Terza Generazione - anno II - n. 9 - giugno 1954

tura economica italiana, sa benissimo che l'agricoltura è già sovracarica di 1nano d'opera e che i miglioramenti nei sistemi di conduzione, la meccanizzazione e le trasfor– mazioni fondiarie attualmente in corso, specie nelle re- . gioni meridionali, non possono tendere che ad un incre– mento del reddito e ad un aumento delle quantità di Lavoro da parte di cÒloro che già vi sono occupati, senza l'assorbimento di nuove unità lavorative. Ciò significa che i quattro milioni di nuovi posti di lavoro vanno creati nelle attività industriali e nei servizi, dato che i lavori pubblici forniscono solo uno strumento temporaneo ed in– sufficiente per l'assorbimento continuativo di nuovi occu– pati. Anche per quanto concerne i servizi, va ricordato che già in Italia si lamenta un'eccessiva pesantezza in questo settore: basti riflettere alla pletorica burocrazia che ci af– fligge, ed agli eccessivi costi di distribuzione dovuti al gran nurn~ro degli intermediari che si frappongono fra produt– tore e consumatore. E', quindi, nell'industria che dovranno concentrarsi il massimo sforzo e la massima quota di in- . . vestimenti. Dai dati che la Cassa per il Mezzogiorno ha fornito relativamente ai finanziamenti industriali da essa accor– dati sino al 30 aprile 1954, risulta che l'investimento me– dio che si richiede per creare un nuovo posto di lavoro fisso nell'industria, è di 4,39 milioni di lire, con un campo di variabilità che va dai 38,33 milioni necessari per il settore elettricità ed acqua e dai 14,41 del settore metallurgico, ai 0,87 milioni del settore poligrafico editoriale ed agli 1,27 del settore del legno. Pur considerando che - come molto giustamente ha detto l'Onorevole Vanoni « fra le diverse combinazioni occorre scegliere quella che consenta il massimo di produzione, con il n1.as imo i1npiego di mano d'opera, e il m1n1mo impiego rii · capitale », non sen1bra possa scendersi molto al di sotto dei quattro milioni per ogni nuovo posto di lavoro, tenuto presente che - per le necessità della bilancia dei paga– menti - occorrerà dar largo posto ad investimenti molto costosi, come quelli nel settore delle fonti di energia e delle industrie pesanti e chimiche. Ciò significa che nel prossimo decennio occorreranno investimenti per un valore di circa 16.000 miliardi, da aggiungere a quelli che normalmente già si compiono e che sono necessari per mantenere in vita il sistema produttivo italiano, con1e di– mostra il fatto che - nonostante le cospicue cifre che ri– sulterebbero ogni anno investite secondo i dati forniti dalla << Relazione economica generale sulla situazione del Paese » ( 1. 197 miliardi di lire di in vestimenti netti nel 1952, e 1.3·00 nel 1953) - la disoccupazione non cessa di au– mentare. Quanti dei 1.600 miliardi di investimenti aggiuntivi annui che sembrano essere necessari, sia possibile ottener è con prestiti esteri, il Ministro del Bilancio non lo ha detto. Ci sembra, per altro, lecito dubitare che l'amministrazio– ne repubblicana degli Stati Uniti sia disposta a ripetere gli atti di generosità a suo tempo compiuti da quella de– mocratica senza porre delle precise condizioni politiche. Le continue pressioni del Congresso per limitare gli aiuti a quei Paesi che accettino senza riserve la politica ameri– cana, non ne sono palese esempio? E non c'è forse il pre– cedente del Piano Marshall che doveva appunto servire a rimettere in piedi le economie europee onde queste dive- BibliotecaGino Bianco nissero capaci di procedere da ole, mentre è a mala pena servito - almeno per il nostro Paese - per superare le principali difficoltà congiunturali, a sconsigliare _i diri~enti americani dal fidarsi troppo delle promesse degli stessi uo– mini che hanno amministrato quei fondi . Ma, quand'anche fosse possibile ottenere o in America o altrove (ricordiamo, per altro, che la Svizzera per il pre– stito di recente accordatoci per alleviare il nostro debito con l'U.E.P. ha voluto la garanzia in oro) i prestiti neces– sari per non mandare per aria la bilancia dei pagamenti, oppure, seguendo le orme di Mendès-France, ci si appre– stasse a risolvere in maniera autonon1a le proprie questio– ni, non per questo le difficoltà sarebbero finite. 3. - Una delle condizioni che l'On.le Vanoni ha posto per la riuscita del suo piano, è che « il maggior reddito si traduca in risparmio od in aumento del fondo salari in favore degli attuali disoccupati». Le richieste del Ministro del Bilancio sottintendono, dunque, un blocco dei salari agli attuali livelli per il duplice fine d'impedire un eccessivo aumento della domanda per beni di consumo, che sarebbe, data la limitata disponibilità dei medesimi, decisamente inflazionistica e di consentire una formazione di risparmio con il quale finanziare gli investimenti. Ma è questo possibile in un regime democratico nel quale i sindacati sentono fortemente la spinta che sale dai loro organizzati? Vero è che la rottura dell'unità sindacale (par– ticolarmente aggravata dai recenti avvenimenti in occasio– ne del conglobamento) ha gravemente indebolito la forza dei lavoratori. E', però, probabile che una situazione di prosperità per le aziende darebbe nuovo fiato alle loro or– ganizzazioni E non significa, forse, tutto questo che una politica di blocco dei salari sarebbe possibile soltanto attra– verso due vie: o un accordo fra le organizzazioni sindacali delle opposte parti o la concessione a quelle del padro– nato di tali aiuti da consentire loro una politica di forza contro le richieste dei loro dipendenti? La seconda solu– zione pare scartarsi da sola, sia per la considerazione che una fase di buoni affari per le aziende indebolirebbe no– tevolmente la capacità di resistenza e di durezza del pa– dronato, sia perchè non sembra oggi esistere in Italia una forza capace di abbandonare tutto il potere economico alla Confindustria. Nè la prima soluzione pare abbia mag– giori probabilità di successo: un accordo per un blocco dei salari può essere fatto solo con tutte le organizzazioni dei lavoratori. E, come giustamente diceva l'On. Di Vittorio, quando, al Convegno sulla industrializzazione del Mezzo– giorno - promosso a Napoli dalla Cassa nel novembre scorso - si poneva una simile questione, le organizzazioni sindacali non possono accettare una politica di blocco d~i salari, se· non ottenendo la garanzia di potere esse mede– sime controllare l'uso del risparmio che attraverso quel blocco sarebbe derivato alle imprese. Occorre, in altri ter- 1nini, sostanzialmente accettare l' « apertura a sinistra », la quale - da una parte - è inconciliabile con un accordo con il padronato; dall'altra va ricordato che questa - co– me esattamente osservava l'On. De Gasperi al medesimo Congresso democristiano - « non è possibile farla sola- · mente dall'angolo visuale della socialità, ma deve affron– tarsi in pieno, come problema integrale di politica interna ed internazionale esaminando principi, ri erve e rischi ». 5

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