Terza Generazione - anno II - n. 9 - giugno 1954

tion come un. giudice. ciascuno potrà essere " più bravo " nel– la sua particotare tendenza e vocazione. Si svilupperà cioè una vita comune nella quale ognuno porterà ciò che ha, ri– cevendo ciò di cui manca. Le iniziative avranno allora un senso perchè svolte in co- 1nune. Già queste nostre consi– àerazioni potranno offrire spun– to a discussioni e a iniziative che, niuovendosi su di un pia– no umano, si rivolgono natu– ralmente a tutti, in quanto uo– mini e in quanto studenti. Quanto detto finora vuole una sua giustificazione logica che è legittimo richiedere dal mo– mento che noi nello scrivere avevamo in testa il ritorno del– la scuola alla sua vera funzione. E' necessario perciò che noi ci poniamo il problema dei rapporti che legano scuola e società. La scuola è in una società il tipico organo di conservazione, in quanto deposito della cultura che la società ha creato. Si pone però subito il problema della individuazione del fine e della funzione che la scuola ha nella società. Fine e funzione che non possono, data la precedente definizione, essere altro che una utilizzazione di quella cultura acquisita per la formazione di quei cittadini che saranno chia– mati domani ad elaborare le nuove forme culturali e politi– che, risposta alle nuove esigen– ze naturali di quella società in crescita. Compito della scuola è quindi quello di mediare la cultura compiutamente definita ponendola al servizio delle nuo– ve esigenze, creando cioè il pas– saggio, la continuità storica della screscita degli uomini. La scuola presiede quindi al rap– porto cultura-realtà e politica realtà, cioè al rapporto fra Stato e società, in ultima ana– lisi al rapporto fra l'uomo e le strutture da lui create al fine di esprimere compiutamente e stabilmente le sue esigenze. Nel rapporto fra Stato e società, la scuola si inserisce come lo stru– nzento più proprio al fine di consentire la traduzione delle esigenze che vivono al livello della società, in termini cul– turali e politici. Si dirà che que– sta funzione più che della scuo– la è degli intellettuali, ed è proprio a questo che noi vole– vamo arrivare, infatti gli intel– lettuali nascono nella scuola, e, se non si vuole che la storia sia frutto del " caso ", è proprio nella scuola che gli intellettuali vanno c~scientemente formati ai nuovi compiti storici della so- cietà. Nel rapporto che noi ab– biamo preso in considerazione quindi, la scuola rappresenta l'ago sensibilissùno della bilan– cia, e al liniite possiamo dire che è nella scuola che una so– cietà organizzata è più imme– diata1nente impegnata a co– struirsi il suo avvenire. Finchè il processo di sviluppo della società avviene in condi– zioni di normalità, la scuola è in grado di assolvere pienamen– te alla s-µa funzione, ma appe– na si verificherà uno squilibrio fra i due termini classici della storia moderna, e cioè fra sta– to e società, la scuola avvertirà per prinia il turbaniento e la crisi. Le esigenze che non tro– vano più sbocco nelle fonnule della cultura esistente, restano inespresse e incapaci di incidere sulle vecchie strutture, le rette converge1:ti divengono parallele e poco a poco la cultura divie– ne estranea alla realtà e i cit– tadini non si riconoscono più nello Stato. La scuola che è frut– to delle vecchie ideologie conti– nua ad inimettere nuove leve di intellettuali i quali, formati se– condo i vecchi moduli culturali, avvertono lo squilibrio ma non sanno svilupparlo al di là di un semplice stato di insoddisfa– zione, la scuola cioè si cristal– lizza e perde la capacità di av– vertire le nuove esigenze. Chi allora salva la scuola, la socie– tà, la cultura, lo Stato, termini tutti invischiati nello stesso gi– ro vizioso che si stringe sempre più? Evidentemente tutti coloro che sanno ricercare l'origine della insoddisfazione e dello squilibrio che avvertono, e han– no il coraggio di non tacitare il proprio bisogno di sentirsi portatori di nuove esigenze e quindi di nuove epoche storiche. Si tratta di mobilitarsi fino ad essere forza reale, capace di in– cidere sulle strutture civili. La nostra situazione, in Italia, è proprio, quella che ora abbiamo descritto. Le molteplici esigen– ze che sorgono· e si sviluppano al livello della società, non tro– vano adeguata espressione nelle strutture dello Stato; la scuola non forma uomini nuovi per un nuovo sistema storico ma so– lamente uomini che si troveran– no continuamente di fronte al dilemma di scegliere fra la pie– nezza di un proprio completo sviluppo e la vita grama fatta di rinunce delle quale la prima è quella di essere real men te "giovani", cioè portatori di nuove esigenze. Uscendo dai termini generali, noi ci accorgiamo di trovarci oggi di fronte ad una scuola in- BibliotecaGino Bianco tegralmente basata sui criteri classici della scuola liberale, di quel liberalesinio cioè che rap– presenta per l'Italia il sistema storico che è necessario supera– re in una ricomposizione positi– va dei valori u111ani. Specifica– mente intendia1no dire questo: che la scuola fornia oggi uo– mini per una società la cui uni– ca legge è quella del successo della affermazione individuale. Su questo principio è nato ed è vissuto il liberalesinio e la scuo– la italiana ne è un risultato preciso: a noi non interessa ora discutere il principìo, voglianio solo individuare la situazione di fatto che oggi questo prin– cipio non riesce più a contenere le esigenze che in un secolo di storia si sono venute sviluppan– do. Se le esigenze si dirigono oggi verso una ricomposizione in senso comunitario degli uo– mini, le strutture perniangono quelle che ha prodotto il vec– chio principio individualista, ed è qui il punto più alto della crisi, che è anche il punto nel quale nasceranno i frutti del nuovo sentire. La scuola, ispirata ai vecchi modi culturali e storici, non può che essere sorda alle esi– genze comunitarie che pure vi– vono al suo interno, ed è qui che diviene palese la frattura. Come la scuola urti contro le nuove esigenze lo abbiamo vi– sto nella prima parte del no– stro articolo e ora vogliamo ve– dere in questa sede meno ent– p~rica, come la nostra diagnosi sia esatta. Il problema delle vocazioni è forse il primo fra i problemi che un giovane si trova di fronte. Ma c01ne vi è preparato? Ab– bianio visto come il nietodo con– correzionale che la scuola usa vanifichi ogni naturale tendenzd comunitaria, ed è logico che ogni giovane si ponga essenzial– mente, al suo ingresso nella vi– ta, un problenia: con-ie riusci– re primo. Il risultato è anche esso ov– vio: il principio dell'individua– lis,no, non più retto da una cultura viva co1ne era ai suoi inizi? div~e':e brutale lotta per la vita; diviene legge della giun– gla, disordine e confusione. Il problema della vocazione non viene risolto ma dimenticato, prima ancora che si siano di- 1nenticati i versi dell'ultima poe– sia imparata a memoria a scuo– la. 1.Vel fallimento in questo campo la scuola dimostra tut– ta la sua sterilità, la sua inca– pacità ad essere ciò che dovreb– be: /'avvenire della società, la interprete prima delle sempre nuove vocazioni storiche della nazione. Al tr~ f alliniento della scuola è il contenùnento e la mediazio– ne dei vari gruppi sociali che la frequentano. Le classi popolari, i contadini nella scuola sono un problenia vivo che muore pa– cificamente nel niare della me– diocrità e della cristallizzazio11e. La scuola si gonfia sollo la pressione dei nuovi gruppi so– ciali, nia non cresce. 1 contadi,u che entrano nella ~cuoia non ne usciranno intellettuali con– tadini, rna solamente medici, avvocati, ingegneri disoccupati, senza la 1ninima coscienza del loro stato, senza la minùna ca– pacità di diventare f allori di niediazione fra i propri gruppi sociali e la cultura nazionale. La chiave ci sembra sia anche in questi due casi, nell'introdu– zione di un nzetodo comunitario di vita e di espressione, nella scuola. I problemi delle voca– zioni specifiche, discussi in co– nzune, diverranno per ciascuno coscienza di sè; la co1nposizione sociologica di ogni classe di– verrà nell'incontro effettivo de– gli uomini coscienza dei propri compiti, capacità di intendere la realtà e le esigenze storiche degli uomini. Al momento dell'individuo succede il momento della comu– nità, ciò avviene oggi con scos– se più o 1neno gravi ovunque siano uomini organizzati e con una propria storia ma questo passaggio sarà veraniente logico e pienaniente rispondente alle sigenze di rinnovamento, sarà cioè compiutamente storico; so– lo se sapremo rendercene co– scienti. Introdurre la '' comu– nità " nella scuola ha un sen– so perchè significa spezzare quel cerchio di cui parlava– mo poco sopra, significa rida– re alla scuola la sua funzione e al paese una sua classe diri– gente interprete della realtà. Nessuno di noi può pretendere di accingersi ad un compito di tale natura, ma noi tutti lo pos– siame,, noi che siamo nel paese e che in esso abbiamo il com– pito di studiare; noi studenti che siamo la scuola possiamo rifare la scuola, renderla nostra come nostro è il giornaletto ci– clostilato che prepariamo e fac– cianio a costo di qualsiasi sa– crificio. Qui si tratta di noi, della scuola che dobbianw ricon– quistare. Questi problemi dobbiamo di– battere, insieme tutti, e intorno ad essi dobbiamo mobilitarci. Uco BADUEL E IANUELE l\1ILANO 29

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