Una città - anno I - n. 1 - marzo 1991

interventi Ampi stralci dell'interventodi Pierantonio Zavatti (del grup-• po prpmotoredel circoloACLI "OscarRomero")nel corsodell'incontro-dibattito "All'armi" svoltosinel salonecomunaleil 24 gennaio 1991. Eppure, finoad una settimana fa, prima del giido "All'armi", c'era ancora una via d'uscita ragionevolee realistica, tracciata con estrema lucidità e amore del bene comune dal Papa: richiesta ferma,ma senza ultimatum così rigidi, di ritiro dell'Irak dal Kuwait (con sapienza il Papa aveva misurato anche i toni, per non fe1ire il senso dell'onore molto vivonella mentalità araba che noi conosciamo assai poco, come ci ha ricordato recentemente don Dossetti);organizzazionedi una Conferenza'per la Pace in MedioOriente, non per una concessionea Saddam Hussein, ma perché é un'esigenza politicae morale sacrosanta; é davveroun grave peccato di omissione che dopo tanti anni non si sia cercatodi risolvereproblemidrammatici quali la spartizionedel Libano e la mancanza di una terra e di una patria per il popolo palestinese. Nel frattempo s'imponeva ovviamente una rigorosa applicazionedell'embargo ancora per gli otto-dieci mesi necessari. . In questo periodo l'ONU avrebbepotutodimostrareanche in altre regionidel nostro pianeta sempre più interdipendente,con la sua politica complessiva,di volereffettivamente favorirela creazionedi un nuovo ordine internazionale, intervenendo in modo autorevole sulla drammatica situazionedella Lituania e sui fatti e misfattiche ancoraoggi accadononell'Americacentromeridionale,terra inmolticasi disabitata dai diritti umani. Mi sembra indubbia la necessità di un nuovoruolodell'ONUe, lo dicodi passaggio, dell'Europa(che in questa vicenda ha dimostrato scarsa autonomiae coesione),perché nel dopoYalta, finitao almeno ridefinita la vecchiadivisione in sfere di influenza, dopo il superamento dell'equilibrio del terrore, che tanti di noi hanno giustamente criticato, non seguano,però, ora pe1icolosi e caoticisquilibri. Del resto l'esigenza di una maggiore coerenza e credibilità dell'ONUé 1iconosciuta ncheda Andreotti,se negliultimi tempi ha dichiaratopiù volte,an- . che in consessiinternazionali, che d'ora in avanti l'ONUnon potrà più avere due pesi e due misw·e(dunque finoraé stato così),aggiungendoche la riso1uzione sui territori occupati da Israele è altrettanto impegnativa di quella che 1iguarda il Kuwait. Ma i governidegliStati Uniti, dell'Inghilterrae di moltialt1i paesi, fra cui l'Italia, hanno compiutouna sceltadiversada quella a mio avviso suggerita dalla ragione. stringendo i tempidi un interventogi·avee avventuroso,per alcuni aspetti dubbioanche sul pianodella legalità internazionale cui tanto ci si richiama,perchè,se non sbaglio,le proceduredella Carta dell'ONUnonprevedono che l'impiegodella forzapossa essere delegato a uno o più Stati. L'interventismoha ca1icatola sua decisione di valori eticopoliticiche indubbiamenteesistono, perchéé intollerabilela violazionedel diritto internazionaleche si consuma con la cancellazione della sovranità nazionale di un paese. Ammettochenonper tutti sia una guerra soloper il petrolioe per il controllodi un'area strategica. E tuttavia la difesadi p1incipi fondamentaliper la convivenza internazionale non può giustificare il carattere precipitoso e forsennato degli attuali bombardamenti,i lutti e i danni di una guerra le cui conseguenzesaranno mondiali e di lungope1iodo,anche se lo scenariodel conflittoa1mato non diventasse mondiale. Nell'attuale contesto, che sta divenendosempre più cupo, é secondome astratto e 1iduttivo un dibattito puramente giuridico o moralistico sulla guerra giusta o ingiusta, perchè anzitutto non tiene conto di un dato fondamentale:non siamo più nell'800,quando le gue1Teavevanoancoraambiti, effetti e conseguenzerelativamente circoscrittie non ci serve più di tanto neanche il riferimento alla giustezza della lotta di liberazione,perchèdiversa e inedita è la natura di questo conflitto,e soprattutto, perchèdopoil 25ap1ile1945ci sono state Hiroshimae Nagasaki. Il funesto riarmo nucleare, chimico e battereologico di questi decenniha fatto sì che anche piccolipaesi comel'Irak abbianoaccumulatouna enorme potenzamilitare distruttiva, ma non si possonoeludere le responsabilitàdi gi·anpaite dei paesi del nord del mondo, da quelli occidentali ai paesi dell'est europeo: tutti questi l'hanno armato contro l'Iran, grazie anche ad un floridissimo mercato delle armi da cui l'Italia non è certamente estranea, comeha provatogià alcuni mesi fa un serviziodel settimanale "FamigliaCiistiana". Su questo quadro d'assieme, e sugli effetti sempre più drammatici che la guerra sta producendo, l'interventismo d'ispirazionedemocraticadeve pur 1iflettere;iopensoche una parte di esso1ivedràle sue posizioni,comele 1ivideun gi·ande poeta, GiuseppeUngaretti, vivendola p1imaguerra mondialegiornoper giornoin t1incea,e comele hanno 1iconsiderate tanti americani e tanti europeidurante la guerra del Vietnam. Io vedouna possibilepremessa di questo ripensamentonella stessa presa di posizionea favoredell'interventoda pa1tc di un uomodi grande levatura intellettuale e morale come Bobbio, il quale affermava. però,contestualmenteche'·con le proprie azioni non si deve produrre un male maggioredi quello che si vuole combattere", aggiungendoche in nessun caso la riparazionedi un torto deve diventare un massacro. Bobbio accompagnava con queste considera2 · UNA ClffA' zionì il suo sì "ad un intervento rapido, vincente, limitato nel tempo e nello spazio".Ma comesi potevarealisticamente pensare alla praticabilitàdi un intervento di questo genere, che gli strateghi militari ame1icaniavevanodefinito"operazione chirurgica"? Un'ipotesi di questogeneremi è parsa fin dall'inizioun miraggionel deserto. Ai cosiddetti pacifisti (ma il termine non mi piace molto, siamo semplicemente persone, diverse fra loro, che cercano di operare contro la guerra e per una pacevera),si rimprovera spesso una presunta mancanza di realismo, ma velleitari sono piuttosto coloroche hanno immaginato una guerra a tavolino senza curarsi degli enormi costi umani, ecologici,culturali ed economicicausati da un conflittoche alla fine non 1isolverà i problemiaperti e per molti aspetti li aggi·averà.Faccio un esempio concreto. Si può ragionevolmentepensare che la Conferenzaper la pace che prima o poi dovràessereorganizzata per il MedioOriente possaprodurre risultati miglio1ie più equi dopoun conflitto devastante? Credopropiio di no. L'umanità di oggi, dopo l'indimenticabile 1989e le speranze maturate anche nella prima metà del 1990, aveva davanti a sé ben altre sfide, a cominciare dalla lotta contro la fame e la sete che fannosoffiireoltre un miliardodi uomini. Oggitutto é divenutotremendamente più difficile:ci vorrebbe il coraggiodi un gesto generoso come una tregua negoziata dall'ONUpri"madi passare ad una gue1n di tena che sarebbemicidialeper tutti e renderebbeancor più teso, e non soloin quell'area, il clima di odioe di crociata.Una tale tregua, pur senza esiti scontati, potrebbe dare spazio ad un'ulteriore iniziativa de!~ l'ONUe ad un impegnoformale per una conferenzadi pace a breve termine nel Medio Oriente, togliendoa Saddam Hussein l'alon<!di chi cerca di presentarsicomeil patronodei palestinesi, e consentendoall'lrak un'ultima possibilitàdi 1itiro. Lo spazioper una soluzione positiva é stretto e in parte pregiudicato dai compo1tamentiprecedenti,ma gli uominie le forzedi buona volontà non debbono lasciare nulla di intentato, cercando anche conopportuneiniziative di liberare i palestinesi e lo stesso popoloirakeno, che sta pagando un prezzo incalcolabile;dall'abbracciomortaledel dittatore.Riguardoal rapporto personale di ciascuno di noi con la guerra, io distinguo l'obiezione di coscienza al servizio militare e alle spese militari (per la mia non più • verde età io praticoda anni la seconda)dagli appelli alla diserzione che sono un'altra cosa. Ricordoinoltreche come obietto1ialle spesemilita1inoi chiediamoda anni una nuova leggesul trafficodellearmi, la cui approvazioneavrebbe reso l'Italia meno corresponsabile sul pianomoraledi tanti lutti e atti di prepotenza. Circa le manifestazioniper la pace, vo1Teiaggiungereil mio auspicio che nei cortei siano presenti anche cartelli antiSaddam esposti in soste davanti all'ambasciata dell'lrak e che sia espressa forte e convinta solidarietà alle sofTerenze provocateanche al popolo d'Israele, la cui esistenza e la cui sicurezza non possono essere messe in discussione dalla necessaria e inderogabile creazione di un autonomo stato palestinese. Auspicointanto che continuia svilupparsi anche qui a Forlì la campagna"Salaam, ragazzi dell'olivo~per l'affidamentoa distanza dei bambini palestinesi che nelle prossime settimane avranno ancora più fame, più paura e bisognodi sapere che hanno degli amici da qualche parte. Propongo inoltre di moltiplicare le occasionidi incontroe di dialogo con gli immigrati stranieri, naturalmente anche con gli arabi e musulmani; bisogna cercare di evitare che scatti e si diffondaun pericolosoallarme socialeche ci facciavedere in ogniarabo e musulmanoun nemicoe viceversa.Chi cerca di essere operatore di pace, pur con le umane contraddizioni e i limiti culturali di ciascunodi noi, può S\riluppare iniziativeche consentano sia il miglioramentodella c~- pacità di accoglienzadella nostra societàsia la valorizzazione di diverseidentità culturali in un processodi scambioe di integi·azionereale. Quest'ultimo compitonon é ce1tamente facile,perché l'immigratopuò esprimersi 'in maniera molto parziale in un contesto socioculturale cosìdiverso,che tende per lopiù a considerarloun pesoda soppo1tare.E tuttavia alcuni tentativi di segnodiverso vi sonostati, esistonoe potrebbero essere riproposti.Mi viene in mente, ad esempio, che nel maggio 1990, nella parrocchia di S. Giovanni Evangelista,chi si dicec1istiano, o per megliodire cerca di diventarlo, ha pregato con le paroledel ''Padre nostro"fiancoa fiancodi alcuni amiciarabi che hanno espresso la loro fede con una bella preghiera musulmana. Comune l'intenzione e il senso di arricchimento reciproco.Momentidi questo genere avrebbero oggi ancora più valor~ contro la guerra che avvelena le coscienzee uccideil sentimento di fratellanza già così difficile da affermare in condizionidi ·'normalità". Pieranlonio.Zm;alli GAIA App1111tm11e1110 lil((i i lunedì 111aui11a d lle I I alle 11.30 sulleJrequen-;,edi ARIA RADIO ( 105 Ml/-;,)per parlare insiemedi a/i111e111a-;,io11e naturale. CO interventi Guerra giusta, guerra ingiusta. Giusta questa gue1Ta,ma ingiusta in quanto guerra. Ingiusta in quanto guerra "di oggi"che coinvolgemilioni di innocenti nella punizione dei colpevoli(meglioun colpevole libero che un innocente condannato).Giusta in quanto prevenzione di mali peggiori per domani.Ingiusta in quanto presuppostodi mali peggiori per domani anche se giusta oggi. Centinaia di esegeti stanno esercitandosisu questo argomento, dal teologo al giornalista, dal filosofoal letterato, dallo scienziatoal giurista. Ma di storia nessuno parla: non di filosofia della storia (frettolosamente recuperata dagli affossatori dello sto1icismo),ma di fatti. Il Kuwait nasce comestato a metà del XVIII secolo;ma viene poi inclusodagli Ottomani nella provincia di Bassora (Iraq) e così rimane fino al 1899quando lo sceiccoaccetta il protettorato b1itannico.Allora agli inglesi interessava il controllodella ferroviaBassora-Al Kuwait. Quando si rinnovòil protettoratonel 1914il petroliogià c'era e nel 1923cominciaronole primeconcessioni di sfruttamento che già nel 1934inclusero gli ame1icani. La prima rivendicazioneirachena sul Kuwait risale al 1961 e fu avanzata da Kassem, in coincidenzacon la rinunciadellaGran Bretagnaal protettorato sull'emirato. Costituiscono, questi, sufficienti elementi di diritto? Nemmeno per sogno,anche perchè il diritto in quell'area (come Ìn tante altre) non ha prop1:ioalcun senso. Il di1ittoha senso, sia pure con tutti i limiti dell'astrazione essenzialistica,se gli stati si fanno la sto1iaper prop1ioconto.Ma laggiùstati. governi, confini ed economie, sono cose fatte da altri. E quindi i "mostri" e le "mostruosità"che vi nasconosono il prodotto non della loro ma della sto1iadi alt1i. Unicoelementodi "identificazione",più che di identità, ma comunquedi autoctonicità,iimane la religione.Ma le religioni possonoessere solomomentanea mente elemento unificante, e sempre accop- ._!! piandosi alle spinte irrazionalistiche dei nazionalisti: nonchè èssere d'ostacoloalla comprensione degli altri, in quanto assolutistiche,normalmente ricadono in frantumazionisettarie che creanodissonanze e ostilità interne. La "Grande Nazione Araba", in quanto Islam. ne é l'esempio vivente. Ma il Cristianesimo non ha fatto di meglio e nem- .menoil Buddismoe l'Induismo che pure professano innocui misticismie p1ivateinterio1izzazioni.Ciò che unificaè solo la consonanzadi interessi economici, anche se mascherati sottocumulidi sovrastrutture, che manca del tutto con il mondoarabo, di\risonon solo tra 1icchie poverinellostesso stato, ma fra stati ricchie stati poveri. Questa consonanza esiste, invece,nel fronte degli "alleati" in quanto unione dei ricchi, stati e popoli,occidentali od orientali che siano. In questosensoassistiamodi fat,. to ed al di là delle proclamazioni ideologichead uno srontro Nord-Suded al fallimento del villaggio globale. Agli U.S.A.il compitotragicoed ingi·atodi ·ristabilirel'ordine:ma un'ordinevecchio,senza avvenire, di cultura lardo-ottocentesca. Organizzando il mondo del "dopo Yalta", si sono ritrovati il mondo del "dopoVersailles"e lo gestiscono con la testa del "Congresso di Vienna". All'Iraq il triste destino di "spaiire"per la stupidità di un "condottiero" allevato alla scuola della prepotenza occidentale, ma senza ma senza la forza fisicadei prop1imaestri. Saddamsarà un'Hitler, ma in fondoHitler di chi è stato figlio? Quandomuore un uomonrnore un universo:ed ora muoionoe mo1irannomigliaiadi uomini. Pazienza. la specie sopravviverà. Quel che conta é salvare il meccanismoeconomicoe la sostanzache lo lub1ifica.Anchequesta volta ce la faremoperchéAllahè gi·ande ma un angelonon vale un tornado. Comeben sanno tutti i bravi musulmani che si tengononeutrali. LiberoCasamura/a • · 11: Coop.Centofiori J " ~ ~ LAB.ART. fITOPREPARAZIONI /) ViaValDastico, 4 - Forlì- Tel. 0543/702661 • Produzionedi estrattiidroalcoliciin diluizione 1:10 dapiantafrescaspontaneao coltivatasenzal'utilizzodiprodottidisintesi. • Opercolidipiantesingolee formulazionicon utilizzodimateriaprimabiologicao selezionata. interventi Dobbiamotristemente riconoscereche questa avventura nel Golfononè certola sintesi ultima di un processodemocratico, avviatosiin Europaalla finedi questosecolo,o che tale processo si stia avviando o compfetando nel mondocon limpidezza. Dobbiamoanche coscientemente ritenereche se vi é qualcuno oggi che detiene un pò più di responsabilità per il drammatico susseguirsi degli avvenimenti,questaé la nostraciviltà europea, che é stata il sito di originedellefilosofiee delledemocraziesociali,ma nacqueallora e continua a vivere oggi come affermazione di sé fino alla distruzionedell'altro,rappresentato ieri dalle grandi civiltà colonizzate o distrutte oggi dal tentativo egoisticodi ordinareun mondoe una civiltà che non ci appartengonosecondoi nostri schemie secondo le nostre consuetudini. La diversitàdelmondoeuropeo intesa in senso positivocome luogodi vivacità culturale, di elaborazionefilosofica,di affermazionedemocratica,deve essere giocataogginon lungo la curva della reciprocadistruzione ma lungo l'asse delle possibilitàdi cont1ibuirealla costruzione di un mondobasato sui p1incipidi solidarietàe responsabilità. Se dal puntodi vista dellamorale cattolicae cristiana si può gioireper la vitto1ianel panorama europeodelledemocrazie socialiemergedall'ambitocattolicol'esigenzadi ridareoggia questi sistemidemocraticinuova linfae un significatochenon sia più solo quello della maggioranzache decide. Oggi,e di questosi sente particolarmente responsabile una buona fetta di cattolicesimoilluminato, si impone la necessità di riattribuire alla democraziae alle istituzioni che la rappresentano quei valori che sonopropri dell'ispirazione evangelica,di carità, di dignità e di libertà dell'uomoche sono stati spogliati e derubati dall'incapacità della politica di uscire dai circoli viziosi dell'economiae del potere che il denaro esercita sul pensiero dell'uomo. Se per questi cattolicila politica non è certo "lo"strumento unicoed essenzialeper il raggiungimentodella giustiziasocialee del benecomunee se se ne avverteoggipiù che mai la sua limitatezza ed inadeguatezzaa livelloescatologico,essa nonpuòcertodivenireil mezzo di affermazionedi sé e di distruzione e mortificazionedell'altro. E' per questo motivoche si é ape1tauna laceranteferita tra mondocattolico e politica fra chi identifica nella guerra un'avventura senza ritorno e chi invecetenta di evidenziare una giustificazionepoliticaal l'atto di guerra creando peri· colose sovrapposizioni dello stiumento ai fini della politica e sentenziandola supremazia di questa di fronte all'etica e alla morale. La guerra nel Golfoal di là di ogni considerazionestrategica o a posteriorisulla giustizia o ingiustiziadelle cause che l'hanno prodotta 1ischiadi diventare un veroe proprioten tativo di legittimarela propria egemoniapolitica,militare eà economica. Se gli anenimenti del Golfo dete1minanoun clima internazionaledi "disai:,rioe incertezza" sul futuro dell'umanità é necessarioche dal mondocattolicosi affermiuna speranzache la testimonianza attraverso l'impegno politico.sociale, di volonta1iatodei \·aloridella solidarietà e della pace vinca la violenza e l'offesa fino alla realizzaLionedel famosopasso biblico"con le loro spade costruiranno arat1i e falcicon le lorolance;ne un popoloprenderà più learmi controun altro popolonè si eserciterà più la guerra". .\ificheleFiumi

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