Una città - anno II - n. 9 - gennaio 1992

.--------------------------------------cli RoccRoonclti Probabilmente l'idea di un partito o di una lega degli "onesti'', come principio di una rigenerazione morale di un paese allo stremo, guadagnerà nel prossimo futuro un largo consenso nella opinione pubblica. Essa è sostenuta dalla maggioranza degli opinionisti e inoltre ha il pregio della semplicità e della immediatezza, due qualità determinanti, nell'epoca della pubblicità, per il successo di un progetto. Che cosa significhino "onestà", "disinteresse'', "purezza di intenti" ciascuno crede infatti di saperlo perfettamente, se non altro per opposizione a ciò che viene quotidianamente rappresentato sullo schermo come esempio di "corruzione", '·egoismo" etc. La vendibilità di questo prodotto ideologico è poi garantita dal fatto che offre al consumatore la possibilità di specchiarsi in un'immagine gratificante. Al momento del l'acquisto egli entra in possesso di alcune ideeguida che non solo gli permetteranno di presentarsi nelle conversazioni private e pubbliche come paladino del bene comune, ma, soprattutto, gli forniranno una valida giustificazione per i propri comportamenti scorretti e immorali: in un mondo dominato dai disonesti, che, si sa, sono i "politici" responsabili di ogni sconcezza, l'onestà non può infatti che essere perdente, bisogna accomodarsi con l'esistente, "non tutti sono eroi come Libero Grassi" etc. etc. I PROFESSIONISTI DILLAPUREZZA E' perfino inutile sottolineare quanta pericolosa intolleranza, quanta cattiva coscienza da piccolo borghese risentito vi sia nel pensare l'onestà come valore discriminante, come principio di divisione in "parti" del paese reale (questi sono i "partiti"). Se da una "parte" stanno gli onesti e i puri (indipendentemente dalle ideologie tradizionali, si afferma con orgoglio), dall'altra "parte" che ci sarà? E' semplice: i disonesti e gli impuri. Se vi sarà guerra, questa allora non potrà che essere una guerra santa e di annientamento, perché, per il trionfo del bene sul male, non solo è inutile, ma è addirittura dannoso discutere sui mezzi. Il modello di questa guerra santa è la grande operazione di polizia internazionale, vale a dire di ripulitura dei bassifondi mondiali, con la quale ha preso avvio questo radioso scorcio del secolo ventesimo. Al fondo della politica, spiegava il grande costituzionalista tedesco Cari Schmitt, vi è la guerra, vale a dire la dialettica amico-nemico. Sono inmolti, oggi, le anime belle e ingenue che proprio a partire da questa analisi auspicano ("Dio, come auspicano", direbbe Caproni) un superamento in toto della forma politica. L'idea della lega degli onesti, ma, occorre pur dirlo, del leghismo e del trasversalismo in genere, è un'idea meta-politica. Tutti costoro, nella loro ansia di moralizzazione, scordano però l'altra metà del discorso di Schmitt. La dialettica amiconemico è indubbiamente una dialettica amorale (non immorale), così come amorale è la guerra teorizzata dal diritto pubblico europeo (jus publicum Eropaeum) nel sec. XVII di cui la politica è, secondo il celebre detto, la continuazione con altri mezzi. Ma tale concezione della politica e della guerra sono nate dal bisogno di superare definitivamente la intervista a Flavia e Sandra Busaffa anche bruciate tutte le arpe, lo strumento tipico della tradizione gaelica, tant'è che l'unica sopravvissuta è quella che ora si trova al museo di Dublino. In Germania, con la guerra dei trent'anni, la popolazione viene ridotta dalle armate di tutti i re d'Europa coalizzati ad un terzo. Vengono distrutte tutte le etnie tedesche, in particolare quelle della valle SHOCK ETNICI IN EUROPA Flavia e Sandra Busatta, entrambe insegnanti, veronesi, sono da anni attive nei comitati di sostegno alle lotte dei popoli nativi americani. Da molti anni, inoltre, si occupano anche delle minoranze etniche europee. Erano a Forlì in settembre per tenere una conferenza sui pellerossa alla "Festa" di Via Dragoni. Recentemente le abbiamo riviste ed intervistate. Voi vi occupate da anni di questioni etniche e di culture "native". Cosa pensate di questa rinascita del nazionalismo in Europa e soprattutto nei paesi dell'est? Flavia: Il problema nazionale nell'Europa dell'est non è affatto cosa nuova. Ha continuato a svilupparsi ali' interno di una logica panslavista, a partire dai circoli aristocratici e nazionalisti in senso stretto che, per combattere il comunismo, come le "Guardie Bianche", facevano leva su particolarismi etnici di stampo ottocentesco, ancora legati a forme feudali. Si tratta perciò di una faccenda che sta andando avanti da molto tempo. Non è assolutamente vero che dal punto di vista etnico la Jugoslavia scoppi ali' improvviso: chiunque ricordi i racconti dei nostri genitori sulla seconda guerra mondiale in Jugoslavia poteva capire che la faccenda stava maturando da un pezzo e che Tito era riuscito a mantenere l'equilibrio grazie al suo carisma incredibile, al suo prestigio militare ed anche agli errori fatti dall'estrema destra. E' anche vero che il titoismo è stata una delle punte di diamante della cosiddetta "terza via", quella dei paesi "non allineati", che rappresenta la rinascita dei nazionalismi post-coloniali. Il discorso nazionalista sta maturc1ndo da almeno cinquant'anni. Un'altra cosa da sottolineare è che l'esperienza dell'URSS, dove c'è stata una rivoluzione, è arrivata nei paesi dell'est europeo con l'Armata Rossa. Ad esempio la Polonia, prima che arrivassero i nazisti e i carri armati sovietici, era profondamente nazionalista, pensiamo al governo Pilsudski, e così anche tutti gli altri paesi dell'est, almeno fino al 1940. In seguito essi furono sommersi, prima dalla marea nazista e poi dalla "guerra fredda"; cose che non hanno certo risolto i problemi, li hanno semplicemente accantonati. un'identità tra capo tril,ù, leader carismatico e religioso e commissario politico Ma, secondo voi, si tratta solo dell'emergere di classi fino ad ora minoritarie , che devono cercarsi una ideologia, o c'è una vera rinascita nazionalista? Sandra: Non c'è alcun dubbio che quando ci sono rivolgimenti epocali come questo, che definirei senza dubbio una rivoluzione di portata mondiale, i valori religiosi ed etnico-tradizionali che preesistevano al sistema morente costituiscono un ancoraggio. Se poi aggiungiamo che essi erano anche proibiti il loro fascino risulta aumentato, in quanto essi vengono identificati come positivi rispetto al sistema che viene rifiutato. Non sottovaluterei, poi, il fatto che molti nazionalismi sono legati a parti della vecchia guardia delle burocrazie statali che continuano a rappresentare, per certi settori sociali o per certe generazioni, una sicurezza. In molte repubbliche sovietiche esisteva una identità anche fisica tra il capo tribù, il leader carismatico o Lorenzo Gazzoni & C. s.n.c. 47100 Forlì - Via Mariani, 6 Tel. e Fax 0543/53661 religioso, e il commissario politico e questo può spiegare i voti plebiscitari in alcune repubbliche, ad esempio l' Azerbaigian. Diversamente dove sarebbero andati a finire tutti i burocrati comunisti? Evidentemente questi personaggi assicurano alla gente, che ragiona con lo stomaco oltre che con la testa, tutta una serie di cose che fanno parte di un mondo che è certo, dei valori che sono certi ed un modo di vita che la gente spera certo. Quindi per voi non c'è un reale "ritorno alle radici"? Sandra: Da un lato c'è un "si salvi chi può", nel senso che le varie etnie/repubbliche dell'est tentano di vendersi al miglior offerente, rivendicando ognuna una propria fetta di ricchezza. Poi c'è un "si salvi chi può" delle dirigenze ... Senza alcun dubbio, comunque, ci sono dei problemi legati al fatto che, di per sé, il processo industriale spazza via le etnie in quanto tali, come identità. Questo è già accaduto in Europa. Ad esempio in Inghilterra dal 1500 fino al 1700 ci fu la risoluzione, molto sanguinosa, della questione etnica. Con la famosa battaglia di Colloden che, oltre all'enorme quantità di morti, per i mezzi dell'epoca, portò alle leggi per la proibizione della lingua e dei costumi scozzesi. vennero anclte l,ruciate tuffe le arpe Una cinquantina d'anni prima, con Cromwell e subito dopo, c'erano state in Irlanda le leggi che cercavano di distruggere l'etnia irlandese. Si impiccavano i preti perché insegnavano ai bambini delle elementari e ai bambini di quelle scuole si versava in testa pece rovente e poi la si strappava assieme ai capelli. Chi portava il colore verde, colore dell'Irlanda, veniva spesso frustato; vennero del Reno, perché legate agli anabattisti e al loro comunismo protestante. Lo "shock etnico" è stato così forte che i tedeschi hanno, direi nel sangue, un tale terrore della rivolta che sono reazionari "per costituzione·•. In Spagna l'omologazione etnica viene tentata proprio nel 1492 quando, cacciati gli arabi, vengono cacciati anche gli ebrei e spariscono i regni di Castiglia e di Leon. Se noi ristudiassimo la storia europea sapremmo che, mentre da noi questo fenomeno é già stato vissuto, nell'est europeo lo stanno vivendo adesso; fino ad ora era stato sopito dalla rivoluzione industriale, tecnologica, imperialista, che ha fatto da rullo compressore. I problemi, anche se accantonati, prima o poi esplodono e siccome ali' est, dietro alla rivoluzione industriale, non c'è stata evoluzione ... Flavia: Le guerre "anti etniche" della fine del medio evo sono state uno dei capitoli finali, perché quelli iniziali si sono avuti con I' impero romano e poi col cristianesimo. In seguito le nazioni diventano sempre meno multietniche e sempre più "statuali" man mano che si evolvono le varie borghesie. Il feudalesimo viene interpretato, secondo me correttamente, come un intermezzo in cui entrano nuove etnie, i famigerati barbari, che complicano un po' le cose. Le complicano perché già I' impero romano, oltre ad aver distrutto la civiltà, se non l'etnia, cartaginese, aveva "denazionalizzato" nella maniera più totale la Spagna e la Francia, facendo scomparire la civiltà celtica da quelle terre; tant'è che la lingua celtica che ora si vuole conservare è quella imCoop. Centofiori L\B. ART. fITOPREPARAZIONI ViaValDastlco, 4- forlì-Tel. 0543/702661 • Produzione di estratti droaJcolicini diluizione t:10 dapiantafrescaspontaneao coltivatasenza l'utilizzo di prodotti di sintesi. • Opercoli di piantesingole formulazioncionutilizzo di materiaprimabiologicao selezionata. B1 eca Gino 1anco guerra santa, cioè le guerre di sterminio fondate sulla contrapposizione religiosa (e morale) puro-impuro. L'autonomia della politica dalla morale, la distinzione dei piani., non solo ha una origine nobilissima, ma deve restare un compito etico per chiunque non voglia far ricadere l'umanità in una condizione premoderna caratterizzata dalle guerre religiose finalizzate allo sterminio dell'infedele. La grande conquista del diritto pubblico europeo consistette nel dare una forma giuridica al concetto di nemico. Questi cessava di essere il non-uomo, il mostro, qualcosa che deve essere semplicemente annientato, per divenire nemico giusto (justus hostis), espressione mirabile che sintetizza una delle più alte vette raggiunte portata in Bretagna dall'Inghilterra. Carlo Magno fa la stessa operazione in Germania, con i Sassoni. Quando cominciano a formarsi le borghesie nazionali, che sono a favore di uno stato centralizzato e c'è la lotta tra l' impero e il papa, le varie etnie hanno degli spazi, ma sempre meno, fino alla controriforma. Le lotte sanguinose contro le streghe e le eresie di quel periodo sono in gran parte collegate sia alla trasformazione dei mestieri, da femminili a maschili e quindi al cambiamento del lavoro da domestico a commercializzato, sia alla distruzione delle etnie e non a caso vengono maggiormente colpite certe zone, certe valli. Nell'est questo non accadde; non accade perché non c'era lo stato, né la chiesa come controstato, in quanto la chiesa ortodossa ha una struttura che non la pone come antagonista al potere. si andrà, forse • • ,n maniera sanguinosa, a un nuovo pluralismo Ma secondo voi è inevitabile una distruzione delle etnie e un'omologazione planetaria, o larinascita nazionalista può in qualche modo "sterzare" dallo spirito europeo. Il nemico, quel nemico che deve essere sconfitto e, talvolta, anche ucciso, resta pur sempre un uomo di cui si possono apprezzare disinteressatamente le qualità morali. La guerra, come il suo equivalente in tempo di non guerra: la politica, era uno scontro tra potenze aventi pari dignità morale, non tra uomini e mostri. Per duecento anni vi furono in Europa guerre crudelissime, ma non guerre di annientamento, le quali sono state invece il privilegio del nostro secolo "morale" e "umanitario". La contaminazione del piano politico con quello morale, la delegittimazione dell'autonomia della politica, porta dunque inevitabilmente non alla pace perpetua, ma alla guerra santa, la cui variante moderna è stata, come verso altri esiti? Flavia: io non sono così "drammatica", ma dialettica: la storia è una severa maestra e credo che ci siano dei passaggi; delle tesi, antitesi e sintesi. Noi passiamo dal mondo antico, spezzettato, ali' impero romano, che è comunque plurietnico. Questo a sua volta si sbriciola, con l' arrivo dei barbari, per ricomporsi ad un livello più alto nel mondo medioevale del dopo-crociate. II mondo medioevale è un mondo plurietnico, un mondo assai ricco di stimoli ed in esso emergono nuovi valori che tutt'ora sono vivi, basti pensare a Dante. Va notato che i periodi di passaggio, in cui emergono nuove etnie, sono i periodi culturalmente più ricchi della storia dell'umanità. Poi abbiamo la scoperta dell'America e dell'Australia, con cui l' alienità non è solo fisica, ma anche geografica, ecologica. In questo mondo avvengono grossi rivolgimenti, basti pensare alla Riforma, alla Controriforma, alla rivoluzione industriale, fino alla società ottocentesca, ancora etnicamente pluralista. Sandra: Non a caso il modello centralista napoleonico viene sconfitto e trionfa il modello inglese che è, se non meno centralistico, più elastico. Flavia: Poi abbiamo la "pax americana" di questi ultimi ~&n/axbne~&ad~a ~&6 uh Cff ~v~L 6.J' !¾:ti da5'1.5'b4777 Sonoaperteleiscrizionai corsidiShiatsue Yoga è certo, la guerra rivoluzionaria. Bisognerebbe infine ricordare ai professionisti della purezza che questa ha esigenze altissime. Non è un minimo comun denominatore che può funzionare da collante di esperienze diverse in un progetto "a tempo" (così, più o meno, la pensa Orlando). Essa obbliga ad una pratica quotidiana e non tollera alcun compromesso se non vuole essere immediatamente smascherata come ideologia di comodo. Che la moralità possa allora farsi partito ed entrare nel- !' agone politico è quasi una contraddizione in termini. Essa non potrebbe farlo se non al prezzo di rinunciare a se stessa o, più semplicemente, di barare. cinquant'anni, con l'irruzione di nuovi nazionalismi e con la decolonizzazione. Adesso siamo in un momento di passaggio: dall'esplosione di queste etnie probabilmente si passerà ad un momento di sintesi, né migliore né peggiore delle epoche precedenti; è semplicemente una evoluzione storica, fino al prossimo giro di boa. Sicuramente si andrà, forse in maniera sanguinosa come è stato per tutti gli altri periodi di passaggio, verso un nuovo tipo di pluralismo e di società plurietnica, in cui però non ci sarà certo l'etnia che si è conservata "sotto vuoto spinto", come pensano i leghisti. In questo momento c' è una contraddizione tra il villaggio globale e il superfrazionamento etnico. Devo dire che mi irritano molto i giornalisti quando parlano del "presidente del pianeta" Bush in modo adulatorio quando, in realtà, gli americani, intendo quelli del- !' America anglofona, hanno una grossa crisi di identità e di passato. Non hanno radici ed hanno molto bisogno di impadronirsene; in realtà invidiano profondamente i russi per questo e non è un caso che ci sia un ritorno delle lobbies americane di origine russa verso il proprio passato, le proprie origini. C'è, in generale, una ricerca di radici, che sono positive, quando ci sono davvero, ma possono essere positive anche se sono inventate, perché offrono un ancoraggio nel famigerato villaggio globale. a cura di Franco Melandri e Linda Prati Nellafoto di Renzo Fabbri: secondaguerramondiale. In Croaziaun refettoriomilitare con soldati italiani e civili croati. UNA CITTA' 5

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