Una città - anno III - n. 24 - luglio 1993

di politica I VECE DI U ILOSEVIC ••• Le difficoltà economiche e sociali, le illusioni illuministiche, il ritorno di nazionalismi, xenofobia, antisemitismo. Ma anche una vitalità sotterranea, anticipazioni culturali, esperimenti economici nuovi. Sulla situazione dei paesi dell'est intervista a Lisa Foa. Tu ti sei sempre appassionata allo studio dei paesi dell'est europeo, ci puoi parlare della situazione attuale di questi paesi, apparentemente almeno, così afflitti da gravissimi problemi di transizione? Sono difficoltà che hanno radici lontane. Regimi come quelli che e' erano in Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia ma anche nell'Unione Sovietica, erano considerati quasi eterni e immutabili da parte di dirigenti e politici occidentali convinti che il fenomeno della dissidenza e dell'opposizione fosse assolutamente trascurabile, marginale, che non potesse scuotere la solidità politica, economica, militare di quei sistemi. Basti pensare che tutto il progetto dell'Europa unita aveva lasciato fuori questa fetta consistente dell'Europa. Da un'Europa che è già un piccolo pezzo del continente euro-asiatico, era stato ritagliato un pezzettino ancora più piccolo. Un progetto oggi quasi andato a monte per la sua imprevidenza, perché non aveva previsto -non dico il crollo di quei sistemi, non 1'89- ma nemmeno un'apertura, una possibilità di rapporti più stretti e organici. Aveva accettato questa spaccatura. E questo aveva avuto i suoi effetti su tutta l'opinione pubblica, impedendo la comprensione di quantq stava lì succedendo. Anche partiti di sinistra come il PCI avevano sempre considerato la dissidenza come qualcosa ancora peggiore del 68, una cosa da isolare, assolutamente, da non incoraggiare. Il Partito Comunista di solito si atteneva a questa regola: se il movimento riformista veniva fuori dall'ambito dei partiti comunisti - la primavera di Praga o l'esperimento di Gorbaciov- esso andava, anche se parzialmente, appoggiato. Ma tutto quello che era estraneo al sistema, che veniva dal mondo dell'opposizione, era assolutamente da non appoggiare, da ignorare. E questa cosa era passata nella testa di tutti, per cui 1'89 ha provocato un terribile disorientamento anche proprio nell'interpretazione di quello che stava succedendo. Cosa c'era al di fuori di questo potere così pervasivo e onnicomprensivo? Lo si ignorava semplicemente, per cui scoprendo questo mondo ci si è trovati di fronte a comportamenti, processi, fenomeni difficili da interpretare. C'erano state delle avvisaglie -non tutto avviene così ali' improvviso- ogni tanto delle esplosioni aprivano degli squarci. Dal '53 in poi questo periodicamente succedeva in un paese o nel1'altro. In Polonia ripetutamente, in Ungheria, nella Germania stessa. Però poi tutto sembrava ogni volta ricondotto alla nonnalità. i regimi forti hanno ancora un notevole fascino In fondo, questi regimi piacevano abbastanza a tutti. Innanzitutto perché i ~egimi forti, bisogna dirlo, hanno ancora un notevole fascino, come lo ha oggi, per molti, il regime serbo. Poi perché queste popolazioni consumavano poco e non ci dispiaceva che il consumismo fosse riservato solo a noi: l'austerità è una cosa abbastanza apprezzata da economisti, da madri di famiglia, da intellettuali progressisti, ma lo è ancor più poiché austera era quell'altra Europa. In fondo quest'Occidente, quest'Europa unita sembrava proprio che potesse esistere in quanto e' era un altro mondo che viveva in modo diverso, senza minacciare troppo questo modo di vita e, anzi, quasi rassicurandolo, rendendo delimitata l'area del privilegio. E poi quando tutto è crollato, si è cominciato subito a pensare che tutto sarebbe andato a posto in poco tempo: "Questo mondo adesso è cambiato, questi regimi se ne sono andati, tutti vogliono la libertà, la democrazia, vogliono il libero mercato e quei paesi un po' alla volta si omologheranno a quelli occidentali". Un ragionamento condiviso anche da quanti non volevano il trionfo assoluto del sistema capitalistico, anche nelle persone più critiche e che non consideravano I' occidente come il paradiso in terra. Un'illusione che fu anche in gran parte condivisa da quegli stessi che avevano più di tutti contribuito al crollo del socialismo reale, come Havel, Michnik, Geremek, personaggi che erano state le menti più attive e lucide nel corso di tutto il processo di disfacimento di quei regimi. Anche loro si erano illusi a un certo punto di poter guidare la transizione verso un modello più o meno democratico, un'economia più o meno di mercato, qualcosa di simile a quello che c'è qui. Però ben presto questa persuasione è caduta perché si è rivelata una grande illusione di tipo illuministico, dovuta ancora una volta a un difetto di razionalismo. La realtà scappava da tutte le parti, si aprivano crepe da tutte le parti e il mondo che veniva fuori era un mondo quasi ingovernabile, in cui qualsiasi ~-~-···!!%>' intervento, qualsiasi decisione provocava reazioni assolutamente imprevedibili, qualche voltà di segno opposto a quelle volute. l'indice catastrofico della speranza di vita Innanzitutto e' era una grandissima crisi economica, una recessione diffusa, c'era un sistema che non rispondeva più da tempo agli stessi comandi della pianificazione, e questa è stata fra le cause principali dello sgretolamento di quei regimi. C'era una situazione sociale estremamente deteriorata: basti pensare che tutte le statistiche demografiche indicavano un forte regresso (speranza di vita, mortalità infantile segnavano indici catastrofici, da terzo mondo tant'è vero che a un certo punto avevano persino smesso di pubblicare i dati); tutto andava a pezzi, anche i tanto celebrati servizi sociali e quel patto sociale - per cui si lavorava poco, si guadagnava poco però si aveva l'indispensabile- non funzionava più. In Polonia è risultato chiaramente che la diminuzione della durata della vita era anche connessa agli enormi sforzi per sopravvivere, ai doppi o tripli lavori: una regressione quindi non soltanto economica ma anche sociale. Questi gruppi che avevano guidato la fase della caduta di questi regimi, si sono poi ritrovati nei vari paesi in minoranza o emarginati. Sì. Lì l'intellighentia aveva svolto un ruolo assolutamente eccezionale rispetto a quello cui siamo abituati nei nostri paesi. In qualche modo sopperivano alla mancanza del pluralismo politico, alla manEZZA ~SINTESI ARREDAMENTO NEGOZI E SUPERMERCATI B LA FORTEZZA SINTESI s.r.l. 47034 FORLIMPOPOLI (FO) - ITALV Via dell'Artigiano, 17/19 Tel. (0543) 744504 (5 linee r.a.) Telefax (0543) 744520 canza di autonomia della società nel suo complesso, per cui un romanzo, un'opera teatrale, un quadro, un film erano cose che avevano una ripercussione sociale e una forza di aggregazione culturale e politica che andava al di là del valore dell'opera -un po' come succedeva da noi sotto il fascismo. Se poi li vediamo adesso, questi film non sono molto belli. E anche i romanzi spesso sono solo dei saggi che l'autore non ha potuto esprimere in forma saggistica, la più controllata dalla censura. L' intellighentia era stata indotta ad assumere ruoli politici che, una volta crollato il regime, sarebbe stato difficile continuare. L'illusione di potere seguire una linea di direzione che sembrava lineare e promettente, ha indotto molti di loro a continuare. Ma si sono presto trovati superati dagli eventi e quindi emarginati o nell'impossibilità di fare quello che volevano. Havel lo ha spiegato molto bene in un discorso fatto a Parigi, di come tutte le illusioni si siano consumate in un tempo rapidissimo. C'era soprattutto un vuoto di società civile. Sono stati i polacchi a dire per primi: "noi abbiamo contrapposto la società al potere, il movimento di opposizione ha cercato di ignorare il potere, facendo le università volanti, le lezioni clandestine, un'economia sotterranea: quasi un paese ombra". Ed era vero, queste cose c'erano, c'era un mondo che si muoveva al di fuori del potere, si erano creati degli spazi più o meno in forma clandestina. Ma col cambio di regime anche questo è svanito. tutte le illusioni consumate in tempo rapidissimo Geremek l'ha detto molto bene: "abbiamo visto quanto esile fosse questa società civile che puree' era". Eppure non era stata inventata a tavolino, si era articolata in Solidamosc che era stata la proiezione di un lungo lavorio sociale. Ma adesso sembra prevalere quell' atomizzazione che il sistema totalitario aveva creato, e in ogni caso è risultato che la nuova società non può essere costruita sulle vecchie reti clandestine. Quali sono i rischi ora? I rischi sono tanti, il più pericoloso è ovviamente il nazionalismo esasperato. Dopo tanti decenni di regime totalitario e ultraccentrato, nella ricerca della propria identità - che era una componente del processo di liberazione- ad un certo punto s'è sviluppato qualcosa che non porta più il segno della liberazione ma porta il segno della involuzione. Nella stessa Russia, da questo recupero di un'identità russa sono scaturite tendenze di tipo tradizionalistico, passatistico. Basta pensare a scrittori della cultura contadina, come Rasputin, scrittori straordinari per la capacità di cogliere la condizione reale delle persone, che diventano i propulsori del più esasperato nazionalismo. E questo succede quasi senza soluzione di continuità tra il positivo e il negativo. Ci sono poi i rischi connessi alle difficoltà economiche. In Polonia, ad esempio, un movimento come Solidarnosc, che è stato il fattore di sgretolamento del sistema, aspira a una migliore condizione della vita umana, delle condizioni materiali. Ma questa aspirazione, in un paese come la Polonia di oggi non solo non è realizzabile, ma contrasta con l'obbiettivo di rimettere sui binari il paese. E anzi nel trapasso è inevitabile avere un peggioramento. Un altro tipo di contraddizione abbastanza insolubile per lo meno sul breve-medio periodo, è quello legato al modo particolare in cui è avvenuto il cambio di regime. Nel senso che il vecchio regime è crollato, ma in qualche modo c'è una sorta di continuità. Molta della vecchia burocrazia è ancora lì, c'è molto trasformismo. La vecchia nomenklatura conserva buona parte dei suoi privilegi, non solo perché ha accumulato soldi in queste finte società egualitarie di cui si favoleggiava, ma è anche in grado di muoversi meglio, ad esempio per acquisire nelle privatizzazioni a prezzi di favore aziende, negozi. I loro figli hanno spesso studiato all'estero e si trovano in posizione di privilegio. Nel cambio di regime c'è anche bisogno di ristabilire la giustizia, che le colpe non restino impunite. E' il problema della decomunistizzazione. In Cecoslovacchia e' è stata la famosa legge della lustrazione e le menti più illuminate non sono riuscite a bloccare una forte tendenza a epurare, al limite della vendetta. Da un giusto desiderio di ristabilire la giustizia, il passaggio a una posizione di rivalsa, di vendetta non è così netto. Come dominare questa materia? In Polonia i democratici sono stati contrari a qualsiasi forma di decomunistizzazione ma sono stati attaccati dal1' ala più populista, come si usa dire, e accusati di cripto-comunismo. Nelle elezioni presidenziali, in cui erano contrapposti Walesa e Mazowiecki, questa cosa è stata al centro del confronto. Questo per dire qual è il groviglio di problemi. Lo vedi anche pericoloso? Questi paesi, afflitti da grave crisi economica, in fondo non hanno una Forlì, 10-19 settembre '93 VERSO SUD quarta edizione della "festa" di via Dragoni

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