Terza Generazione - anno II - n. 9 - giugno 1954

2 nute inconciliabili e che invece in Italia vengono vissute "in comune". La nazione italiana è una na– zione che non può essere costrui– ta che sulla base della Verità: quando le idee uni·versali sono, come oggi sono, l'una in reale contraddizione azz·altra, quando la comunità mondiale è disgre– gata, l'Italia è disgregata come nazione. La sua unità nazionale non può essere che l'effetto di una nuova sintesi ideale, di una verità più vera, che superi le an– titesi e le contraddizioni teori– che e pratiche in cui noi vi– viamo. Fino a quel moniento, l'Italia non può sussistere che come in– sieme di contraddizioni compre– senti ed in questo modo salvare la realtà del suo essere dalla coerenza astratta nell'errore: pa– gando evidentemente tutto que– sto a prezzo dell'umiliazione, della povertà e dell'inefficacia. La Germania, che ha il pro– blema della vita nell'unità, ha pagato in altro e più tragico modo la fedeltà al suo problema. Riteniamo che il problema del– la comprensione della vocazione L'educazione degli la Danimarca Caro Direttore, un facile mito diffuso tra noi dipinge le società scandinave come fortunate isole di Bengodi, dove « tutto è andato liscio », dove non vi sono grossi proble– mi. Beate società, sopratutto se viste dall'Italia, da questo no– stro paese che sembra invece produrre sopratutto problemi, « problemi di fondo ». Quel mito è per lo meno im– preciso: se tutto è andato liscio finora in quei paesi ciò è dovu– to ad un enorme e cosciente sforzo costruttivo di quelle so– cietà; e non è esatto dire che B non vi siano dei problemi di fondo. Se non altro per rettifi– care le imprecisioni, vorrei dun– que parlarvi di una di quelle società, per quel tanto che un breve e recente viaggio mi con– sente; e penso che sia giusto parlare di a1tri paesi diversi dal nostro sia per fare paragoni storici, sia per aprire sempre nuove finestre sul mondo, sia nazionale italiana sia uno dei problenii basilari con cui il no– s f ro tempo e la '' terza gener_a– zione " debbono fare i conti e purtroppo ci si troia di fronte al paradosso che le correnti che hanno posto questo problema do– po Gioberti e Mazzini lo hanno fatto sotto l'influenza di un com– plesso di inferiorità per la < 0111- pattezza politica delle altre na– zioni europee e quindi in ter– mini necessariamente impedienti la comprensione dei reali termi– ni della vocazione nazionale ita– liana ed eterogenei ad essa: mPn– tre la cultura tradizionale italia– na dello stesso periodo negava ogni validità teorica al proble– ma, perchè inteso astrattamente come "non universale" (rima– nendo con questo fedele, pur nel– l'errore alla forma dello spirito nazionale). Un ultimo problema ci pone il Custoza, che sarà affrontato specificamente sulle colonne di questa rivista: quello del rappor– to fascismo-antifascismo. Una cosa sola vogliamo dire al ri– guardo: che non siamo d'accor– do sulla posizione di Custoza se– condo cui il proble1na fasci- in . ' una societa per « imparare dalla storia ». Quel paese è la Danimarca : il paese di Andersen, e di Kirke– gaard; il paese-modello a tutto il mondo per la « educazione degli adulti », il paese donde molti secoli fa partirono le schiere vichinghe che soggioga– rono per qualche tempo l'In– ghilterra, e più tardi la Nor– mandia e di Il scendendo nel mezzogiorno intrecciarono la loro storia con la nostra vita meridionale. Le vicende della Danimarca moderna iniziano ai primi del- 1'8oo. Era allora una società marginale e ritardataria rispet– to alle grandi nazioni europee, basata su una ristretta borghe– sia mercantile cittadina e su tutta una popolazione contadina poverissima - non più medioe– vale mercè tre secoli di pro– testantesimo, ma ancora arre– trata: la sua forma statale era la monarchia assoluta. Questa società fu allora scon– volta dall'insorgere del capitali- ibliotecaGino Bianco smo-antifascismo deve comporsi nel baratto di reciproche rinun– cie. A nostro avviso. il proble- 1na f ascisrrw ed antifascismo non si risolverà con delle transazioni ideali (altro discorso vale per quelle transazioni politiche ne– cessarie a garantire la conviven– za; ma transazioni di questo ti– po tutti i partiti antifascisti ne hanno compiute: anzi è appun– to per questo che viene lodata la sapienza politica della demo– crazia italiana o, alternativamen– te, deprecato il suo machiavelli– smo e la sua incoerenza ideale); il problema fascismo-antifa– scismo resterà al contrario una delle aporie della vita civile ita– liana finchè le verità dell'una e dell'altra parte non verranno ri– solte in una verità superiore. Per il momento, nessuno in Italia, in sostanza, nemmeno il fascismo ufficiale contesta il diritto di governo della tradizione antif a– scis ta e democratica (la raziona– lità italiana porta ad intendere giustamente i due termini conie storicamente correlati) poichè es– sa rappresenta una forma di ci– viltà giuridica e di reggimento politico superiori. moderna esemplare: smo liberale europeo, dalle guer– re napoleoniche, dal blocco con– tinentale, dalla rottura dei le– gami finanziari col mondo te– desco : aboli ti i credi ti, distrut– ta la flotta, la sua economia mercantile si era liquefatta. Ai suoi fianchi premeva la spinta di unificazione tedesca, che do– veva con Bismarck mutarsi in pangermanesimo e mutilare più tardi la sua integrità nazionale, strappandole le provincie me– ridionali. Questa la situazione catastrofica nella prima metà dell'8oo, e che poneva, come tante altre volte nella storia di tutti, la urgente, indilazionabile domanda: che fare? La linea generale era già sta– bilita « in precedenza » dalla e– voluzione storica : per la Dani– marca come per ogni altra so– cietà in ritardo la questione era allora di diventare una società moderna liberale e capitalistica: la storia non offriva allora altri dilemmi. La difficoltà era nel « come » farlo, partendo press 'a poco da un livello economico zero. Nella scelta del « come » la società danese diede una gran– de prova di saggezza e di ma– turità civile: la giusta scelta del 1nodo di sviluppo fu il fat– to decisivo. La borghesia che affrontò il compito era già una borghesia trasformata da mercantile in capitalista, da illuminista in li– berale, mercè quel processo sto– rico che si verificò più volte in Europa: ma era quantitativa– mente piccola ed economica– mente debole. Essa comprese che da sola non poteva real– mente modificare la situazione, ma che poteva farlo se portava con sè a lavorare insieme, i ce– ti contadini. In secondo luogo essa capì, che, per inserirsi nel giuoco dell'economia capitalista, occorreva trovare una via di specializzazione produttiva, che le permettesse un ingresso con– correnziale sul mercato europeo e mondiale. Da queste premesse nacque una società veramente liberale e produttiva: ognuno vede fino a che punto la storia italiana fu diversa. La specializzazione fu la in– dustrializzazione dei prodotti a– nimali e in parte agricoli che la natura offriva: di qui il ciclo dei pascoli, allevamento di bo– vini e suini, lavorazione indu– striale dei prodotti; pesca e la– vorazione industriale del pesce; orticoltura e frutticoltura e la– vorazione industriale conseguen– te. Contadini imprenditori e hn– prenditori di città costruiron'J insieme questa economia: alla potenza dei complessi cittadini i contadini contrapposero forme cooperative, oggi assolutamente prevalenti. Ma jn che modo, mercè qua– le strumento, quei contadini c;i erano trasformati in imprendi– tori? Perchè, è chiaro, qui sta l'anello della catena. E' qui che si rivelò la fonda– mentale importanza dell'educa– zione degli adulti, alla cui ope– ra fu dovuta essenzialmente la trasformazione mentale dei con– tadini « arretrati » in imprendi– tori e in cittadini moderni. Na– ta nella metà dell'8oo per ini– ziativa privata (e tale rimane ancora oggi il suo carattere), con un carattere di assoluta inno– vazione, essa costitul il Yertice dello sforzo creativo della so– cietà danese. Non è qui il caso di diffonderci sul contenuto e sui metodi di questa innovazio– ne : basti dire che, nascendo ex novo, cioè dal nulla, in 80 anni di sviluppo essa coprì il paese di scuole superiori popo-

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