Una città - anno II - n. 18 - dicembre 1992

POST O·IIICE GAUPAGOS ltomo felix Se andate in Ecuador lasciate perdere l'Ecuador, che sembra la brutta copia di Perù e Bolivia. Andate alle Galàpagos. Sono le "islas incantadas" di Diego de Rivandeira ( 1500) che, per un gioco di correnti marine, non riuscì a raggiungerle e le ritenne, così fugaci e irreali, disancorate dalla terra. Sono i "mucchietti di cenere" di Melville. Sono il regno delle tartarughe giganti e dei fringuelli di Darwin il quale, con riflessione ritardata, ne trasse la certezza della trasformazione delle specie. E sono, oggi, il regno incontrastato di Felice Puzu, guida autorizzata sul brigantino "Andante". Felice ha 27 anni, si è laureato in biologia in Svizzera dove è nato, a Losanna, da madre svizzera e padre sardo. Fra le sei lingue che parla egli inserisce anche l'idioma paterno. E' piccolo, tarchiatello, biondissimo, con due ridenti occhi azzurri sul viso incorniciato da una tenera barba nazzarena. Ma soprattutto Felice è felice: felice di muoversi, sempre scalzo, sulle sue isole di vulcani silenziosi o gorgoglianti; felice di nuotare, fra foche e pinguini, nelle gelide acque tagliate dalla corrente di Humboldt; felice di aiutare i marinai ad -issare fiocchi e controfiocchi; felice di raccontare esilaranti storielle stupendamente mimate; felice di ascoltare, sonnecchiando, i nostri ricordi di viaggi quando di sera ci ritroviamo sul ponte a contemplare un cielo di stelle senza palpito. Felice è fresco e innocente come gli animali delle Galàpagos. Non è una guida: è un amico. fr_acielo e terra Non nutro eccessiva affezione per gli animali troppo attaccati alla terra o troppo sollevati in aria. Ma le Galàpagos ne sono strapiene. Le iguane di mare e di terra, innocui draghetti squamati, te le ritrovi ovunque fra i piedi: incollate al basalto scuro delle scogliere o semiaffondate nelle sabbie candeggiate delle spiaggette. Non si spostano di un millimetro e rischi sempre di calpestarle. Quando incappiamo in una numerosa colonia, dobbiamo procedere saltellando e sembriamo tutti impegnati in una buffa danza senza ritmo. Rettili e sauri non sono mai entrati nelle umane simpatie ed anche questi inerti animaletti non sfuggono alla regola del ribrezzo. Sterminata è poi qui la fauna volante. Già nella barca abbiamo fraternizzato col mimo poliglotta, che non è un attore diplomatosi al liceo linguistico ma un anonimo uccelletto grigio che imita le voci degli altri uccelli. E' così petulante, irrequieto e confidenziale, quando ti frulla intorno becchettandoti mani e piedi, da farti sentire come Biancaneve fra le bestioline del bosco. La prima delle nove isole che visitiàmo è Seymour. Quando approdiamo Felice ci impone di seguir~ i) percorso delimitato da paletti di legno. Ma ad un certo punto incontriamo due sule dalle zampe azzurre, ferme in mezzo al sentiero: si tratta di un uccello pescatore grosso quanto un'anatra grossa, con lungo becco e una testina di capelli a spazzola. L'occhio tondo e truce gli dà un aspetto lombrosiano da moderno naziskin. Le zampe palmate sembrano dipinte con una vernice a smalto. Felice si blocca e ci blocca. Perché non allontana gli intrusi? Il fatto è che gli intrusi siamo noi. Felice lo sa e lo sanno anche le sule. Le aggiriamo di lato cercando di evitare i loro colpi di becco. Più avanti, nella zona di nidificazione, ce n'è un'intera colonia. Il maschio richiama la femmina in volo con una fischiatina che sembra il nostro sibilo di ammirazione per le ragazze prosperose. Questa atterra accanto a lui che le offre un rametto. Se viene accettato, dopo un preludio di inchini e strofinamenti, la lungaggine del corteggiamento viene ricompensata, in tempi inversamente proporzionali, con una montata che sancisce l'inizio di un ménage matrimoniale assolutamente legale. Nella stessa isola nidifica sul "palo santo" (un alberello scarnito che trasuda essenze profumate come la pelle di Alessandro) un altro uccello ittiofago, un vero campione di volo librato: la fregata. Il maschio è dotato, sotto il gozzo, di una sacca che gonfia fino a farne un pallone rubicante talmente dilatato che pare debba scopCASSARURALEDARTIGIAN-AFORLl 1 NEL CUORE DELLA CITTA' GRUPPO ~~©QJJ [ill CORRIERE ESPRESSO SERVIZIO NAZIONALE E INTERNAZIONALE 70 SEDI IN ITALIA FORLI' - P.zza del Lavoro, 30/31 Tel. 0543/31363 - FAX 34858 RIMINI - Via Coriano 58 - Box 32/C - GROS Tel. 0541/392167 - Fax 392734 piare. Mai si è potuto dire a maggior ragione che una femmina si sia lasciata intrappolare da un pallone gonfiato. Questo uccello esibizionista è I' incubo delle sule: essendo un pescatore di scarsa abilità, anziché scendere in picchiata sui banchi di pesce, come fanno le sule con straordinaria velocità e competenza, preferisce picchiare nei due sensi su di loro, costringendole a mollare il pesce e rapinandole della preda. Le sule devono stare molto attente quando è in arrivo una fregata: che il nome glielo abbiano affibbiato loro? uomini e foclte Le otarie sembrano pacifici cagnoloni insaccati. Non so dire se abbaino, latrino o muggiscano. Di certo ronfano: gli scapoli e le femmine se ne stanno tutto il giorno a dormire, di schiena o di pancia. Al la protezione dei piccoli provvede il baffutissimo maschio dominante, sempre in movimento, in mare e a terra, per controllare il territorio e per sedare le risse del suo harem. Se ci sediamo troppo vicino, queste belle addormentate sollevano appena la testa, ci osservano stancamente con l'occhio glaucomico e tutt'al più emettono un'energica soffiata di fastidio. A Plaza un cucciolo ha perduto la madre e, uggiolando (credo) come un ossesso, si accosta a tutte le altre mamme che lo scacciano senza riguardo. Si avvicina anche al nostro gruppo perché non manca fra noi chi potrebbe essere scambiato per una foca. E poiché noi siamo assai più umani delle foche, vorremmo consolare quel frugolo disperato con qualche carezza. Ma Felice è inflessibile: gli animali non si toccano. Se trasferiamo a lui il nostro odore, che oltretutto non sa di colonia su questa torrida pietraia, 1a·madre potrebbe respingerlo poiché essa si serve di udito ed olfatto per riconoscere la prole fra una massa di uguali. Infine il piccolo rintraccia la genitrice che lo accoglie con entusiastici bramiti (credo) a cui egli risponde con giocondi stridolini. Dopo un affettuoso strofinamento di nasi, tutto finisce con una favolosa poppata. E noi siamo tutti contenti perché finalmente le foche si sono comportate da uomini. le "galàpagos" Galàpagos significa tartarughe con termine spagnolo medievale usato per designare lo scudo salvatesta con cui si andava ali' assalto dei castelli sotto gragnuole di sassi. Per vederle approdiamo a Santa Cruz, l'unica isola dove esiste una foresta tropicale con alberi che sembrano sfilacciarsi in liane, muschi e licheni. La "garùa", una nebbia piovigginosa che avvolge perennemente le colline, fornisce l'umidità necessaria. Qui la Stazione Darwin ha disposto le recinzioni per l'allevamento delle testuggini elefantine. L'unica grande popolazione in libertà è quella sul vulcano Alcedo di Isabela e si raggiunge solo con una faticosa scalata. Forse proprio questo le ha preservate dal divenire rifornimento di cambusa per pirati e balenieri, prima, e di ristoranti con cucina d'alta scuola, poi. Dal carapace un tempo si ricavavano pettinelle, stecche di ventagli, montature d' occhiali, intarsi, cornicette e quant'altro poteva costituire ornamento per il salotto buono della signorina Felicita. Ma il trionfo della plastica ha eliminato almeno questo incentivo alla distruzione, che pure continua per la caccia alle uova e ai piccoli esercitata da capre, cani e maiali divenuti selvatici. Non direi che l'incontro con questi animali sia particolarmente emozionante: essendo quelli più grossi nell'età postadolescenziale di 80 anni, nessuno dei qui presenti raggiunge i 300 chili del massimo sviluppo cui pervengono verso i 150 anni. All'uscita dall'uovo pesano sugli 80 grammi e sono destinati a crescere smisuratamente, passando dallo stato di vongola gigante a quello di elefante nano con coperchio. Nel frattempo conducono una noiosissima vita tutta dedicata a masticare foglie di cactus. Lentissimamente, poiché il tempo non manca. Forse i nostri bisnipoti, se passeranno di qua, potranno ammirarli nella loro piena espansione. Felice cerca di rianimare la statica compagnia vellicandocon un filo d'erba le parti molli di uno sconcertato bestione. Il quale allunga le tozze zampacce e spinge in alto il collo dimostrando, nell'espressione della mite testina da uccello mancato, un'evidente soddisfazione. Come quando si accarezzano i gatti sotto il collo. Questo è l'atteggiamento che le galàpagos assumono per invitare i fringuelli a liberarle dalle zecche, quando vengono stuzzicate dalle loro beccatine. Non c'è dunque l'insorgere di un piacere, ma l'invito ad eliminare un fastidio. Il piacere viene dopo: l'antica saggezza di Socrate nell'animale più alllico del mondo. E, come sempre, l'inganno degli uomini. due integralismi I veri amatori delle Galàpagos Coop. Cento Fiori LAB. ART. fITOPREPARAZIONI Via Val Tel. Dastico, 4 0543/702661 Forlì Estratti idroalcolici in diluizione t: 10 da pianta fresca spontanea o coltivata senza l'utilizzo di prodotti di sintesi. - Macerati di gemme. - Opercoli di piante singole e formulazioni con materia prima biologica o selezionata. Produzioni su ordinazione CO cercano in ogni modo di preservare l'endemismo di piante e animali. A tale fine organizzano anche battute di caccia per eliminare gli inselvatichiti animali di importazione, per i quali nutrono la stessa avversione dei nostri leghisti nei confronti degli extracomunitari. Quando gettiamo l'ancora in una baia di Espanola, la nave viene invasa da un esercito di vespe che si buttano a grappoli dentro inostri bicchieri di cocacola. La nostra amica Tina, un'animalista integrale che accetta di convivere, nel suo appartamento in Italia, con una famiglia di topolini perché "vi abitavano prima di me", cerca di allontanare delicatamente da sè uno di questi insetti che la sta perseguitando. Felice interviene e lo schiaccia con una piattonata di mano: "Non è di qui ...". E' vero: sono vespe africane. le ultime foclte Dopo avere costeggiato la baia dei bucanieri di James, dove nei vuoti di grotta lasciati dai ribollimenti lavici i pirati si spartivano il bottino gozzovigliando con vini di Spagna, approdiamo a Santiago per visitare un fantastico campo di lava consolidata. I disegni a corda, a vortici e a frantumi materici sono degni della più informe scultura informale. Proseguiamo bordeggiando attorno ali' isola Bartolomé mentre, su spuntoni di roccia, le figurette bianconere dei pinguini ci indirizzano strani versi doloranti, come di bimbi in agonia. Siamo alla ricerca delle foche "peleteras", ormai decimate dai cacciatori di pellicce. Le troviamo su di una costa smozzicata dove le colate laviche, raffreddandosi in acqua, hanno creato frastagli di piscine naturali, di gallerie semicoperte, di speroni bitorzoluti. Non c'è buca od anfratto che non accolga qualcuno di questi cuscinetti foderati di velluto. Ci rivolgono sguardi rassegnati e malinconici, quasi fossimo i loro antichi carnefici. Sembrano così morbidi e caldi da farti venire la voglia di avvolgerti in essi. Magari ridotti a pelliccia. Office, ossia una botticella appesa a un palo dove un tempo i marinai lasciavano la posta. La prima nave di passaggio la prelevava e la portava al porto d'arrivo e qui prendeva la normale trafila del "correo". Ormai questo sistema viene usato solo per gioco e, oltretutto, deve contare sulla generosità del prelevante che è costretto a pagare l'affrancatura. Scelgo una bella cartolina che riproduce !"'Andante" a vele spiegate e la indirizzo a me stesso. Con tanti saluti. Mi dicono che fra sei mesi potrei anche riceverla. Ma dopo una settimana dal mio arrivo in Italia la cartolina è già qui e contiene i saluti di una comitiva italiana che mi piace immaginare giovane e allegra. Se basta una botte per questo servizio, perché da noi non funziona? Comunque sia, ringrazio di cuore gli sconosciuti viandanti delle Galàpagos che tuttavia spero di non incontrare in Italia: coi tempi che corrono potrebbero richiedermi il rimborso del francobollo. Con tanti saluti. con tanti saluti A Floreana, a ridosso di una triste spiaggetta, c'è il Post Libero Casamurata leffere da un giro del mondo FRAN.ZJOSEF:NUOVA .ZELANDA Sono inchiodato qui a Franz Josef da cinque giorni, senza sapere il perchè. E' un paese nell'isola del sud della Nuova Zelanda, con sì o no quattrocento abitanti. Piove tutti i giorni tutti i giorni dell'anno. Attraverso l'acqua che scivola sui vetri sembra di vedere l'erba e le piante crescere fino a soffocare la città. Il bosco e le felci coprono i margini delle strade. Non riesco a decidermi a partire. Abito in una normalissima, indistinguibile casa di legno, foderata di moquette, adibita ad albergo, o ricovero di viandanti o ostello, non so. Non esiste una chiave in tutta la casa, né per le camere, né per i bagni, né per altro. Stiamo qui dentro, io e gli altri, come naufraghi, come a difesa di un ultimo avamposto; pronti quasi ad abbracciarci ogni sera prima di coricarci. Di notte la casa scricchiola e parla, di giorno ci ritroviamo spesso in cucina a scrivere lettere come adesso, o a raccontarci. Sarà tre giorni che non ho più guardato l'orologio; alcuni dei miei nuovi compagni hanno smesso di portarlo. La padrona di casa è di Berlino, capitata qui per caso, che poi si è fermata. Sembra intrappolata in un'utopia senza senso, un impossibile viaggio all'indietro a ritrovare un diverso rapporto con le cose e col tempo. lo e un altro usciamo ogni tanto a fumare perchè dentro è vietato. Ci avviamo e parliamo, ma poco. La natura attorno è così placida, così indisturbata, non so come spiegare, così naturale. Ti passa dentro, ti annulla. Con le nuvole la luce forte e livida satura i colori e quando esce il sole piomba giù in un'aria lustra come fosse un colpo d'ascia, che sembra di assistere alla genesi. Ci sono colline a perdita d'occhio senza il segno di un aratro, la cicatrice di un confine, un filare, niente. Una pelle verde senza fine che viene voglia di accarezzarla. Poi c'è il vento, sempre. Tutto quello che corre, qui, sta per aria. Nuvole, foglie, odori di erba e di pecore. Domenica ho approfittato di una sosta della pioggia e sono sceso fino ai negozi per prendere qualcosa da mangiare. C'è un edificio grande e quadrato che non avevo mai capito cosa fosse. Ho provato a girare la maniglia; era aperto e sono entrato. Ci sono due campi da squash, una trave per la ginnastica artistica, un ambulatorio zeppo di medicine. E nessuno. Mi sono messo a guardare in giro come un ladro, ho rovistato tra le medicine, ho curiosato in tutte le porte. Ho guardato meglio all'ingresso. Un cartello diceva Sunday CLOSED; domenica chiuso. Ieri sera sono stato al pub qui accanto a bere fino a tardi; i neozelandesi sono brava gente, cortesi e disponibili, scherzano sul loro vivere a testa in giù, dalla parte sbagliata del mondo. E sono sempre curiosi di sapere cosa si dice di là. Più tardi volevo arrivare ad un altro pub un paio di chilometri lungo la strada. Ma è tanto buio che dopo pochi passi ho dovuto rinunciare; non riesco a vedere dove metto i piedi e non passa una macchina, nessuno, e dopo la curva non c'è una luce. Torno indietro e all'improvviso mi sembra assurdo che non passi nessuno. Mi stendo in mezzo alla strada con le braccia e le gambe larghe e aspetto. Non c'è luna. C'è un buio e un silenzio assoluto, inconcepibile. Chiudo gli occhi e penso che quello che mi colpisce di questo paese è quello che non c'è. Arrivando fin qui vedi colline verdissime punteggiate di pecore e i fiumi e i laghi che si immaginano soltanto e i pendii sono dolci e lisci come seni e quando l'ombra delle nuvole ci corre sopra ti chiedi com'è possibile che non ci sia una casa, un paese, una città; nel punto esatto dove stai guardando. Ma non c'è. I fiordi incantevoli, le spiaggie. i crostoni a picco sul mare sono immersi in una solitudine che intimorisce. Penso ai banconi di frutta lungo la statale 6 con l'unico cartello lasciate i soldi nella scatola per favore. Eppure la natura è familiare, riconosci le Alpi, le colline toscane e il resto, ma è come tutto prima di noi. prima di quelli prima di noi, prima di Roma, perchè non c'è nessuno maledizione sono tutti assenti. Sono già andati via, o più probabilmente devono ancora arrivare; perchè tanto qui il tempo non esiste, e ti scivola sopra come una medusa. Da quanto tempo sono steso qui? Forse mezz·ora. E non è passato nessuno. Adesso spero, voglio che una macchina spunti dalla curva e rischi di passarmi sopra. Inutile; Non arriverà nessuno. Riapro gli occhi e ci sono ancora le stelle. Nitide e vicine come spruzzi di vernice bianca. Mi viene voglia di alzare un braccio e di grattarle via, con l'unghia di un pollice. E' troppo bello qui. Ed è triste capirlo. Piero Rina/di

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