Terza Generazione - anno II - n. 9 - giugno 1954

tura moderna è cultura in cns1, non sulla crisi, che essa è incapace di vedere nei suoi termini reali. Essa è totalmente legata alle condizioni teoriche e pratiche caratteristiche del tipo di società e di sistema storico in cui si è svolta: è cultura, sopratutto in relazione al sisterna sociale, è la cultura del sistenia storico, non importa che sia esso capitali– sta o pianificato. Essa ha assolutizzato le categorie del sistema e non riesce a con– cepire o vedere nulla al di fuori del sistema. Facciamo degli esempi. Negli USA si intende per « democrazia >> la democrazia politica, quella che garanti– sce a tutti la libertà individuale e i diritti politici. Che la democrazia politica sia de– mocrazia, non c'è nulla da obiettare, è ve– ro; ma è un aspetto della democrazia e non tutta la verità della democrazia. Infatti i sovietici vedono soltanto un altro aspetto, quello della democrazia del consumo, quel– la che garantisce a tutti il giusto consumo, e non vedono altro. Non è democrazia que– sta? lo è anch'essa a suo 1nodo, un pezzo, un aspetto della democrazia. Se non che assolutizzando questi aspetti parziali, ed elevandoli a valori assoluti che coincidono con la essenza della demc:-razia, non si capisce più la verità degli altri, e la nostra ~tessa verità parziale si deforma: se io sono americano dirò che i sovietici sono antide– mocratici (e lo sono perlomeno in quanto negano la democrazia politica), e se sono ~ovietico dirò che gli americani sono anti– democratici (e lo sono perlomeno in quanto negano la democrazia del consumo). In que– sto caso il concetto di democrazia politica è caratteristico del sistema borghese: asso– lutizzare quel concetto parziale vuol dire assolutizzare le categorie parziali del siste– ma, vuol dire elaborare una cultura che è la cultura del sistema e non permette di v~– dere oltre. Questo carattere si ritrova in tutti i pia– ni delle culture moderne, e da qui nasce il loro preminente aspetto tecnologico. Sono culture che forniscono i criteri per opera– re entro al sistema, ma non possono rnai vedere il sistema dal di fuori, in modo obiettivo, e che entrano in crisi con la crisi del siste1na. Esse sono efficaci finchè il si– stema è vitale e si sviluppa, ma quando es– so entra in crisi di stagnazione, non riesco– no mai a vedere i termini della cr{si, nè le sue ragioni, perchè non possono conce– pire la fine di se stesse: la fine del modo di vita del sistema equivale alla fine della riforma per la scuola 1 Il disagio in cui versa la scuola non ri guarda esclusivamente il suo organismo e non è possibile superarlo operando soltan– to nel suo ambito. Il problema della scuola, dice bene U. Se– gre in un interessante articolo sul « Mer– curio » (I, n. 6), è un problema politico. E' un problema che riguarda l'intera so– cietà, nel suo stato di maturazione e nella forma delle sue istituzioni. La nostra scuo– la non è in pari con la vita della società, e invece di esserne alimentata, ne subisce urti e pressioni contrastanti. Nata con lo Stato liberale, è organica alle sue strutture, che la società non vivifica più, le quali con– servano staticamente le conquiste liberali ,ottoposte alla corrosione delle forze vec– -::hie e nuove che sono rimaste material– mente escluse e incomponibili nell'unità formale dello Stato. Lo Stato di tutti del– la concezione liberale, per l'esigua parteci– pazione della società italiana al movimento Jello sviluppo moderno, si è affermato con– tro la maggior parte della società e ben ibliotecaGino Bianco presto ha dovuto difendersi tatticamente dalle forze che non a, eva saputo compren– dere nelle sue istituzioni. Lo Stato di tutti è diventato praticamente una bugia. Ma insieme, contro la reazione clericale e con– tro la ribelli one espressamente classista, contro la stessa tendenza dello Stato a ri– dursi alla figura di parte che acquistava nella lotta, lo Stato di tutti è diventato la posta del gioco. Intanto, però, la società non è materialn1ente composta in un moto unitario di sviluppo, ma disgregata nella contrapposizione statica delle sue forze. In queste condizioni, la difesa liberale dello Stato di tutti, anche per quelle forze che lo prendono d'assalto o lo ammettono soltanto in un momento tattico della loro strategia, non ha orizzonti e diventa sempre pii'1 il– lusoria e pericolosa. Anche U. Segre, a questo proposito, non dà altro valore, alle attuali strutture del nostro Stato, che quello negativo di immo– bilizzare un conflitto, che potrebbe diven– tare drammatico, e di procrastinare, in una vita in assoluto. Perciò dalla cultura moderna non può uscire mai una vera autocritica: per farla occorre già aprire una nuova cultura. Que– sto spiega tra l'altro anche la lentezza con cui si può formare la cultura della crisi, appunto perchè è già una nuova cuitura. Ora l'articolo che abbiamo segnalato può, oltre che essere letto e compreso, anche es– sere utilizzato come 1netodo, perchè altre indagini analoghe si aprano. Chi ha un in– teresse per la crisi delle strutture e della cultura italiana, può aprire altri discorsi sulla crisi: crisi della cultura politica e del– la vita politica, della storiografia e dello svi– luppo storico della società italiana, della cultura statuale e della vita dello Stato, e via dicendo. La società italiana è lì davanti a tutti noi, e noi ci stiamo tutti dentro: il materiale di osservazione non manca di certo e ciascuno può addentrarsi in quel terreno che gli è più connaturale. Cosa si intende dire, tra l'altro? Che oc– corre che molti si mettano anche ad un la– voro di questo tipo. Perchè è solo così che una nuova cultura può incominciare a na– scere, quando molte energie vi si applicano in uno sforzo di costruzione comune. S. F. condizione di stasi, che perpetua disagi e ingiustizie, nella quale, tuttavia, sopravvi– viamo, la sanzione istituzionale delle spac– cature della società. L'articolo di U. Segre è importante, per– chè imposta la discussione sul punto vero della crisi, che si manifesta nei modi che tutti conoscono un po' empiricamente, per i rapporti che hanno con la scuola e per l'interesse suscitato da aJcuni fatti tragici. di cui si sono impadroniti 1 grandi setti– manali. Non è male, egli osserva, che il gran pubblico si sia interessato in qualche mo– do di alcuni problemi che affliggono la scuola : dal peso dei programmi e dal la– voro scolastico, alla loro inadeguatezza ri– spetto alla funzione formativa che si vuole assegnare alla scuola o rispetto alla prepa– razione tecnica che le si richiede: dal si– stema inquisitorio delle interrogazioni ai metodi di classificazione. Sarebbe bene, egli dice, che diventassero di dominio pubblico anche le questioni dell'edilizia scolastica,

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