Terza Generazione - anno II - n. 9 - giugno 1954

molti gravi pericoli. Si sa qua– li sono i lati deboli del caratte– re nazionale tedesco quale si è venuto formando nell'ultimo se– colo e che, fra gli altri, il Cro– ce ben delineò nella sua « Sto– ria d'Europa » e in altri scritti; si sa quanto sia pericolosa la « Masslosigkei t » tedesca, l 'e– stremismo, la mancanza del sen– so del possibile e del concreto, ecc.; e si sa quanto sia perico– loso, a loro e agli altri, un suc– cesso dei tedeschi: essi gia par– lano di « deutsches Wirtschaft– swunder », e più ne parlano gli stranieri, adagiandosi sentimen– talmente e pigramente nei luo– ghi comuni e non vedendo ciò che c'è di razionale e quindi di limitato e di relativo nella rina– scita economica tedesca, che non è affatto miracolosa, o non lo è, comunque, più di quello che non lo sia, p. e., quella italiana, date e riconosciute le premesse pratiche dell'uno e dell'altro Pubblichiamo questa lettera, scritta dal suo autore come una lettera personale, perchè le con– siderazioni che essa contiene ed i problemi che essa pone hanno un significato ed un valore gene– rale. La lettera conferma ed arric– chisce di nuovi elementi i giu– dizi centrali dell'articolo del nu– mero 6-7; a nostro avviso, esso pone in rilievo i rapporti esi– stenti tra la oscurità di prospet– tive ideali in cui si muove la Germania di oggi e la sua stes– sa compatezza politica e socia– le, la sua massiccia adesione de– mocratica. Questo evidentemente non significa porre in dubbio la sincerità e la stabilità della deniocrazia tedesca: significa sol– tanto dire che non è questo il banco di prova delle forze che intendono costruire la futura sto– ria tedesca. Non si può porre il dilemma innanzi a cui si trova oggi la Germania nei consueti termini " democrazia inglese " o totali– tarismo, ma come dilemma tra una posizione di semplice ac– cettazione del dato storico e politico esistente e di passivo adeguamento ad esso ed una po– sizione invece animata dal de– siderio di costruire una civiltà nuova in cui i popoli, a co– minciare da quelli europei, pos– sano trovare la loro giusta fun– zione. Non si può pensare che · la " via nuova '' da proporre ai tedeschi sia il baratto della loro tensione a costruire un nuovo ordine umano. Il pro– blema della democrazia tedesca paese. Per queste ragioni e per quelle che lei giustamente ha indicato si deve seguire con la massima attenzione, e vorrei di– re con il più spregiudicato ri– serbo, il cammino della Germa– nia nel prossimo avvenire. Davanti al quale tutte le pos– sibilità sono aperte, e molti di– scorsi si potrebbero tenere e le più disparate previsioni si po– trebbero fare. Mi limito ad espri– mere una mia convinzione: che molti dei problemi specifici della Germania, saranno risolti, molti dei pericoli scongiurati, se si continuerà, con ardimento e sag– gezza, e costruire l'Europa uni– taria e a congiungere ad essa - organicamente e biologica– mente - la Germania. E vorrei finire questi brevi cenni esprimendo anche la spe– ranza che l'Italia trovi presto il modo di allontanarsi il più possibile - e non solo in senso pratico, ma anche ideale e ef- non si risolve con la " limi– tazione " della Germania: que– sto significherebbe porsi fuori dell'ordine della natura e della storia. In questo caso la democrazia sarebbe pagata dai tedeschi a prezzo della vita e si fonderebbe solo sul loro scadimento mora– le e civile. Si tratta di trovare una stra– da in cui la vocazione mondiale tedesca non si manifesti nei ter– mini di un'egemonia mondiale, ma nei termini di un servizio per la vita e la dignità umana, rivolto verso tutti quei popoli che hanno bisogno delle immense capacità ed energie ideali e ma– teriali che la natura ha affidato ai tedeschi. L'unità nazionale e la dignità statale verranno dati alla Ger– mania per soprappiù: nella tragi– ca condizione tedesca in cui il problema dell'unità nazionale può essere posto solo scendendo an– cora più in basso nella condizio– ne di ambiguità, (giungendo si– no allo stato di pura indifferen– za proposto dalle correnti di de– stra ed implicito nella politica incerta e disancorata dei social– democratici), esiste però un'indi• cazione fondamentale per chiun• que si proponga di ricercare il futuro destino della nazione te– desca e della storia umana; la dignità ed il valore tedesco non possono essere ripresi e svi– luppati sulla base di una pro– spettiva che ponga l'obiettivo dell'unità nazionale come il primo obiettivo tedesco. Il va– lore storico della politica di Biblioteca inoBianco fettivo - dalle posizioni « fa– sciste » e cc antifasciste », rinun– ciando definitivamente alle cc no– stalgie » ed ai rancori da una parte, e ai « valori della Resi– stenza » dall'altra, per trovare, tra i valori parziali e gli er– rori comprensibili degli uni e degli altri, un fondo comune di intese e di lavoro. La più viva e appassionata coscienza che la Italia ha del suo recente passa– to non deve costituire una re– mora al suo cammino, ma inve– ce servire a conoscere se stessa, e compiere quell'esame di co– scienza che è mancato in Ger– mania, a evitare gli errori più gravi, in uno spirito, finalmente, nazionale e umano, e non par– tigiano. La strada compiuta dal– l'Italia in questi nove anni di dopoguerra sul piano economico ha poco o nulla da invidiare a quella della Germania : segno che la sua vitalità pratica non è venuta meno. Due difetti tra- Adenauer sta soprattutto in questo: essa di fatto non si propone come obiettivo prima– rio e condizionante l'unità te– desca, ma lo Stato di diritto di una parte almeno della Ger- 1nania: con questa essa, oltre a mantenere lo Stato di di– ritto, convoglia le nuove energie tedesche verso obiettivi civili e mondiali e invece che verso o– biettivi politici e nazionali. lvla la politica di Adenauer è den– tro la condizione di anibiguità tedesca, non può romperla: solo il prorompere di nuove idee, di una nuova religiosità, di una nuova tnoralità, il sorgere di nuo– vi pionieri, di nuovi piloti di ci– viltà, può rompere l'ambiguità tedesca. E' solo tutto ciò che può dare nazionalità e stabilità alla de– mocrazia tedesca. Questo per precisare le tesi dell'articolo, in riferimento a ta– lune affermazioni di Custoza cir– ca la " relatività " dell'ambigui– tà tedesca, posta la sua compat– ta adesione alla democrazia e circa il problema dell'unità e dell'indipendenza nazionale tede– sca nei prossimi anni. Un altro elen,ento interessan– te della lettera di Custoza è il paragone da lui istituito tra la situazione italiana e quella te– desca del dopoguerra, caratteriz– zata l'una dalla 1nolteplicità del– le ideologie e della lotta politi– ca, l'altra dalla nota conipat tez– za deniocratica. In simile contrapposizione è dizionali sono invece rimasti: la mancanza di socialità spon– tanea (e quindi democratica, non eversiva) e la mancanza di un equilibrato spirito naziona– le. Principalmente da questi due difetti sono derivati gli er– rori più gravi del fascismo e dell'antifascismo. E vorrei dav– vero che si evitasse, non solo dj credere che difetti ed errori siano essenziali al fascismo e all'antifascismo e non vadano oltre, ma anche <li pensare che tali deficienze d mettano ora nella condizione ideale di dettar legge al mondo soltanto per– chè il mondo si sta avviando verso forme di vita e di orga– nizzazione che sono o sembrano essere il superamento di quelle forme in relazione alle quali le nostre « Leistungen » sono state insufficienti o sono addi– rittura falli te. Con viva cordialità ALERAMO CusrozA facile denunciare una condizione di in/ eriorità dell'Italia per ri– spetto la Germania od all'In- ghilterra od ai paesi scandinavi, ed è facile dire che gli italian1 mancano di " spirito nazionale ". Ci pare invece che sia necessa– rio porre questa tradizionale con– dizione storica italiana in rela– zione alla forma propria dello spirito nazionale italiano. E' pro– prio dello spiri!o nazionale ita– liano aderire alle verità univer– sali, da qualunque parte proven– gano, ed inserirle nella propria vita concreta. Si dà così una stretta relazione tra l'Italia e là civiltà cui partecipa, fondata ap– J]Unto su questa attitudine itat'tll– na a ricevere i valori universali delle tradizioni che sono con es– sa in comunicazione. Su questa attitudine si fonda la capacità pratica italiana a inserirsi in nazioni e culture diverse, senza chiusure e senza sf acimenti, ma trovando i punti di contatto tra i valori del popofo in cui l'ita– liano è inserito e la tradizione universale di cui l'italiano è partecipe. Per questa cnpacità, l'Italia rimane, nonostante tutto, al centro del niondo, un punto in cui tutto arriva e tutto si in– contra: non c'è idea od espe– rienza giunta a significato 1non– diale, di cui l'Italia non parte– cipi, non, si basi, attraverso le speculazioni dei siwi "letterati"', ma nella vita stessa del suo po– polo, ed in questa vita essa trova presenti, come realtà, idee di tutt'altra provenienza che su un piano mondiale vengono rite- 23

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