Terza Generazione - anno II - n. 9 - giugno 1954

Discussione Gerniania ambigua e Italia disgregata Caro Baget, con molto interesse ho letto il suo articolo « Germania am– bigua »; e se i quindici anni trascorsi in questo paese m1 danno qualche titolo per par– larne, mi permetto fare alcune Gssen az1on1. Anzitutto desidero dirle che la parte essenziale del '3UO ar– ticolo mi sembra « centrata » tP pieno: è esatto ciò che lei srri– ve sul momento uni"ersa!me1,c~ significati, o della Germania del dopoguerra ( « ... è stato iì to– tale impegno, la spontanea au– todisciplina, la feconda t·ne. .-gi:i, con cui i tedeschi hanno affn,11- tato il problema della ricostru • zione economica e sociale del loro paese »); lei è ar.cht: nel vero quando scrive: « 'Juel che colpisce, semmai, 1n questa << grande impresa >> teJet:ca è proprio l'assenza di quei pro– fondi motivi spirituali (.he, seb– bene in termini generaii {·d a– stratti, erano stati la grande forza dell'antifascismo tedesco ... La « grande impresa )) tedesca ci appare come senza giustifi– cazione, come nata da una gr<1n– de forza primitiva intatt:i, da una forza di vita che non si n:s– segna alla morte e che nun ha quindi al tra giustificazione che se stessa », e sono con lei nd constatare che questa German::1. « spoglia e muta » è la sfing:! del nostro tempo, che essa non è una Germania positiva, ma « una Germania ambigua... una Germania che non ha ancora deciso >>; e ci si può forse aspet– tare, con qualche ragione, che, la Germania compia nel pros– simo futuro, per la prima volta, una sua funzione economico-so– ciale di significato universale. A\ rei invece delle obbiezioni da fare alla prima parte del suo articolo, e in genere, all'impo– stazione « antifascista >> del me– desimo. Già il termine « antifa– scista 1, applicato alla Germa– nia - come lo applicarono lar– gan1ente gli Alleati e special– mente i Sovietici durante la guerra - non mi sembra esat– to : nazionalsocialismo, si sa, fu cosa ben di versa dal fascismo italiano, e quindi mi sembra p: ù opportuno, a scanso di e– qui, oci, parlare di antinazismo che di antifascismo, in Germa- nia. Quid la rivolta ideale al nazionalsocialismo fu più com– plessa, più ricca di motivi e più sollecita della vita avvenire del popolo tedesco di quello che ap– pare dal suo scritto, anche se è vero il carattere principale di protesta morale da lei rile– vato. I congiurati del 20 luglio 1944, primo fra tutti il Goerde– ler, avevano delle idee assai chiare e concrete sulla Germa– nia che sarebbe dovuta uscire dalle loro mani, se il colpo di stato fosse riuscito. Che, visto ora, l'antifascismo appaia meno politico dell'antifascismo italia– no è dovuto semplicemente, mi sembra, al fatto che la congiu– ra del 20 luglio fu spenta nel sangue e che la restaurazione democratica tedesca venne com– piuta, per forza di cose, dagli Alleati vincitori e occupanti. La «<lenazificazione» succeduta al– la sconfitta, voluta dagli Allea– ti e soltanto materialn1ente ese– guita dai tedeschi fu il surroga– to indegno e ridicolo di una in– staurazione democratica sponta– nea. I carri arn1ati alleati, spin– tisi nel '45 fin nel cuore della Germania, tolsero - per usare un'immagine tedesca - il ven– to alle vele della democrazia autoctona. Ma di questo fatto ci sono certamente anche altre ragioni. Se ne troveremo il tem– po, le racconterò un giorno co– me avvenne nel '45 l'occupazio– ne della Germania e come non un moto, non un gesto di signi– ficato antinazista venne compiu– to spontaneamente dai tedeschi nei giorni e nelle ore precedenti l'occupazione. E nel maggio 1945 scese sulla Germania come un gran silenzio, che sembrò interrotto dalla ripresa econo– mica dal 1948 in poi, ma che, in fondo, continua tuttora. Gli è che il nazionalsocialismo fu veramente totalitario, che to– tale fu la guerra e totale la sconfitta (in Italia avvenne in– ' ece tutto a metà): il popolo te– desco rimase attonito ed esauri– to dinanzi alla « noch nie da– gcwesenen Ka tastrophe » e fu tutto preso dalla cura di rico– struire la sua esistenza biologi– ca, trafficando al mercato nero dal '45 al '48 e ricostruendo nuova la « grande impresa » dal '48 in poi. Il risultato è che la ibliotecaGino Bianco Germania di oggi rappresenta soltanto, come lei ben dice, una dimensione economico - socia– le. Tutta la « Problematik >> de– rivante alla Germania dai gran– di e tragici avvenimenti, di cui tu protagonista, e dal fallimen– to della sua storia nazionale nell ultimo secolo, sembra obli– terata. La quasi totalità dei te– deschi non pensa più in termi– ni politici o morali. Alla nuova <lemoLrazia si crede come ad una « Selbstvertandlichkeit », dopo il fallimento totale, in Ger– mania, del nazionalsocialismo e del comunismo, e dopo che il liberalismo economico ha nuo– vamente dimostrato coi fatti la sua perenne validità e la svilup– pata coscienza sociale tedesca ha prontamente provveduto nei limiti del possibile a evitare le crisi sociali e a correggere certi effetti della libertà economica. Il risultato è che qui tutti insie• me hanno l'impressione di vi– vere in un'autentica democrazia (coi soli limiti di sovranità de– terminati dall'occupazione al– leata), nessuno invece ha l'im– pressione di essere governato da un go\ erno di correnti, o parti ti o fazioni antinaziste. Ed è proprio qui che io, non trovo rispondente al vero quella par– te del suo articolo, nella quale lei parla della Germania di og– gi come dell ·opera immediata e diretta, dell'« antifascismo tede– sco », in termini che, si vede, sono trasferiti di peso dalla si– tuazione italiana. Questa, in un certo senso, a– politicità della Germania di og– gi, questa mancanza di « qua– lificazione », per usare un ter– mine parlamentare italiano, è un bene o un male? Io non sa– prei. Certo, se io penso al li– vore e allo spirito partigiano (nel senso tradizionale e nel senso recente di questa parola) che domina ancora buona parte della vita ufficiale italiana (men– tre qui non si ha nulla di si– mile), alle profonde divisioni che separano ancora purtroppo gli italiani fra loro e che per– fino in una rivista come la vo– stra (in quest'ultimo numero) fanno parlare di italiani vinci– tori e di italiani vinti, se penso che in Italia si hanno due op– p o s i z i o n i anticostituzionali, quella di destra e quella di si– nistra (a causa delie note ra– gioni), per cui si riduce a poco più di un terzo dei voti quel la den1ocrazia di tipo occiden– tale e di ispirirazione naziona– le che, per contro viene espres– sa in Germania dalla quasi to– talità dei voti, io propendo a preferire la situazione tedesca anche se la pace civile della Germania viene pagata con la sospensione del giudizio sulla storia recente, con una certa indifferenza morale e politica, Cl)n l'ambiguità dinanzi all'av– venJre. Del resto questa ambiguità è poi relativa. La Gern1ania nel suo intimo e nella sua grande maggioranza ha già scelto: ha scelto l'Occidente: cioè il Cri– stianesimo, la democrazia ingle– se. l'Europa. Ritorni di pagane– simo, di totalitarismo e di na– zionalismo sono ancora possi– bili, ma sono con ogni probabi– lità destinati all'insuccesso. Que– sto vale per la Germania occi– dentale e vale ancora di più per la Germania sovietica. I tedeschi hanno da risolvere nei prossimi anni il problema tremendo della loro unità e del– la loro indipendenza nazionale. Questo problema rompe in mi– sura crescente l'indifferentismo politico e ha creato da anni del– le zone, prima fra tutte Ber– lino, di passione che io chiamo risorgimentale, perchè in essa convergano in una sintesi forse più piena e più viva di quella dell'Ottocento tedesco gli ideai i di libertà, di patria, di unità e di solidarietà nazionale. Sembra che, per un'ironia della storia, sia proprio l'assurda situazion•~ creata in Germania dalla vitto– ria alleata quella che le con– sentirà nel prossimo a, Yenire di colmare le lacune storiche del ~uo Risorgimento, giungendo, vogliamo sperare, a quella pie– nezza di spiritualità nazionale che fu ed è la forza morale e politica delle grandi nazioni oc– cidentali. Queste, però, sono speranze mie, e si potrebbero chiamare le « Speranze di Germania > 1 , tra• sferendo generosamente a que– sto paese un'espressione cara a noi italiani. Ma la via che si prospetta è fiancheggiata da

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