le violazioni dei diritti- abbiamo bisogno non di una società più omogenea, di una più forte appartenenza a una comunità etnica, ma abbiamo bisogno di stimolare l'amore della libertà, cioè dei valori politici. lo credo che, se vogliamo avere delle democrazie migliori, dobbiamo ridurre, non rafforzare, l'identificazione con una tradizione etnica e culturale. lo non credo che, per rendere gli italiani migliori cittadini, dobbiamo rendere gli italiani più italiani, nel senso di rafforzare la loro unità etnica e culturale. Cosa vuol dire diventare culturalmente più italiani? Cosa vuol dire rafforzare l'unità etnico-culturale della nazione italiana? Vuol dire che dobbiamo essere più cattolici? Che dobbiamo andare a vedere sederiviamo tutti dallo stesso ceppo, se abbiamo lo stesso sangue? Che dobbiamo parlare tutti un perfetto italiano? Io credo invece che occorra sottolineare i valori politici della cittadinanza democratica; bisogna difendere questi valori e presentarli non come valori astratti, ma come valori che sono parte, la parte mjgliore, della cultura condivisa di questo popolo e quindi non valori astratti contro l'etnia, ma una diversa cultura contro l'unità etnica. la passione della carità: prendersi cura dei concittadini La connessione fra essere italiani e essere buoni cittadini non è una correlazione necessaria: non c'è bisogno di essere genuinamente italiani, nel senso etnico e culturale, per essere buoni cittadini, mentre invece è possibile essere dei perfetti italiani, dal punto di vista etnico e culturale, ed essere dei pessimi cittadini. Tant'è vero che Craxi e Andreotti sono italiani nel senso etnico e culturale quanto lo sono Falcone e Borsellino. Per fare una buona repubblica non c'è nessun bisogno, mi sembra, di rendere la nazione italiana più omogenea, più pura, più unita, in questo ci sono anzi molti pericoli perché la strada della omogeneità spesso porta non a costruire e creare dei cittadini migliori, ma al bigottismo, all'intolleranza. Per fare una nazione più omogenea dal punto di vista etnico e culturale bisogna per forza escludere qualcuno, bisogna per forza purificare chi è diverso culturalmente o etnicamente o dal punto di vista religioso, chi non condivide i valori e le idee e i costumi della maggioranza. Ma se succede questo, se si esclude, allora la città, la comunità politica, non è più la città di tutti, quindi non è più la repubblica, quindi non è più ciò che Rusconi stesso dice di volere, perché la repubblica, come dice il vecchio Mazzini, è la città di tulli e per tutti. Non credo quindi che questo patriottismo dell'omogeneità sia la strada che dobbiamo seguire. Ma c'è un altro tipo di patriottismo discusso nella letteratura contemporanea, è un patriottismo che si è radicato nella cultura americana, è, per esempio, un patriottismo come quello sostenuto da Michael Walzer, secondo cui l'attaccamento dei cittadini alla repubblica non è basato su un'unità etnica, o religiosa, o culturale, ma è attaccamento ai principi della costituzione, ai principi di quella repubblica particolare e al modo di vita conforme a quei principi, è cioè un patriottismo politico. Un patriottismo che è l'unico possibile negli Stati Uniti, essendo la loro una società formata da gruppi etnicamente diversi, con diverse culture, religioni, colore della pelle. Negli Stati Uniti l'unica unità possibile è l'unità che è data dall'accettare i comuni principi della repubblica, cioè della costituzione, e il modo di vita che si è radicato, formato, su quei principi. Michael Walzer sostiene che quello è il solo patriottismo che possa vivere una società multiculturale, che una società multiculturale democratica possa tollerare, l'unico possibile per gente come noi, ed è un patriottismo che non ha bisogno di essere sostenuto dall'omogeneità, ma può essere sostenuto dalla politica, solo dalla politica, dalla partecipazione alla vita politica nelle diverse forme della società civile. Può sembrare quasi contraddittorio, ma, secondo Walzer, sono politiche di tipo democratico e socialista, politiche di welfare, politiche di giustizia sociale, politiche che incoraggiano alla partecipazione, le vere e le migliori forme, i migliori mezzi, per incoraggiare il giusto tipo di patriottismo di cui una democrazia ha bisogno. Questa tradizione è oggi particolarmente presente in America, in Europa è sostenuta da Habermas, ed è una tradizione nostra: questo patriottismo politico è una concezione del patriottismo che nasce nell'antica Roma, che nasce nella tradizione del pensiero politico repubblicano ed è l'idea che per patriottismo si intenda certo amore della patria, ma per patria si intende la repubblica, non la comunità etnica. Per patria si intende la libertà comune di un popolo, la costituzione, le leggi che formano quella libertà comune, che sono alla base della vita civile. E' un patriottismo che parla di amore per la patria, ma intende per amore della patria non un attaccamento esclusivo, cieco, verso la propria comunità, ma un tipo di carità, una passione generosa che spinge l'individuo a prendersi cura non solo dei propri familiari, dei propri amici, dei propri correligionari, ma dei propri concittadini. Infatti l'espressione che Livio usa è caritas civium: carità verso i cittadini, soprattutto quando i cittadini sono vittime di ingiustizie, di torti, di discriminazione, di oppressione, questo è il significato classico del patriottismo repubblicano. E' un significato che certo si è trasfigurato, che si è perso, che si è dimenticato, ma questo non vuole dire che non ci sia una tradizione nostra, alla quale possiamo guardare per risolvere il problema di cui parlavo ali' inizio. Già lo ricordavo: questa tradizione rivive nel pensiero degli umanisti, riappare in Machiavelli che, quando parla dell'amore della virtù degli antichi romani, lo qualifica come amore della patria e intende la capacità dei cittadini della repubblica romana di mettere il bene comune al primo posto, al di sopra degli interessi particolari. Questa tradizione dall'umanesimo italiano si trasferisce al pensiero politico inglese che prepara e accompagna la rivoluzione inglese, tant'è che John Milton definisce i nostri vecchi patrioti "difensori della libertà civile e religiosa" e definisce, in un altro testo più tardo, i migliori patrioti coloro che hanno giustamente difeso la nostra libertà. E Milton difende l'esecuzione del re: per difendere quell'atto spiega che esso non fu un atto di ribellione, o di ira, o di odio, ma fu un atto di carità nei confronti della libertà comune. Il significato della parola patrie nella tradizione intellettuale che precede la rivoluzione francese, poi, è indubbio: tutte le volte che viene usato, patrie significa una repubblica, una comunità di cittadini liberi ed uguali. Quindi dire amore per la patria, se per patria si intende la libertà comune, la repubblica, ha un significato del tutto diverso dalla retorica nazionalista, dall'ammirazione della purezza etnica, dalla difesa della omogeneità naturale di una nazione. Tant'è vero che per gli scrittori politici dell'illuminismo e per i teorici dell' Encyclopédie, l'opposto di "patria" è il dispotismo perché dove c'è il dispotismo non c'è la patria. Ci può essere un paese, ma non può esserci una patria, perché per esserci una patria bisogna che ci sia la libertà comune, che ci sia il governo della legge, l'uguaglianza politica e I' uguaglianza civile. che cosa si ama? la grande nazione o la fragile repubblica? Per chiudere sulla descrizione di questa tradizione, vorrei sottolineare il fatto che esiste, negli scrittori politici repubblicani a cominciare da Cicerone, una chiarissima definizione di che cosa si deve intendere per amare la repubblica. Dice Cicerone che questo amore è una forma di carità, un attaccamento che abbiamo verso le persone care, verso i nostri concittadini, e che si esprime in atti di servizio -ecco la virtù civile, servire il bene comune- e in atti di cultus, cioè nel prendersi cura, nello stesso senso in cui ci si prende cura di una pianta, di un campo, della vita pubblica perché prosperi. Questo è il patriottismo nel senso tradizionale, nel senso classico, che rivive nel Medio Evo. Ad esempio in un testo attribuito a S. Tommaso D'Aquino, Amor patrii in radice caritatisfundatur, l'amore della patria ha la sua radice nella carità. L'amore della patria in questo senso, per i teorici repubblicani, è un tipo di passione che ha una capacità trasformativa perché trasforma l'individuo che mette al primo posto l'interesse personale, privato, in un

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